Le luci della centrale elettrica “Canzoni da spiaggia deturpata”
Etichetta: La Tempesta Brani: Lacrimogeni / Per combattere l’acne / Sere feriali / Stagnola / Piromani / La lotta armata al bar / La gigantesca scritta Coop / Fare i camerieri / Produzioni seriali di cieli stellati / Nei garage a Milano Nord Produttori: Giorgio Canali, Max Stirner, Vasco Brondi
Evviva! Con dieci canzoni scorticate e un poco sghembe Vasco Brondi in arte Le luci della centrale elettrica fa piazza pulita di tutte le voci che negli ultimi anni hanno infestato l’indie senza avere nulla da dire. Era da troppo tempo che non sentivamo un autore di questo carisma. Da tempo immemore che non ci emozionavamo per un demo fatto in casa, e ora il disco vero e proprio nel nostro lettore – un bel po’ abbellito rispetto al demo – ci conforta sulla capacità di questo ragazzo ferrarese di raccontare il rovescio dei suoi anni, il lato grigio delle stanze tardo-adolescenti, il gusto cancerogeno di tante vite svendute al nulla. Che poi Vasco Brondi non fa nulla di eccezionale, le sue sono canzoni cantautorali in senso classico, voce e chitarra acustica, sporcate un po’ con l’aiuto di Giorgio Canali, qui in veste di produttore e chitarrista. Musicalmente come un costola acustica del “Tutti contro tutti” urlato l’anno scorso dallo stesso Canali, “Canzoni da spiaggia deturpata” ne assorbe la rabbia ed è capace di rilanciarla con un registro mai unico anzi multiforme, che sfuma in maniera impercettibile dal realismo («gli spacciatori tunisini affittano camere di alberghi vicini alle stazioni») al surrealismo («portami a bere dalle pozzanghere», «lavarsi i denti con le antenne della televisione durante la pubblicità») al grottesco («e si fermavano i tram per deridermi»). Vasco non è neanche immune da fascinazioni e rimandi fin troppo palesi: “Altri libertini” di Tondelli, “Pompeo” di Andrea Pazienza, “Pennyroyal Tea” di Kurt Cobain e “Last Exit” di Eddie Vedder, “Emilia paranoica” dei CCCP, e poi, in rigoroso ordine caotico, Paolo Benvegnù, Bright Eyes, Pasolini, Emidio Clementi, Mario Desiati, Rino Gaetano sono parte integrante della deturpazione. Eppure basterebbe la sola Per combattere l’acne a rendere chiara la differenza che corre tra un certo modo asettico e apolitico di fare rock e questo spudorato bisogno di alzare la voce piegando la poesia al servizio della quotidianità irrespirabile della provincia, coi suoi meccanismi rotti da tempo e le facce prive di illusioni e sogni. I personaggi che si incontrano da queste parti hanno il male radicato dentro, lo stile di vita dettato direttamente da membra marce. «Siamo l’esercito del SERT» gridano mentre si rotolano nel loro fango e sono così veri e curvi da far impallidire i «cavalieri sieropositivi» di Manuel Agnelli. «Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero» è la domanda che rimbalza da La lotta armata al bar all’intero lavoro, fino a diventare ideale sottotitolo del disco. Forse saremo costretti a raccontare proprio storie come queste, se «stelle deficienti» e «amori interinali» portano solo alla sterilità. Considerato come un unico rigurgito di parole e immagini, venuto fuori tutto insieme, diretto e senza palliativi, espresso nell’unico modo in cui poteva essere espresso, con l’approccio di chi sa che sta facendo qualcosa di necessario e vitale anzitutto per sé, un lavoro come questo sarà difficile da ripetere. Perciò auguriamo a Vasco di non rimanere ancorato qui e per il suo futuro di sapersi reinventare autore da capo, come se “Canzoni da spiaggia deturpata” non ci fosse mai stato.
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