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Festa di Pasqua a Santa Lucia

Santa Lucia in Tribunale, annullata la festa di Pasqua

SAN BENEDETTO DEL TRONTO, 2007-04-07 - La recente riqualificazione dell’area antistante la Chiesetta di Santa Lucia ha scatenato la reazione dei confinanti al punto da citare in giudizio la Diocesi di San Benedetto-Ripatransone-Montalto.I Comitati di Quartiere Santa Lucia, Marina di Sotto, Europa, Mare, Porto d’Ascoli centro, Sentina, Agraria  e Fosso dei Galli, sono intervenuti congiuntamente facendo un appello alla città affinché la Chiesa di Santa Lucia continui a rappresentare, nel rispetto delle tradizioni religiose e culturali, quello che da almeno un paio di secoli ha significato per la vita popolare della città. La Chiesa di Santa Lucia è forse l’unico tratto di unione tra le anime marinara e contadina di San Benedetto. Era infatti il luogo dove i sambenedettesi si ritrovavano nel giorno di Pasqua e dove il 13 dicembre si svolgeva l’omonima fiera del bestiame e generi di consumo che richiamava l’intera popolazione della provincia.Ora sia la locale associazione “Noi di Santa Lucia” che il “Comitato di Quartiere Santa Lucia” hanno deciso di non organizzare la tradizionale Festa di Pasqua.

E’ davvero un peccato che accada tutto questo se si pensa alla Chiesetta diroccata e poi restaurata con il contributo non solo del quartiere ma di tutta la cittadinananza e l’impegno del “Circolo dei Sambenedettesi”.
E’ sì che da una tradizionale festa annullata per questioni legali-burocratiche alla
Chiesetta nuovamente diroccata il passo è breve!

 

 

 

L’importanza storico-affettiva della chiesetta di Santa Lucia
PAGINA TEMATICA


di Pietro Pompei


A cercare le ragioni perché una chiesetta rurale, come
quella di Santa Lucia, susciti tanto interesse nellanostra città e in particolar modo tra gli iscritti alnostro Circolo, occorre ritornare alle nostre radici e non fermarsisolo a reperti e documenti, ma attingere anche ad unatradizione fatta di usi e costumi, frutto, spesso, di un’interazionecon il proprio habitat. E tutto questo fa parte delnostro Dna che sentiamo fluire anche nelle nostre vene eche tentiamo, in mille modi, di non interrompere. Se qualcunointende classificare il tutto in una inguaribile nostalgia,non sa che nella nostra storia due sono i luoghi a cuiattingere per cercare i primi insediamenti di una certa consistenzasul nostro territorio: il promontorio del Paese Altoe le terre che dal fosso delle Fornaci vanno verso monteAquilino. Il primo si prestava meglio alla difesa, specialmentedopo che i Gualtieri lo circondarono di mura, maquando l’accanirsi delle pestilenze rese invivibile il Castellodi San Benedetto si pensò di abbandonarlo e di trasferire lapropria residenza nel “terreno territorii Castri diruti MontisAquilini et alia terrena in dicto loco”; come si può leggerea pag. 467 del Firmana Concessionum alla data del 28agosto 1574. E nonostante il permesso ottenuto dal papaInnocenzo VIII non se ne fece nulla, facilmente per la gravositàdell’impresa.Che quelle terre fossero densamente popolate, ne furonosempre più convinti i nostri studiosi di storia del secolo passato,specialmente dopo la scoperta di una “necropoli” chevenne datata intorno al III, II secolo d.C. In particolare ilPalestini F. che vide, anche nel nome della Santa, un prosieguodell’antica Alba, da cui l’antico nome del nostro piùimportante torrente, l’Albula, novello Nilo, ad arricchire gliantichi relitti di mare, sui quali hanno prosperato la nostracittà marinara e le nostri invidiabili spiagge.Il 2 Aprile del 1991, il lunedì dell’Angelo, alla presenza diuna folla che neppure la piazzetta antistante la chiesetta riuscìa contenere, tra la commozione generale, fu riaperta alpubblico la Chiesetta di Santa Lucia. Ebbi allora a scrivere:“Mentre i colombi si libravano in libertà e i palloncini coloratisi innalzavano portatori di un messaggio di gioia e dipace, mi son tornati in mente i nostri maggiori studiosi distoria: Liburdi, Guidotti, Palestini e i loro appassionati scritti,perché S.Lucia non fosse definitivamente inghiottita dall’indifferenzae dal cemento. Essi avevano compreso l’importanzastorica di questi luoghi e i nuovi documenti pubblicatie le continue ricerche stavano a testimoniare la giustezzadelle loro intuizioni”. Facevo riferimento, in particolare,ad una pubblicazione, apparsa qualche mese prima, acura di Emilio Tassi e Umberto Poliandri dal titoloDocumenti di vita religiosa nel castello di San Benedetto,secc. XV-XVI”. Poiché in questi “Documenti” si parlaanche di una chiesa di S.Stefano di Monte Aquilino, si poseil problema se le chiese di S.Stefano e S. Lucia dovevanointendersi due o una. “Infatti, mentre nel Registro:Collazioni 1-B-2 e 216 anno 1416 si parla della preposituradella chiesa di S.Stefano di Monte Aquilino, nel Registro:Collazioni 1-B-3 anno 1434 si dice “…prevosto dellaChiesa di S.Lucia e S.Stefano di Monte Aquilino”. In undocumento del 1573 si parla solo della chiesa rurale diS.Lucia e dello stato di abbandono in cui versava. È certoche in quegli anni tra il territorio di Monte Aquilino e lazona di S.Lucia ci fosse una interdipendenza, mentre intempi più recenti, questi territori furono perfettamente separati.Monte Aquilino andò sotto il Comune di Fermo e nelperiodo feudale sotto quel Vescovo, mentre S.Lucia appartenneal Vaticano come patrimonio di S.Pietro, poi passatoalla Basilica di S.Giovanni in Laterano. Sappiamo per certoche verso la metà del ‘700 i beni parrocchiali della vecchiachiesa di S.Lucia “al sommo del Fosso delle Fornaci” eranostati dati in affitto a Bernardino di Domenico Voltattorni.Scrive il Liburdi: “ Fin dall’inizio della sua affittanza(Bernardino Voltattorni), la chiesetta era assai fatiscente persecoli di vecchiaia e perché posta in luogo di pericoloso accessoe prossimo a franare nel profondo del Fosso delle Fornacie per questo frequentato da pochi fedeli. Tali motivi rendevanoprossima la sconsacrazione della Chiesa dopo una dolorosavisita dell’Ordinario Diocesano qualora non si fosse provvedutosubito a ripararla. Bernardino Voltattorni si prese l’impegnodi abbattere il Tempietto e di ricostruirlo a sue spese inluogo migliore non lontano: gli fu concesso: e questo egli fecenel punto dove noi al presente lo vediamo. Del suo lavorolasciò egli memoria in una lapide messa tra lo stemma papalee il lateranense riportati nella nuova facciata della Chiesettaa perpetua memoria dei passaggi di proprietà ed in quellatarga può dunque leggersi: “Bernardinu VoltaturnoSanct.Lucie Erexit Ex. Rog. Giuchini Sub Die 18 8bris 1776”.Vicino fu costruita la casa per l’abitazione delSacerdote officiantee fu sicuramenteoccupatada uno dei figli diBernardino, donDomenico.Nell’abbandono incui la chiesetta diS.Lucia è statalasciata per decenni,molte cose sonostate portate via.IlLiburdi parla diun’Acquasantiera:forse fu lì trasportatadal Voltattornidalla vecchia S.Lucia, insieme ad altre cosedella Chiesa, all’epoca della costruzione”.Ed aggiunge: “Se fosse vera l’intuizionedello studioso Francesco Palestini, avrebbedovuto trattarsi di un antico macinatoioreperito in qualche scavo di tombe preistoriche,che spesso si rinvengono, dei primitiviabitatori che già, dalla marina, si spostavanoverso le valli che risalgono verso il monteper fondarvi, poi, i paesi di Acquaviva eMonteprandone”.Due erano i momenti dell’anno aggregatividella nostra Comunità Sambenedettese, pressola Chiesetta di S.Lucia: la Fiera del 13Dicembre e la scampagnata del pomeriggiodel giorno di Pasqua. Della Fiera ne parlaampiamente il Guidotti nel libro, vol I, editodal nostro Circolo. “La fiera che si celebravacolà era, al solito, di merci e bestiame: le merci si disponevanointorno ai campi, per lo più lungo la via che circondala sommità dell’avvallamento e poi scende verso il fossodelle Fornaci; il bestiame, sullo spazio presso la chiesetta”.Ed aggiunge: “Siccome sappiamo che sull’altura di S.Lucia,secondo i resti ancora visibili e che da molti anni colà si rinvengono,vi era un abitato dei tempi piceni o romani conrelativo tempietto pagano, secondo l’antico uso, ivi dovevaesserci un “foro e mercato”, ed è logico dedurre che l’attualefiera sia la derivazione della predetta antica attività, dedicataalla Santa Siracusana all’avvento del Cristianesimo, neltempo stesso in cui la chiesa sostituiva il pagano tempietto”.Nel 1861 la fiera di S.Lucia fu acquisita dagliAmministratori del tempo e trasferita presso la vecchiaChiesa della Madonna della Marina e il vecchio Municipio,cioè sulla Piazza del Mercato, come era denominata l’attualepiazza Cesare Battisti.Sulla scampagnata pasquale ci hanno lasciato notizieErnesto Spina e Filippo Miritello, trattando degli “usi ecostumi” della nostra gente. Dell’allegria della ricorrenza sifece interprete un nostro, purtroppo dimenticato, poeta,Benedetto Lagalla, professore insigne, autore del “LeStagioni di San Benedetto del Tronto”, Tip. Menicucci-Firenze 1932- Primavera pag.15.“…Poco lungi dalborgo e al mare, sovra colle amenoe di dolce declivio, sorge un umiletempietto sacro alla SiracusanaVergine Santa. Quivi, il pomeriggiodel di che del risorto Redentoresi celebra la festa, in frotta muovonoi paesani a venerar la Santa,ma più, o mondo! mondo! A darsi giolito.È questa l’ora a conoscer propiziale femminili beltà ond’è riccaquesta terra…Giunti, adunque,i borghigiani al loco della festa,si spargono pel colle e a gruppi siedono,a merendare, sovra il verde prato

fragrante di viole e margherite…”

  

La ristrutturazione della chiesetta di Santa Lucia
UN’IMPRESA INCREDIBILE


di Lorenzo Di Buò

Alla fine degli anni ottanta, una delegazione di sambenedettesiresidenti nella zona di Santa Lucia si recò pressola sede del Circolo dei Sambenedettesi per raccomandareal Dottor Giovanni Perotti, presidente del Sodalizio, di occuparsidel recupero della chiesetta posta sull’omonimo colle destinataa una incombente demolizione.In quella circostanza fu espressa con straordinaria intensità lavolontà dei sambenedettesi di recuperare un pezzo di storia e leradicate tradizioni civili e religiose che culminano nei festeggiamentidel lunedì di Pasqua.Il Circolo dei Sambenedettesi non si fece pregare due volte, attentocome era e come è agli aspetti storici e culturali della città.Costituì il Comitato “Santa Lucia” invitando la cittadinanza,mediante l’affissione di pubblici manifesti, alla presentazionedel progetto di recupero e restauro della chiesa cheebbe luogo nella sede del Consiglio Comunale della città ilgiorno 7 aprile 1990.Ma già prima della presentazione del progetto il Circoloaveva registrato un sorprendente afflusso di contributi dasingoli cittadini, da enti pubblici e privati che incoraggiavanoil passaggio alla fase operativa.Infatti, il progetto fu presentato al Comune di San Benedetto checon autorizzazione dell’8 maggio 1990 (prot. 6813/B - 3170)consentiva la realizzazione delle opere.Seguirono i lavori protrattisi per due anni per la necessità didover ancorare le pareti cadenti e di realizzare le sottofondazionial manufatto che all’epoca fu costruito sulla nuda terra.Intanto furono portate a conclusione le trattative con la proprietàsia per l’acquisto della chiesetta rurale che per l’acquisto dell’areaantistante.Fu un momento particolarmente critico e impegnativo per leingenti risorse richieste per l’acquisto della proprietà e per la esecuzionedei lavori, compreso il rifacimento del tetto di coperturacon i materiali dell’epoca.I contributi pervenuti al Circolo, pubblicati sul periodico“Lu Campanò”, pur di notevole consistenza, non coprironotutte le spese e il Circolo dei Sambenedettesi fu costretto aprosciugare le sue ultime disponibilità pregiudicando il suofuturo e fu proprio il Dottor Giovanni Perotti che, personalmente,fece fronte agli ultimi impegni che consentirono diarrivare all’atto di acquisto del terreno con il sovrastantemanufatto in data 20 luglio 1992.Nell’anno successivo, il 15 aprile 1993 fu redatto l’atto pubblicodi donazione alla Diocesi per riconsegnarlo alla devozionedella popolazione e alle sue tradizioni.Nell’atto, oltre alla tradizionale festa popolare del lunedì diPasqua si prevedono le celebrazioni delle feste usuali quali: 17gennaio S. Antonio Abate, 3 febbraio S. Biagio; 26 luglio S.Anna, 13 dicembre Santa Lucia e altre singole celebrazionidevozionali richieste dalla popolazione residente compatibilmentealla disponibilità della Parrocchia.Così si realizzò un sogno che all’inizio si presentò comeun’impresa impossibile affrontata e superata dalla passionee delle energie profuse da tutti i collaboratori del Circolo deiSambenedettesi guidati dal suo presidente per il recupero divalori umani e cristiani che hanno segnato l’identità storicadei sambenedettesi e che sono ben visibili nei segni superstitidel passato.E il Vescovo Chiaretti, ammirando la chiesetta nel suo nitore sulcolle assolato, in più di una occasione ha espresso gratitudine alSodalizio per il suo volontariato culturale che vigila sulle patriememorie perché non vadano sciupate e disperse nell’indifferenzae nella volgarità dei nostri giorni.
(da circolodeisambenedettesi.it)

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