Quei due accordi che sconvolgono la vita
di Pierluigi Lucadei
E’ il più interessante cantautore venuto fuori dal calderone dell’indie tricolore nell’ultimo decennio. Si chiama Vasco Brondi, arriva da Ferrara, ha 24 anni, il suo disco d’esordio, uscito nella primavera del 2008, l’ha firmato Le Luci della centrale elettrica e l’ha intitolato “Canzoni da spiaggia deturpata”. Quelli del Premio Tenco gli hanno assegnato la Targa come migliore opera prima. Di persona non somiglia affatto al tipo che ti aspetteresti dopo avergli sentito gridare a squarciagola di «cassonetti in fiamme», di «spacciatori tunisini» e di «gatti con l’aids», ma è un ragazzone un po’ buffo che se la ride con il biondo dietro di lui, Giorgio Canali, produttore del disco, un monumento vivente del rock italiano, lo zio caustico e un po’ scavezzacollo che avresti sempre voluto avere. Abbiamo intervistato Vasco prima dell’esibizione fiorentina in un appartamento sul Lungarno Serristori, nell’ambito degli house concerts di Salotto Live, e abbiamo colto l’occasione per raccogliere anche le battute di Giorgio.
Ascoltandole sembrano uscite fuori da un unico conato, di getto. In realtà come sono nate le canzoni del disco? VB: E’ una domanda interessante, perché sono canzoni che non sono venute fuori così velocemente come può sembrare. Ci metto un sacco di tempo a scrivere le canzoni, mi sento come un falegname. Non vengono da un flusso di ispirazione che butto giù d’un colpo, ma c’è un lavoro dietro, anche se può suonare brutto detto così, ma c’è proprio un lavoro… Le canzoni del disco le ho scritte in due anni… due anni per scrivere dieci canzoni non è poco. Dedico molto tempo soprattutto ai testi, la musica di queste canzoni è un po’ buttata giù in fretta e furia, trovavo un’atmosfera che mi sembrava giusta per accompagnare le parole ed era fatta. Per le parole il lavoro è più lungo. Posso partire da venti pagine di Word che possono diventare dieci righe di un testo. Anche adesso che sto scrivendo cose nuove è così, il procedimento è questo. Ora magari mi sto concentrando maggiormente sulla musica, mentre prima puntavo proprio solo sul testo.
Nella mia collezione di dischi “Canzoni da spiaggia deturpata” è vicino a “Tutti contro tutti”, forse perché vedo il tuo disco un po’ figlio dell’ultimo lavoro di Giorgio Canali. Credi che i tuoi dischi stiano bene uno vicino all’altro? VB: Certo. Sicuramente è una cosa che mi lusinga, perché posso dire di avervi attinto davvero tanto. Ho iniziato a scrivere ascoltando le sue cose. Infatti nel momento in cui pensavamo di fare dei live insieme, forse all’inizio dell’anno prossimo, avevamo un po’ di timore perché so che le atmosfere mie prendono molto dalle sue.
Come è stato lavorare con Giorgio? VB: Per me è stata un’esperienza che mi ha innanzitutto fatto capire come poter lavorare sulle canzoni, come colorarle, perché non ne avevo la più pallida idea, e mi ha aiutato a prendere consapevolezza di quelle canzoni. Allo stesso tempo è stato semplicissimo, ho fatto quello che volevo fare e ho avuto i consigli giusti.
E per te, Giorgio? Lavorare con Vasco? GC: Per me è stato naturale, più che naturale, poi è stato semplicemente mettere in scatola delle cose che esistevano, le abbiamo colorate, le abbiamo plastificate, le abbiamo rese un po’ più lunghe, più morbide, anche con l’aiuto di Manu Fusaroli, la produzione sonora è sua. Io ho curato le voci, le ho dirette, ho curato gli arrangiamenti, ho suonato un po’ di robe, ma quello che mi interessava era soprattutto questo: rendere un po’ meno monotone delle canzoni con sola chitarra acustica che, per un certo tipo di pubblico che non è abituato ad ascoltare solo le parole, è per forza monotono. Io posso ascoltare per ore un accordo solo, perché sono molto interessato ai testi, ma la gente ha bisogno di qualcosa che la distragga, quindi abbiamo cercato di fare questo tipo di lavoro. Però lavorare insieme è stato molto naturale, forse perché i tre accordi che conosce lui sono gli stessi che conosco io. (risate, nda.)
Trovo che le tue canzoni siano strettamente legate all’urbanizzazione e alla modernità. Nonostante tu le abbia intitolate ‘canzoni da spiaggia’, trovo che suonino meglio tra lo sporco di palazzoni di città piuttosto che davanti all’azzurro del mare. Parlando dal punto di vista topografico, c’è secondo te una location migliore di altre per far riecheggiare i tuoi pezzi? VB: Sì. Il titolo dell’album nelle intenzioni voleva un po’ ironizzare su queste canzoni costruite su due accordi, come quelle di Battisti che si suonano in spiaggia, ma con temi secondo me più attuali. Sono canzoni che sicuramente vengono dalla città in cui le ho scritte, la città in cui sono cresciuto, Ferrara, anche se me ne sono reso conto poi. Pensavo di scrivere qualcosa di più universale, non mi stavo assolutamente concentrando sulla città mentre scrivevo. Questo legame con la città è venuto fuori a posteriori, da osservazioni di miei amici. Me ne rendo conto adesso. Davvero non avevo la consapevolezza di moltissime cose mentre le facevo. In realtà poi parlando di dinamiche di provincia, può capitare benissimo che uno che abita in provincia di Taranto mi viene a dire “sai, mi ritrovo in quello che dici”.
Sembra che la maggior parte delle tue fonti d’ispirazione sia italiana e che tu sia poco legato alla cultura anglosassone. Giusto? VB: E’ giusto e il primo motivo è sicuramente l’ignoranza. Se me lo chiedono sono costretto ad ammetterlo. GC: Poi non sa parlare nessuna lingua straniera. VB: Esatto, non parlo nessuna lingua, è un handicap che mi pesa molto ma nel giro di qualche mese inizierò ad impegnarmi. Comunque ho sempre avuto più interesse per i film, per i libri italiani. Quindi non solo per le canzoni, perché magari di quelle straniere non capisco le parole. Anche per i libri, appunto, mi interessa di più un autore italiano. Leggevo che in un’intervista Nanni Moretti diceva di soffrire di una malattia simile, di riuscire ad ascoltare solo canzoni in italiano.
Volevo chiederti una cosa a proposito del booklet, specialmente a proposito del fatto che i testi siano scritti tutti di seguito come dei racconti. Vuol dire che nei tuoi testi il lato narrativo prevale su quello poetico? VB: Ho scelto io di mettere i testi così, il perché ora non so neanche raccontartelo bene ma so che, mentre li scrivevo, li scrivevo così e ho preferito che anche sul booklet fossero così, senza punteggiatura, che si mischiassero le frasi.
Quanto è rimasta sconvolta la tua esistenza dal demo in poi? VB: Direi notevolmente. E’ stata assolutamente sconvolta. GC: Ora beve di meno. (ride, nda.) VB: Be’, sì è vero anche questo. Devo starci più attento. In realtà prima lavorando al bar bere era più agevole. Ma al di là di questo, la mia vita è stata sconvolta e non ho ancora avuto il tempo di rendermene bene conto. La cosa bellissima è che ho smesso di lavorare, quella è stata una cosa divina. E’ cambiata la mia vita e nel modo che avevo sempre pensato. In un modo o nell’altro sapevo che mi sarei salvato.
Riesci a tenere il controllo su tutto? VB: Ho il controllo totale. Mi faccio il culo, ma controllo tutto, dalle magliette, al sito, alle date che si fissano, ho il controllo più assoluto, ma allo stesso tempo inizio a sentir il bisogno di qualcuno, perché non è possibile passare tutta la settimana sul computer e non avere il tempo di prendere in mano la chitarra.
Da ascoltatore, quanto ti incazzi quando senti il disco di qualcuno che non ha niente da dire? VB: No, pochissimo. Non lo ascolto. Magari se proprio salta fuori l’argomento posso incazzarmi e dire che non mi piace. Ma solitamente non mi incazzo. Anche perché molte delle cose che mi sembra non dicano niente durano un mese e poi sono dimenticate. Onestamente vedo una certa meritocrazia in questo. E poi ti ripeto, non li ascolto. Non ascolto tante cose. Pensa, l’ultima scoperta clamorosa che ho fatto è Faust’O , cioè roba di venti anni fa. Renditi conto, quella è l’ultima cosa che mi ha stravolto e non è affatto contemporanea.
Te l’aspettavi il Premio Tenco come miglior esordio dell’anno? VB: No, non me l’aspettavo. Se pensiamo al background da cui veniamo era difficile da prevedere. La nostra proposta è una cosa che viene da un posto diverso, non so, non te la immagini adatta al Premio Tenco. Dico davvero, era l’ultima cosa che mi aspettavo.
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