L'Etiopia di Francesca
Addis Abeba è una grande città dove convivono in modo schizofrenico eleganti quartieri residenziali e baraccopoli
Qualche giorno fa sono salita su una terrazza di un grattacielo situato in una via centrale di Addis Abeba. Ho potuto godere di un’ampia vista della città, per quanto parziale, dato che la capitale etiope è molto vasta. Sporgendomi dalla balconata, sono rimasta sorpresa di scorgere, dietro una prima fila di abitazioni basse in muratura che costeggiavano la via centrale, altre abitazioni molto più modeste con i tetti in lamiera. Si trattava di case piuttosto povere ma, nonostante questo, su alcuni tetti erano state installate delle antenne satellitari.
Nei contesti urbani, condizioni di vita molto diverse convivono a stretto contatto: le belle strade, su cui si affacciano i palazzi sede degli uffici più prestigiosi e le ville delle ambasciate, s’intersecano con stradine di terra e sassi. Basta percorrerle per pochi metri e si mostrano tutt’altri scenari. Entrando poi in case piuttosto modeste, all’interno delle quali non ci si aspetterebbe di trovare granché, è possibile invece scoprire la presenza di beni come la televisione, il lettore dvd e talvolta addirittura il ricevitore satellitare.
Per andare da casa in ufficio posso scegliere tra due percorsi: il primo costeggia una strada asfaltata molto ampia, a doppia carreggiata con tre corsie ciascuna. Il traffico nelle ore di punta è molto intenso, i camion emettono fumi scuri e maleodoranti e attraversare una strada simile richiede sempre particolare attenzione, tanto più che non ci sono semafori a regolare il passaggio di pedoni e veicoli. La seconda opzione è una via più interna che costeggia la principale: non è asfaltata e se ha piovuto evito di passarci perché si formano grandi pozzanghere. In alcuni punti il fango si fa profondo e me lo porto dietro sporcando il pavimento dell’ufficio. Lungo questa via, bambini e ragazzi si offrono di pulirmi le scarpe per pochi spiccioli mentre le donne vendono un po’ di verdura sul ciglio della strada. Sulla via si affaccia una serie di belle ed eleganti villette con alti cancelli e spessi muri, sul lato opposto scorre un canale di acqua sporca; improvvisamente, la strada si riduce a uno stretto passaggio accessibile solo a piedi che sfocia in una sorta di piccolo quartiere fatto di abitazioni in lamiera, di donne con vesti lacere che lavano in una bacinella o cucinano all’aperto, di bambini sporchi e curiosi che si affacciano a guardare.
Il passaggio all’interno di questa mini baraccopoli dura pochi secondi e l’effetto che si prova è scioccante, non tanto e non solo per le misere condizioni di vita che si osservano, quanto per l’estrema vicinanza fisica di due stili di vita così diversa a pochissimi metri di distanza. Nella piccola baraccopoli le persone trascorrono il tempo all’aperto e si muovono a piedi, mentre gli abitanti delle villette entrano ed escono di casa a bordo delle loro automobili. Nelle nostre città alcuni quartieri sono considerati più carini e sicuri di altri, un paragone difficilmente adattabile al contesto urbano di Addis Abeba proprio a causa della coesistenza schizofrenica di condizioni di vita così dissimili tra loro. Francesca Bernabini
Pubblicato il 26/6/2008 alle ore 10:08 da provincia.ap.it
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