Operazione “Capitone Sicuro”: maxi sequestro o max bufala?
di Marcello Iezzi
SAN BENEDETTO DEL TRONTO, 03/01/2009 19:05:55 _ Altro che maxi sequestro di pesce scaduto o in cattivo stato di conservazione. Qui, forse, ci troviamo di fronte ad una maxi bufala, perché sembra che il pesce surgelato, sequestrato nelle celle frigorifere di operatori sambenedettesi e dell’hinterland, dagli uomini della capitaneria di porto nell’ambito dell’operazione “Capitone”, era prodotto derivante da fallimenti e addirittura sotto tutela del Tribunale. Per questa ragione intoccabile. I risultati dell’operazione condotta a livello nazionale e coordinata dalla capitaneria di Venezia, hanno avuto una forte eco a San Benedetto, dove si è subito sparsa la notizia che nelle celle di stoccaggio di qualche operatore della zona c’erano 42 tonnellate di pesce scaduto da mesi o mal conservato. E’ stato un campanello d’allarme per i consumatori, soprattutto dopo le dichiarazioni fatte dal ministro delle politiche agricole, alimentari e foreste, Luca Zaia, che ha enfatizzato l’operazione come la più importante condotta in Italia nel settore del commercio di prodotti ittici. “C’è sempre qualcuno che nel villaggio globale crede di essere il più furbo”, affermò il Ministro, ribadendo la “Tolleranza zero” nel campo delle frodi alimentari. Giusto, siamo tutti d’accordo. Forse il Ministro, però, non è informato che delle 160 tonnellate di pesce sequestrato, almeno un quarto (per quanto riguarda le sole Marche), non sarebbe mai uscito dalle celle frigorifere. Quelle 42 tonnellate, secondo qualcuno che sembra essere bene informato, erano già bloccate da provvedimenti giudiziari. In due casi specifici, il pesce sequestrato dagli uomini della locale capitaneria, era sotto la tutela del tribunale e non era stato possibile smaltirlo perché non c’è mai stata l’autorizzazione dello stesso. In un altro caso si tratterebbe di prodotto ittico, sempre derivante da fallimento, conservato da una ditta che ha rilevato in affitto le celle frigorifere. L’unico errore commesso è stato la dimenticanza di mettere, sulla catasta di pesce accantonato in un angolo, il cartello di “merce scaduta”. E' ipotizzabile, quindi, che quelle 42 tonnellate di pesce, mai e poi mai, sarebbero arrivate sulle tavole dei sambenedettesi o degli italiani. Forse è questo il motivo per cui non sono emersi i nomi di chi conservava il prodotto scaduto. Certo, era l’autorità giudiziaria. E allora che torni il sorriso sulle labbra dei commercianti onesti, ma anche su quelle dei consumatori di pesce di qualità.
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