L'Etiopia di Francesca
Alla scoperta dei "pozzi cantanti" e del sorprendente meccanismo sociale che ne regola il funzionamento / 19
6/3/2008 - L’ingegno delle popolazioni che abitano Moyale si manifesta anche tramite strutture ingegneristiche che, pur nella naturalezza e semplicità dei materiali, sono di un tale fascino e di una tale efficacia che lasciano quasi senza parole. Penso ad esempio ai “pozzi cantanti” dei Borana. Questo gruppo abita principalmente alcune province a sud, nello stato regionale Oromia, tra cui Moyale e Miyo, e i “pozzi cantanti” sono per la precisione delle “ellas”, cioè strutture tradizionali scavate secoli fa dai “Suftu”, un popolo il cui nome significava “Sapore di acqua”, poi utilizzati anche dagli Ormo, attualmente abitanti del Kenya, e infine dai Borana insediatisi nella zona oltre 400 anni fa.
I pozzi costituiscono delle riserve permanenti, cioè anche se il livello d’acqua diminuisce durante la stagione secca, ne rimane comunque una certa quantità per approvvigionare gli animali. I pozzi sono molto profondi, fino a 20 metri: per questo motivo, i Borana anni or sono scavarono al loro interno delle rampe, sorta di passaggi che digradano progressivamente in modo tale che gli animali possano scendere di alcuni metri fino agli abbeveratoi. Quest’ultimi vengono riempiti d’acqua grazie a un ingente sforzo umano. Nei metri che separano l’acqua dagli abbeveratoi, infatti, il prezioso liquido viene trasportato di mano in mano tramite secchi da giovani della tribù borana: i secchi sono posizionati in piedi su diversi livelli, rappresentati o da una sorta di scala o da bastoni messi per lungo.
Il primo giovane di questa sorta di catena umana si trova nel punto più basso del pozzo: raccolto un secchio d’acqua, lo passa al compagno che gli è vicino e così fino all’ultimo ragazzo, il quale svuota il secchio nel serbatoio dal quale l’acqua fluisce poi negli abbeveratoi. I secchi sono in numero pari alle persone impegnate all’interno del pozzo: in realtà si tratta di jeriche tagliate in due, capaci di contenere quindi fino a 10 litri. Ogni volta due ragazzi della catena umana si passano contemporaneamente un secchio vuoto e uno pieno. Per svolgere questo tipo di lavoro, che impiega dalle 5 alle 10 persone per pozzo, occorre una buona resistenza fisica e anche un ottimo coordinamento che si mantiene dandosi il tempo cantando in modo ritmico. In particolare si avverte una specie di acuto quando gli animali, soprattutto vacche, hanno terminato di abbeverarsi: da qui il nome di “pozzi cantanti”.
Ogni “ella” è di proprietà di uno specifico clan Borana: ad esse possono accedere non solo i membri del clan, ma anche quelli di altri clan, e perfino pastori non appartenenti al gruppo Borana, rispettando però determinati diritti di precedenza, calcolati su un periodo di tre giorni, e di vicinanza di clan. L’accesso alle “ellas” viene deciso a livello di clan, il quale quindi assegna alla propria “ella” un certo numero di animali e ne pianifica l’accesso in base alle richieste che pervengono. Al pastore che conduce le proprie mandrie nella “ella” non è richiesto alcun pagamento in denaro ma in futuro egli si ricorderà di ricompensare con dei doni il proprietario della “ella” e il suo clan. Ogni “ella” è gestita infatti da un proprietario e da un manager: quest’ultimo è scelto dal clan e ha soprattutto il compito di tenere pulito il pozzo, mentre il primo è un compito che si trasmette in via ereditaria; il clan però, se il pozzo è mal gestito, può decidere di rimuovere dalla carica il proprietario. Conoscendo il numero di animali che trarranno vantaggio dal pozzo, il clan pianifica anche il numero di persone che saranno addette alla catena umana per raccogliere l’acqua: ogni famiglia che quel giorno porterà le proprie vacche a bere, deve scegliere al suo interno almeno un giovane che svolgerà tale compito. Se non può fornire un uomo, allora anche una donna può essere deputata, ma se nemmeno questo è possibile allora la famiglia chiederà in prestito ai vicini la manodopera di un giovane.
Il sistema funziona da secoli e conferma le buone capacità di gestione delle risorse idriche tipiche dei Borana,molto preziose nei periodi, come quello attuale, di siccità. Francesca Bernabini
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