Il Cameroun di Alice
Dopo le feste di fine anno trascorse in Italia, di nuovo immersi nella vita difficile e stupefacente che si svolge nella sede della Fondazione Bethleem di Mouda /7
6/2/2008 - A fine dicembre sono rientrata in Italia per poco più di due settimane ed è stato bellissimo riabbracciare la mia famiglia e i miei amici, ma rientrare a Mouda è stato altrettanto meraviglioso. Dopo il solito lungo e folcloristico viaggio in treno e poi in autobus per un totale di 24 ore, finalmente alle otto di sera sono arrivata alla Fondazione Bethleem.
Pensavo di aver lasciato il freddo in Italia e invece lo ritrovo anche qui: c’è un vento che chiamano “armatn” che rinfresca l’aria soprattutto al mattino presto e alla sera. Durante il giorno, però, c’è il sole che riscalda tutto. Riconosco gli odori “di casa”, il profumo di questa terra così forte: ho la sensazione di essere rientrata in famiglia pur sapendo che nulla mi appartiene.
Il giorno dopo, finalmente, i saluti: Machamai mi corre incontro e mi salta a dosso, lo abbraccio fortissimo. Nulla può donarti più gioia di un bambino sincero e spensierato che ti mostra il suo affetto, nulla. E poi ci sono Tafet, Gayowe e tutti gli altri piccoli “nanetti” della scuola materna: quante emozioni tutte insieme! Tafet (uno dei bambini disabili) appena mi ha vista mi ha sorriso, poi si è avvicinato e ha appoggiato la sua bocca sulla mia guancia in silenzio, questo è il suo modo per dare i baci. E poi le maestre, gli altri miei colleghi di lavoro: sono felice di essere qui, anche se so che tanti abbracci forse non sono così affettuosi come loro invece li fanno apparire: questo perché in determinate situazioni sono sempre molto scenici. Però alla sincerità dei bambini ci credo e mi basta.
Dudu ed Amadu mi hanno invitato per festeggiare il mio ritorno, a bere una birra al mitico “Survoltage”. In Italia ero stata subito catapultata nella festosa e mondana notte di Capodanno in cui mi sono sentita davvero fuori luogo ma felicissima di essere con le mie amiche, le persone che mi mancavano di più in Africa. Rientrata a Mouda, eccomi invece a bere birra calda nella solita piccola baracca lungo la strada, con due piccole lampadine a illuminare il locale: tre persone in tutto, qualche topo che sbuca qua e là, la notte intorno e, ogni tanto, il rumore e le luci forti di un camion stracarico di merci che passa a tutta velocità. Però qui c’è la magia del cielo, della terra, della loro vivacità e delle loro bizzarre filosofie di vita che fanno ridere e piangere insieme.
Mentre scrivo, ho il canto del grillo che mi tiene compagnia. Buonanotte…
Alice Beltrami
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