L'Etiopia di Francesca
La crisi economica mondiale non risparmia l'Etiopia e i poveri aumentano a vista d'occhio
Se a casa nostra, il prezzo del carburante aumenta e le nostre abitudini si ridimensionano, magari scegliendo di non fare le vacanze, qui in capitale, ad Addis Abeba, nel giro di tre settimane la popolazione che dorme sotto i ponti è aumentata in modo esponenziale. Due mesi fa c’erano al massimo 3 o 4 persone alloggiate sotto i ponti la notte, un mese fa il numero era già salito a 30-40.
L’inflazione nel Paese è in crescita e sono più di due mesi che anche l’organizzazione per la quale lavoro sta affrontando le continue richieste di aumenti salariali provenienti dal nostro staff locale, le cui condizioni di vita si sono fatte più dure. Ci ritroviamo sempre più spesso a fare confronti tra i prezzi dei beni alimentari oggi e un mese fa. Ovviamente anch’io faccio spesa e mi rendo conto di spendere più di prima. L’aumento dei prezzi non riguarda più solo il cibo ma anche, ad esempio, il costo dell’affitto delle abitazioni.
I mendicanti, già molti agli incroci e fuori dalle chiese, sono in aumento e un paio di donne oggi stavano chiedendo l’elemosina proprio sotto casa mia, al riparo della tettoia dell’entrata del condominio dove abito; un fatto abbastanza inusuale, perché di solito i mendicanti si posizionano in luoghi più trafficati. Mi è venuto da pensare che forse la città è ormai troppo piena di poveri e quelli che lo sono diventati di recente hanno trovato i posti “migliori” già occupati.
Anche la classe media è affetta dal problema dell’aumento dei prezzi: oggi sono stata in ospedale per un’infezione provocata dalla puntura di qualche insetto. Niente di grave ma, tra visita, analisi e medicine, ho speso quasi 500 birr, l’equivalente dello stipendio di un guardiano qui ad Addis Abeba, mentre uno stipendio medio è di circa 1500-2000 birr.
Il dottore che mi ha curato si è detto dispiaciuto di quanto mi è capitato: secondo lui non me lo meritavo, collaborando con una ONG che promuove lo sviluppo dell’Etiopia. Ho risposto che forse anche questo aspetto fa parte del mio lavoro, però poi ho immaginato quante persone, per mancanza di soldi, non possono accedere alle stesse cure, anche nel caso di problemi banali come il mio.
La povertà è un circolo vizioso anche sotto l’aspetto medico: si trascorrono ore al freddo a chiedere l’elemosina, agli incroci a respirare il fumo dei tubi di scarico delle vecchie automobili e dei pesanti camion, non si mangia in modo adeguato e facilmente ci si ammala senza alcuna possibilità di accesso alle cure e, ancor peggio, senza alcuna possibilità di evitare le cause della propria malattia.
Qui ad Addis ora è inverno, piove e fa freddo. E questo nonostante ci troviamo ancora sopra l’equatore e quindi, in teoria, le stagioni non dovrebbero essere invertite. Quando ho preso i primi raffreddori, andando in ufficio osservavo i ragazzini camminare in ciabatte di plastica e con abiti laceri: mi chiedevo come potessero non ammalarsi anche loro e pensavo che forse il loro fisico era più forte del mio perché magari ci erano abituati. Come mi è capitato spesso da quando sono in Etiopia, mi sono accorta di aver ragionato ancora una volta da occidentale: malati o no, quei ragazzi non avevano alternative. La povertà è proprio questo: non avere alternative…
Francesca Bernabini
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