IL PERU' DI SERENA
La gente di Lima finalmente si mobilita per sostenere la richiesta di estradizione dal Cile dell'ex presidente Fujimori/28
15/6/2007 - Manifestando a favore della estradizione di Alberto Fujimori Da diversi anni una delle campagne principali portate avanti dalla Organizzazione Pro Derechos Humanos “Aprodeh” è intitolata: “Fujimori Extraditable”. La campagna è stata lanciata dalla “Coordinatrice Nazionale di Diritti Umani”, una federazione di organizzazioni che difendono i diritti umani, gruppi di familiari e vittime, diverse associazioni della società civile e cittadini del Perù, del Cile e di diversi Paesi del mondo e ha l’obiettivo di generare una corrente di opinione a favore della estradizione dal Cile dell’ex presidente peruviano Alberto Fujimori, accusato di violazione dei diritti umani e reati di corruzione avvenuti durante il suo mandato presidenziale (1990-2000). Questa campagna, diffusa sul web è riuscita a raccogliere migliaia di firme in tutto il mondo sensibilizzando sul tema l’opinione pubblica internazionale. In questi giorni, l’iniziativa assume una rinnovata importanza in quanto la “fiscal” (il Procuratore) del Tribunale Supremo Cileno, Monica Maldonado, il 7 giugno ha reso pubblico il suo rapporto nel quale raccomanda l’estradizione in Perù di Alberto Fujimori per sei casi di corruzione e due per violazione ai diritti umani, in particolare per il caso La Cantuta e Barrios Altos. Nonostante non sia vincolante, il rapporto della fiscal Maldonado rappresenta una posizione dello Stato cileno che segna il cammino della decisione del magistrato Alvarez (magistrato incaricato del caso). In questa ottica, il fatto di riconoscere che esiste evidenza sufficiente della partecipazione di Alberto Fujimori come capo di Stato alla creazione di un gruppo di annichilamento (gruppo Colina) responsabile di crimini di lesa umanità stabilisce un precedente e appiana così il cammino affinché Fujimori sia sanzionato. Un po’ di storia Nel 1990 Alberto Fujimori era uno dei candidati alla presidenza con il partito “Cambio 90”. La sua campagna elettorale si rivolse soprattutto a contadini, popolazione indigena e alle classi meno abbienti della società peruviana. Il suo programma politico insisteva molto sulla lotta ai gruppi terroristi Sendero Luminoso e Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru e promuoveva lo sviluppo economico e il miglioramento delle condizioni di vita delle persone più povere. Una campagna elettorale populista che risultò efficace e consentì a Fujimori di assumere la più alta carica dello Stato. Il 5 aprile del 1992, il presidente tramite Decreto legge, proclamò lo stato di emergenza e di ricostruzione nazionale; tramite l’autogolpe, iniziò una nuova dittatura per il popolo peruviano che si protrasse fino al 2000, mostrando episodi drammatici del conflitto armato interno vissuto dal Paese. Sotto il governo di Fujimori si entrò in una nuova tappa della violazione dei diritti umani: i comandi paramilitari isolati, che dall’80 operavano a fianco alle forze armate, si unificarono in un unico, grande comando conosciuto con il nome di “gruppo Colina” e diretto da un ex militare, Vladimiro Montesinos. Questa nuova “guerra sucia” si sviluppava utilizzando l’omicidio commissionato, eseguito da gruppi speciali (esempi sono costituiti dal caso barrios Altos e dal caso La Cantuta) e implementando una politica del terrore tra la popolazione che viveva nelle campagne attraverso il rafforzamento di “gruppi di autodifesa”. Tali gruppi erano addestrati dall’esercito nazionale e avevano l’ordine di eliminare fisicamente qualsiasi contadino sospettato di aver un vincolo con Sendero Luminoso. La cattura di Abimael Guzman, lider di Sendero, avvenuta nel ‘92, contribuì a generare consenso presso l’opinione pubblica verso la politica di governo ed in una certa maniera creò una condizione per giustificare i costi umani della dittatura. L’ascesa della repressione militare, l’acutizzarsi dell’autoritarismo presidenziale, l’emergere di scandali di corruzione e soprattutto la frode elettorale contribuirono a convertire il consenso iniziale in una compatta opposizione da parte della popolazione civile. Un evento emblematico di tale opposizione popolare è rappresentato dalla “marcia del suyo”, nella quale si assistette ad una delle più grandi mobilitazioni di massa conosciute nella storia peruviana: migliaia di persone provenienti dalle varie regioni del Paese si riversarono nelle strade di Lima per manifestare il proprio dissenso. Nel 2000 Fujimori approfittò di un vertice presidenziale nel Brunei per abbandonare la carica di presidente della repubblica e fuggire in Giappone. Dal 7 novembre 2005 Fujimori è agli arresti domiciliari in Cile e lo Stato Peruviano ha avviato le pratiche per il processo di estradizione che in queste settimane vedrà la conclusione. Festeggiamenti e sit-in In Aprodeh da aprile si aspettava con ansia il rapporto della “fiscale”, che continuava a rimandare il giorno in cui avrebbe consegnato il suo documento. Con altre organizzazioni della societá civile e con l’appoggio di alcuni familiari da anni alla ricerca della giustizia, abbiamo organizzato un sit-in davanti all’ambasciata cilena sabato 3 giugno allo scopo di fare pressione sulle autoritá cilene a consegnare il rapporto e sensibilizzare la societá civile che, a volte, sembra dimenticare il suo passato e lasciare soli i familiari delle vittime e tutti coloro che subirono in prima persona le conseguenze della violenza politica. La gente ha risposto all’appello: eravamo piú del previsto, non tantissimi in rapporto ai livelli di mobilitazione che conosciamo in Europa; però molto importante è stata la presenza di tante organizzazioni di giovani, universitari, gruppi sociali. Alcuni ragazzi, che da anni accompagnano la campagna per la estradizione di Fujimori, mi hanno spiegato che il risultato é stato molto positivo: erano mesi che non si riusciva a coinvolgere la popolazione giovanile. Qualcosa si sta muovendo, quindi. L’iniziativa é durata tre ore, le varie organizzazioni hanno presenziato la “Javier Prado” (il nome della strada in cui ci trovavamo) con striscioni, colori e tanti slogan cantati a squarciagola per far sentire ai “potenti” la voce di tutti coloro che vogliono sia fatta giustizia. Il giovedí successivo é stato il giorno della veritá. Il direttore di Aprodeh era in fermento dalle 8 aspettando che la Maldonado si pronunciasse, dai mezzi di comunicazione cileni arrivavano pareri discordanti, cosí che fino alle 11.40 non si sapevano notizie ufficiali. A mezzogiorno é arrivata la notizia: Aprodeh é stata assaltata dai mezzi di comunicazione, avvocato e membri dell’organizzazione rilasciavano interviste per spiegare la importanza del pronunciamento. Tutto il personale era in festa! Non capita tutti i giorni di vincere una piccola battaglia e, come si dice qua, questo é solo l’inizio. All’ora di pranzo abbiamo celebrato con un brindisi al “pisco sauer” (bevanda tipica peruviana), preparato all’istante e, alle 5 del pomeriggio, con fischietti e striscioni ci siamo riprecipitati nuovamente davanti all’ambasciata cilena. Ora si aspetta con ansia il parere del giudice Álvarez: incrociamo le dita e speriamo coincida con quanto espresso dalla fiscale del Tribunale Supremo. “Ojalá”... (da provincia.ap.it) Serena D’Angelo
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