L'Etiopia di Francesca
Il lavoro a Moyale: non è insolito che una piccola casupola svolga contemporaneamente le funzioni di abitazione, negozio e ristorante/9
24/12/2007 - Gli abitanti di Moyale lavorano tutti i giorni, tranne gli impiegati negli uffici pubblici che nel fine settimana sono chiusi, ma tutte le altre attività, pastorali e commerciali, non si interrompono mai. I negozi sono aperti circa 12 ore al giorno, 7 giorni su 7 e non esiste un turnover di commesse: i negozi sono piccoli e spesse volte sono molto vicini alle abitazioni dei proprietari, che li gestiscono con la collaborazione di familiari e vicini. Alcuni negozi di Moyale sono fatti in lamiera, legno, e talvolta in fango: in Italia noi non faremmo fatica a definirli delle baracche o delle bancarelle.
I negozi, all’interno dei quali ci stanno al massimo 3-4 persone, vendono un po’ di tutto e soprattutto i beni che arrivano dal Kenya: detersivo, acqua, pane, biscotti, latte, shampoo, ed è possibile trovare anche l’olio distribuito dalle agenzie internazionali come aiuto alimentare. Un giorno ho fatto notare alla venditrice di un negozio vicino casa che su una tanica dell’olio c’era scritto che si trattava di aiuto alimentare, e lei semplicemente mi ha sconsigliato di acquistarlo perché è tra quelli di più bassa qualità. Lungo le vie si possono trovare dei tavolini con in mostra anche solo dei limoni o dei pomodori, di solito in casi come questi la venditrice sistema la sua merce davanti la sua abitazione, sotto una tenda per ripararsi dal sole e si siede paziente ad aspettare che qualcuno passi per comprare. Ci sono poi negozi che vendono frutta e verdura (che a Moyale significa esclusivamente banane, arance, pomodori, cavolo, patate, carote, cipolla e aglio) e altri riso e cereali, tutti beni che prima dell’uso vanno accuratamente lavati, perché sistemati in grandi sacchi polverosi. Sul ciglio della strada ci sono anche delle ragazzine che vendono arance o banane o canne da zucchero, disposte dentro delle carriole. Per pesare la merce le venditrici utilizzano bilance composte da due piatti: su uno vengono posizionati dei pesi, di cui si conosce la misura, di solito di un chilo, mentre sull’altro il bene che si vuole acquistare.
Nei villaggi anche a pochissimi chilometri da Moyale la vendita dei beni avviene all’aperto, di solito all’ombra di un albero: ogni villaggio qui ha un albero che ha la funzione delle nostre piazze, è un po’ il centro della comunità, sotto il quale c’è il mercato, la gente s’incontra e avvengono le discussioni di comunità. L’albero ha un’ampia chioma e si tratta di solito di un’acacia, ha inoltre delle radici robuste che sporgono dal sottosuolo e che possono costituire quindi dei buoni sedili.
Tra le attività commerciali di Moyale ci sono anche i saloni per uomini e per donne, in cui sistemarsi barba e capelli, negozi che vendono materiale elettrico, vestiti, scarpe, zaini e ovviamente contenitori e bacinelle di plastica; inoltre non è insolito trovare lungo la strada persone che friggono patate o che aspettano accanto a una bilancia qualcuno che abbia il desiderio di pesarsi, per non parlare degli autisti di camion che offrono passaggi per il Kenya. Le attività sono quindi molteplici: ci sono i taxisti, i sarti che cuciono fuori casa gli abiti per i loro clienti, inoltre Moyale, in quanto città di frontiera, è piena di piccoli ristoranti o comunque di posti in cui è possibile mangiare e ci sono distributori di benzina, i cui gestori sono abituati a riempire i serbatoi di turisti diretti verso il Kenya, il Mozambico o anche il Sudafrica.
All’inizio facevo fatica a capire se una certa casupola fosse un’abitazione, un negozietto o un posto in cui mangiare e poi ho capito che spesse volte le cose coincidono: si entra dentro la casa di una persona, sapendo che lì si può acquistare del pane e si scopre che quel giorno sono state cucinate anche delle sambuse (sorta di piccoli calzoni con ripieno di lenticchie) per chi volesse fermarsi a consumare un pasto veloce. I ristornati più grandi di solito offrono anche il servizio alberghiero e sono costruiti in fango, mentre i più piccoli in lamiera e stoffa; non esistono i menù, tranne che nell’unico ristorante turistico della città e a volte i ristoranti cucinano un solo piatto che è lo stesso sempre, tutti i giorni della settimana. In casi invece in cui la varietà è maggiore, di solito funziona che il cameriere si avvicina al tavolo, il cliente domanda di indicargli cosa è possibile mangiare in quel giorno, il cameriere risponde che c’è tutto (ullum alle!), poi quando il cliente inizia a chiedere uova o pollo, scopre invece che molte cose non ci sono (iellem…). Francesca Bernabini (da provincia.ap.it)
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