“Uno stivale pieno di delizie”: parrozzo o fristingo?
Questa settimana “il Mascalzone” vi tenta con due delizie: il parrozzo abruzzese ed il fristingo marchigiano, entrambi di origini povere. La storia del parrozzo è legata alla vita contadina abruzzese che vedeva il contrapporsi della fragranza del pane bianco delle tavole dei signori a quella del pane preparato con farina di granturco, delle mense dei contadini. Proprio per il suo aspetto scuro e per la sua umile origine prese il nome di “pane rozzo”. Intorno al 1920, però, il pasticcere Luigi D’Amico, titolare di un caffè nel centro di Pescara, ebbe una intuizione che determinò la trasposizione dolciaria di quel pane: il giallo del granturco fu ottenuto con quello delle uova, la forma emisferica rimase inalterata, il colore scuro esterno, segno delle bruciacchiature caratteristiche della cottura nel forno a legna, fu ottenuto con una copertura di finissimo cioccolato fondente. A quel punto decise di farlo assaggiare al suo grande amico Gabriele D’annunzio che se ne innamorò e lo battezzò “parrozzo”. Da quel giorno la bontà e la tradizione del parrozzo sono testimoniate dal D’Annunzio attraverso un sonetto in dialetto locale “E’ tante ‘bbone stu parrozze nove che pare na pazzie de San Ciattè, c’avesse messe a su gran forne tè la terre lavorata da lu bbove, la terre grasse e lustre che se coce…. e che dovente a poche a poche apoche chiù doce de qualunque cosa doce…”. Fa parte, invece, della tradizione marchigiana il fristingo, dolce casareccio che acquista nomi diversi di zona in zona: ad Ascoli si chiama frustingo o fristingo, nel pesarese diventa bostrengo. Anche il fristingo nasce povero, specchio delle condizioni di vita delle popolazioni che lo preparavano. Si tratta di un dolce a base di fichi e frutta secca, il cui aspetto è quello di una torta bassa e compatta, di colore tendente al vinaccio se all’impasto viene aggiunto mosto cotto, di tonalità bruna se invece si utilizzano il caffè o il cacao. Grazie ai suoi ingredienti è un dolce che si conserva al meglio per almeno un mese ed è ottimo se gustato con il vino cotto. Va sottolineata l’evoluzione verso la nobiltà gastronomica dal momento che da sorta di piatto di recupero realizzato utilizzando frutta secca, un tempo poco costosa perché abbondante in campagna, e altri ingredienti che avanzavano (farina, pane raffermo), il fristingo è oggi uno dei dolci più costosi proprio per l’elevato prezzo dei singoli ingredienti. C’è chi sostiene che esistano 22 modi diversi di prepararlo. Chi vince il duello gastronomico Abruzzo-Marche? In fatto di calorie sicuramente il fristingo.
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