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Into The Wild Original Soundtrack (J Records, 2007) |
Eddie Vedder “Into The Wild OST”
Etichetta: J Records Brani: Setting Forth / No Ceiling / Far Behind / Rise / Long Nights / Tuolumne / Hard Sun / Society / The Wolf / End Of The Road / Guaranteed
Sta scritto nella storia: i Pearl Jam hanno realizzato un poker di capolavori irrinunciabili (“Ten”, “Vs.”, “Vitalogy”, “No Code”); da tutto quello che è venuto dopo – benché non privo di episodi da ricordare – si può invece prescindere. Troppo intessuto nel clima socioculturale degli anni del loro successo per mantenere la carica dei primi quattro album anche nei lustri successivi, il loro rock tribale e chitarristico ha col tempo mostrato la corda. E allora benvenga Eddie Vedder solista, nonostante il cantante dei Pearl Jam scelga una colonna sonora per debuttare con un disco a suo nome, nonostante molte di queste canzoni siano solo frammenti. La colonna sonora è quella di “Into The Wild”, ultimo film da regista di Sean Penn tratto da un romanzo di Jon Krakauer che racconta la storia vera di un giovane laureato che all’inizio degli Anni Novanta ha deciso di abbandonare tutto e fuggire in Alaska. Armato di un banjo e di una chitarra a cui solo di rado attacca la spina, Vedder interpreta lo spirito del protagonista scrivendo una serie di ballate che gettano una luce minacciosa sull’american way of life, schiaffeggiano le convenzioni e toccano nel profondo. Un po’ quello che Vedder ha sempre fatto da quando scrive canzoni, ma ascoltando “Into The Wild” pare di sentire un’urgenza nuova, diversa, che sposa emozioni altre da sé facendole micce per slanci di piccola poesia.
L’apparente povertà di “Into The Wild” malcela la ricchezza di timbri e di sfumature di una voce bella come poche altre e consente di apprezzare più di un Vedder. C’è il discepolo dello Springsteen acustico nella speranzosa Rise («gonna rise up/find my direction magnetically»). O un quasi Elliott Smith nell’intensa Society, saluto senza lacrime di chi parte per non tornare («society, have mercy on me/I hope you’re not angry if I disagree/society, crazy and deep/I hope you’re not lonely without me»), lasciando come ricordo una scia di critiche che non fanno male solo a chi non vuole capire («when you want more than you have/you think you need/and when you think more than you want/your thoughts begin to bleed»). C’è lo stravagante trovatore di gioielli nascosti, come dimostra Hard Sun, cover del misconosciuto cantautore degli Anni Ottanta Gordon Petersen. Mezzora di musica da pelle d’oca che culmina nel pezzo forse più bello, Guaranteed, in cui la penna di Vedder si spoglia e commuove («leave it to me as I find a way to be/consider me a satellite forever orbiting/I knew all the rules but the rules did not know me/guaranteed»).
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 29 Oct 2007 alle 01:11 |
Allegati:
Testo "Rise"
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