Si raccontano bugie, non si fa nulla per la lotta la mafia in Italia , Cosimo Lo Nigro e Salvatore Benigno gli stragisti di via dei Georgofili del 27 Maggio 1993 ,dopo solo 14 anni non sono più a regime di “41 bis”, regime carcerario per il quale hanno eseguito la strage di Firenze, e godono di sconti di pena rispetto all’ergastolo loro in inflitto dalla Corte di Cassazione il 6 Maggio 2002.
Questa è la vera storia della lotta alla mafia in Italia, noi lo abbiamo già raccontato in Europa, in Germania ,a Colonia il 24 e 25 Maggio 2007.
Come sempre ci vogliono i morti perché si cominci a capire, dopo Firenze, Roma e Milano è la volta della Germania ad essere coinvolta dal sistema mafioso tutto italiano e forse non è ancora finita.
Alleghiamo per l’occasione il nostro intervento in Germania a Colonia durante un incontro a sostegno delle vittime del terrorismo eversivo e mafioso.
Cordiali saluti
Giovanna Maggiani Chelli
Vice Presidente Portavoce
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili
Intervento in Germania, 24 Maggio 2007, Comune di Colonia
Sono Giovanna Maggiani Chelli, Vice Presidente e Portavoce dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.
Strage avvenuta a Firenze il 27 Maggio 1993 .
La Corte Suprema di Cassazione il 6 Maggio del 2002 ha sentenziato, in via definitiva, comminando 15 ergastoli al gotha di “cosa nostra, che la mafia ha operato nell’ambito della realizzazione di una strategia attuata per finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine costituzionale (Art. 1 decreto legge 15 dicembre 1979 n. 625) nonché per agevolare l’attività dell’associazione di tipo “mafioso” cosa nostra.
Cercherò brevemente e nel tempo consentito di darvi quelle informazioni che possano farvi capire cosa è accaduto in Italia negli anni 1993-1994, quale sia oggi la nostra situazione di vittime del terrorismo eversivo e quali siano le nostre aspettative future.
Spero che, tutto questo, oltre a far conoscere la nostra storia, le nostre esperienze, possa essere utile a tutti Loro nelle svolgere i compiti, qualunque essi siano, ai quali sono preposti.
Se poi sono presenti persone coinvolte in eventi come il nostro sicuramente vada a loro tutta la mia solidarietà e la speranza che il mio dire possa servire ad aiutarli. Mai avrei pensato di poter venire in Europa, in Germania a parlare della strage di via dei Georgofili. Il Comune di Bologna e quello di Colonia me ne hanno data l’opportunità: il mio grazie è molto sentito.
Ecco il mio contributo al progetto denominato “SURVIVORS”.
All’1,04 del 27 Maggio 1993 la mafia corleonese, ad opera del gruppo di fuoco di Leoluca Bagarella e con il consenso di Bernardo Provenzano ha fatto detonare nel centro storico di Firenze, ad un passo dalla Galleria degli Uffizi, in via dei Georgofili, sotto la Torre de’Pulci quasi 300 chili di tritolo.
Tutto ciò è avvenuto con il beneplacito del gotha di “cosa nostra”, la più potente organizzazione mafiosa ancora oggi esistente in Italia e nel mondo che annovera tra i suoi uomini più sanguinari Riina Salvatore, Matteo Messina Denaro, i Fratelli Graviano.
La detonazione è stata di una potenza inaudita e ha provocato un disastro gravissimo.
Si pensi che per far saltare l’autostrada sulla quale viaggiava il giudice Falcone ne usarono 500 chilogrammi.
Cinque le vite umane perdute, 41 i feriti, ma solo perché all’1,04 della notte la gente dorme e perché in quella strettissima via che è via dei Georgofili a Firenze, pochissime erano le persone presenti, infatti i feriti abitavano quasi tutti in una via adiacente: via Lambertesca.
I morti risiedevano tutti in via dei Georgofili, l’intera famiglia Nencioni composta da Angela Fiume custode dell’Accademia, suo marito Fabrizio Nencioni ispettore dei vigili urbani di Firenze, le loro due bambine di cinquanta giorni e otto anni Caterina e Nadia.
E’ morto anche Dario Capolicchio uno studente di architettura che abitava di fronte alla Torre de Pulci al terzo piano.
Dario abitava con Francesca: io sono la madre di Francesca.
Sarebbe oggi crudele per me e per voi, ripercorrere tutto il dolore che quei 300 chili di tritolo hanno prodotto.
Spese quindi queste poche parole sulla ricostruzione di quella sanguinaria strage terroristica eversiva, credo debba ora tracciarvi, a grandi linee, quello che “cosa nostra” ha fatto in Italia dopo gli attentati a Falcone e Borsellino, tra il 1993 -1994, quando lo Stato già credeva di avere inferto, con una legislazione forte e restrittiva, un duro colpo alla mafia corleonese.
E’ pur vero che subito dopo le stragi di Falcone e Borsellino avvenne sia l’istituzione del regime carcerario di 41 bis,- così indicato per le modifiche intervenute all’art.41 bis della legge nr.354 del 1975 concernente norme sull’ordinamento penitenziario - severo ma necessario affinché la mafia dal carcere non potesse più avere contatti con l’esterno, sia il trasferimento di boss a Pianosa e l’Asinara, carceri di massima sorveglianza e molto altro ancora; ma malgrado tutto ciò, dopo l’arresto, il 15 gennaio 1993, di Riina Salvatore, un boss sanguinario ed efferato nella storia dei corleonesi, la mafia ha ancora eseguito e fatto da mandante alle stragi immediatamente successive.
Sette fatti di strage in meno di un anno:
14 Maggio 1993, attentato di via Fauro a Roma contro il conduttore televisivo Costanzo, molti feriti;
27 Maggio 1993, attentato di via dei Georgofili a Firenze, 5 morti e 41 feriti;
27 Luglio 1993, attentato di via Palestro a Milano 5 morti e molti i feriti;
27 Luglio 1993, attentato a San Giovanni in Laterano a Roma;
27 Luglio 1993, attentato a San Giorgio al Velabro a Roma; questi due attentati alle chiese tanto care al Papa condotti in contemporanea.
31 Ottobre, mancato attentato allo Stadio Olimpico a Roma: durante una partita di calcio si volevano uccidere 60 carabinieri. Per fortuna o perché la mafia ottenne in parte ciò che voleva, l’attentato falli.
14 Aprile 1994, attentato al collaboratore di giustizia Salvatore Contorno, attentato fallito, ma comunque indirizzato al collaboratore di giustizia per eccellenza.
La Magistratura fiorentina iniziò a lavorare già nella notte del 27 Maggio1993 e con l’aiuto di un pool di validi uomini delle forze investigative, il 12 giugno 1996, dopo quattro anni, fu in grado di arrestare, processare e condannare con 15 ergastoli passati in giudicato (come già detto)con sentenza di Cassazione il 6 Maggio del 2002, uomini la cui ferocia è pari alla loro potenza.
Il processo di Firenze però, sotto la guida del Magistrato Gabriele Chelazzi e Giuseppe Nicolosi, mise in rilievo che forse non solo di “cosa nostra” si trattava.
Su questo punto, molto importante, noi non abbiamo mai avuto dubbi fin dalle prime ore che hanno seguito la strage.
Non si arriva nel cuore di Firenze, nella città di Lorenzo il Magnifico, con trecento chili di tritolo se non vi sono complicità più che scandalose.
Come è risultato anche dal processo di Firenze, la mafia, con quasi mille chili di tritolo, voleva, in quegli anni, farsi soggetto politico, dettare le sue leggi e da qui la condanna per terrorismo ed eversione, condanna confermata in Cassazione. Qui risiede la sua responsabilità nell’ideazione e nell’esecuzione delle stragi, ma i suoi interessi, al di là di quelli legislativi, dovevano necessariamente essere comuni ad “altri” soggetti nel nostro paese, soprattutto a forze economiche e affaristiche.
“Cointeressati” è l’espressione oggi usata dai magistrati che ancora tentano di portare avanti le indagini.
Indagini che portano avanti anche sulla scia di un nostro esposto presso la procura di Firenze: chiediamo lumi sui nomi di trentanove politici e non che nel 1992, dopo le stragi dei giudici Falcone e Borsellino e prima delle stragi del 1993, ricevettero un elenco di richieste dalla mafia, denominato “papello” in gergo siciliano.
Per quelle richieste la mafia ha eseguito la strage terroristica eversiva di Firenze e le altre del 1993; queste richieste sottoposte a chi poteva intervenire in forma legislativa erano:
• La restituzione dei beni mafiosi confiscati.
• L’abolizione dell’ergastolo alla mafia anche per strage.
• L’abolizione del regime carcerario secondo l’art. 41 bis.
• La revisione dei processi.
• Legge contro i “pentiti”
Di fatto la mafia, attraverso norme scellerate, ha ottenuto quasi tutto: se non in modo palese perlomeno in modo strisciante.
Si pensi che dopo solo 14 anni, a due dei mafiosi rei della strage di Firenze tale Benigno Salvatore e Cosimo Lo Nigro, colui che innescò, accendendo un sigaro, il tritolo di via dei Georgofili, hanno già revocato il regime di carcere duro e questo prima che le vittime fossero di fatto risarcite per il torto subito.
Nel caso di Lo Nigro la revoca è avvenuta attraverso il Tribunale di Sorveglianza di Torino, e non c’è stato ricorso in Cassazione da parte della Procura Generale di Torino come la norma consentiva, forse per negligenza o peggio, non c’è dato di saperlo.
Solo il Ministro di Grazia e Giustizia può ovviare a tanto scempio con un decreto di revoca del carcere normale e un ripristino del carcere duro sia per Cosimo Lo Nigro, sia per Salvatore Benigno. Sembra tuttavia che non abbia troppa voglia di farlo, speriamo non per paura.
Ci fa sembrare torturatori questo nostro accanimento verso il ripristino di un regime carcerario severo, come il “41 bis” per mafiosi rei di strage e sicuramente ancora in grado di procurare lutti.
Il regime detentivo speciale di “41 bis” fu voluto dopo la morte dei Giudici Falcone e Borsellino e non è vero che siamo vendicativi, è necessario tagliare i collegamenti ai mafiosi dal carcere verso l’esterno, altrimenti la mafia continuerà a comunicare dal carcere, continuando a delinquere attraverso messaggi, condizionerà le elezioni politiche e amministrative e ordinerà stragi all’occorrenza.
Non a torto come ho precisato poco fa, la mafia è stata premiata prima che le vittime fossero risarcite: noi siamo in causa civile contro la mafia e aspettiamo entro il 2008 la sentenza e i giusti risarcimenti, ma la mafia ha avuto risarcimenti prima di noi. Perché, chi ha paura della mafia? Chi ha subito il ricatto di quel tritolo del 1993 in via dei Georgofili.
Il menzionare le cause civili mi da l’opportunità di spostare ora l’attenzione sulle previdenze alle quali hanno diritto le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, quale ultimo punto di questo mio intervento.
Ci battiamo, da anni, per le previdenze previste da leggi dello Stato, per migliorarle, per averne di nuove come la recentissima 206 del 2004, la quale comunque è di difficile applicazione almeno fino ad oggi .
La legge 206 del 2004, se attuata bene e fino in fondo, potrebbe concedere vitalizi, che comunque una causa civile non può stabilire e che sono di vitale importanza per chi rimane ferito con serie invalidità.
Il Procuratore Pietro Grasso, Capo della Procura Nazionale Antimafia, ha spesso detto che nessun Paese in Europa ha una legislazione di sostentamento alle vittime così valida come la nostra.
Se da una parte questo non ci conforta, perché vuol dire che abbiamo dovuto affrontare il problema delle vittime del terrorismo e delle stragi da troppo lungo tempo, tanto da accumulare una esperienza di notevole spessore, dall’altro potrebbe consolarci, ma non è esattamente così, perché di fatto le leggi sono spesso carenti e come la 206 di difficile applicazione.
Non sempre si arriva ad una sentenza come la nostra, precisa e puntuale nel stabilire le responsabilità almeno fino agli esecutori, non sempre esiste un Fondo nazionale al quale attingere se il reato è stato commesso da nullatenenti. Noi abbiamo avuto la fortuna di poter attingere al Fondo 512 istituito nel 1999 per le vittime della criminalità organizzata, al quale è possibile attingere qualora si possa emettere un sentenza di condanna contro qualcuno.
Da qui l’esigenza di leggi di supporto come la 206 oppure l’aspirazione di creare ulteriori fondi analoghi a quelli previsti dalle legge 512 del 1999.
In quanto ho letto per tutti Loro sta la nostra situazione, una battaglia continua alla ricerca di verità, sostentamenti e quindi giustizia.
Vi prego se possibile visitate il nostro sito www.strageviadeigeorgofili.org, la nostra battaglia è costante nel quotidiano, seguiamo gli eventi politici del Paese di ora in ora per capire dove potere attingere conoscenze atte a comprendere cosa ci stanno nascondendo, quanto sono disposti comunque ad aiutarci e chi è disposto dopo averci massacrato e lasciato massacrare.
Giovanna Maggiani Chelli
Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili
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