L'Etiopia di Francesca
Come si festeggia il Natale senza presepi, lucine colorate e... con un gran caldo
10/1/2008 - Il 7 gennaio gli ortodossi etiopi hanno festeggiato il Natale e, trovandomi qui, anch’io con loro: l’ufficio è rimasto chiuso perché è festa nazionale e quindi si sono riposati pure alcuni di coloro che del nostro staff sono musulmani i quali, a loro volta, qualche settimana fa avevano celebrato il giorno di Arafa.
Il 19 dicembre, infatti, i musulmani hanno ricordato l’evento, caro anche alla tradizione cristiana, durante il quale Abramo era pronto a sacrificare il suo unico figlio Isacco per testimoniare la sua fedeltà assoluta a Dio il quale, soddisfatto della prova dell’uomo, lo bloccò e al posto di Isacco fu uccisa una capra. Quel giorno le strade intorno Moyale erano piene di persone in cammino verso distese di terra, dove altre persone sedute aspettavano scalze di iniziare le celebrazioni.
In realtà, in base al calendario etiope il giorno di Natale quest’anno è arrivato il 28 dicembre 2000. Infatti qui ci si basa sul vecchio calendario ortodosso, le cui radici affondano nell’antico Egitto, composto da 12 mesi da 30 giorni più un tredicesimo mese di cinque o sei giorni. Ogni quattro anni viene aggiunto un bisesto. Il calendario etiope è quindi indietro di sette anni e mezzo rispetto al gregoriano, tanto che il nuovo millennio in Etiopia è entrato lo scorso 12 settembre, cioè il primo giorno dell’anno 2000.
Con qualche ritardo rispetto al nostro calendario, dunque, il Natale si è celebrato anche qui: una sensazione strana, quella di vivere il 25 dicembre senza festa, presepi e lucine, lontana dalla mia famiglia, immersi un gran caldo... La giornata è stata cadenzata da visite alle famiglie dei componenti lo staff e dalla degustazione di cibi e bevande tradizionali e a me sconosciute. Il tutto rigorosamente fatto in casa e assaggiato o all’interno delle abitazioni o all’ombra degli alberi, seduti scalzi su tappeti di paglia colorata.
Per la prima volta ho visto alcuni negozi di Moyale rimanere chiusi tutto il giorno: c’era anche più gente del solito che passeggiava in strada o che sedeva nei locali: solo durante l’ora della calura (ora siamo in piena stagione secca e la temperatura è a livelli più alti dell’anno), dalle 12 alle 15, tutto è rimasto in silenzio…
Nell’abitazione della mia collega che lavora alla contabilità, Feresalam, che significa "Fuoco di Pace" (uno dei problemi che ho qui è anche quello di non riuscire a spiegare il significato del mio nome), è stato addobbato anche un albero di Natale,una palma. La sua casa pullulava di bambini e parenti vari. Ho rinunciato quasi subito a capire i legami familiari di ognuno: erano troppi e la lingua non aiutava. Quando Feresalam mi ha riaccompagnato a casa era già notte: la sua abitazione è lontana dalla strada asfaltata, nella zona non c’è illuminazione e, mentre camminavo su sentieri di Moyale fino ad allora sconosciuti, sottobraccio a lei perché non riuscivo a vedere nemmeno dove mettevo i piedi, ho guardato il cielo senza luna ma pieno di stelle e mi sono sentita serena: per essermi fatta coinvolgere dal clima di festa e per averlo fatto con persone importanti, che mi aiutano a decifrare questo Paese, con cui quotidianamente discuto delle nostre culture, in particolare sul ruolo della donna, e soprattutto con cui lavoro per cercare di alleviare la precaria situazione di quest’area. (da provincia.ap.it) Francesca Bernabini
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