IL PERU' DI SERENA
Un momento di stanchezza dopo mesi trascorsi nell'impegno civile per i diritti umani dei peruviani: più che giustificabile.../22
26/4/2007 - Una settimana complicata Sto per lasciarmi alle spalle una settimana complicata. Intrisa di sentimenti contrastanti: lacrime, sorrisi, rabbia, gioia, balli, noia. Voglia di scappare e di rimanere. Voglia di tornare un po’ a casa. Nella mia casa. Voglia di restare in bilico senza prendere una decisione definitiva, di non delimitare tutto con quei confini, quelli dei grandi, quelli che de-limitano la personalità, i ruoli sul lavoro, gli spazi in città. Voglia di sfumature, di vedere la realtà sfocata, ondulata, interpretata. Voglia di amici. Loro ci sono sempre e non ti deludono: nonostante gli anni, i chilometri e le parti non vissute insieme, nonostante le esperienze diverse e gli oceani nel mezzo, le lingue che ci danno accenti piu esotici, ci si ritrova a ridere e scherzare su msn. E si ritrova il buonumore, il desiderio di combattere e di “seguir adelante” quell’amico e le sue scemate o quell’altro con le sue sane chiacchierate e i suoi consigli che ti aiutano a stare a galla, per un po’. A volte è difficile, ho come il desiderio di abbandonare tutto. Sento che la realtà qua è troppo diversa e penso che “al nord” tutto sarebbe più semplice con la famiglia che mi coccola un po’ e qualcuno che forse è ancora là ad aspettare, o forse no. Penso che la mentalità peruviana a volte è irritante e che io posso solo osservare, da una strada, quello che sta accadendo, senza poter far niente per cambiarlo. Sempre con questa idea di cambiare il mondo e gli altri, credendo che sono loro ad essere nella parte sbagliata. Ieri sera in “combi”, l’autista era un pazzo, come spesso capita: sorpassi, frenate, partenzeimprovvise, ilrossosolouncolore, e correva, correva, correva. Tutti zitti, ad accettare la normalità. Io e la mia amica Giulia, dopo alcune lamentele, siamo scese: meglio camminare per la “Brasil” che continuare in quel modo. A volte ho come la sensazione che qui la vita abbia meno valore, che le persone siano entrate in un meccanismo tale che preferiscono arrivare rapide a casa senza curarsi di tutto quello che c’è attorno, dei costi, dei rischi, concepiti nell’ottica di qualcosa che può capitare invece che di qualcosa che si può evitare. Una rassegnazione, una pigrizia che contribuiscono a lasciare le cose così come sono. All’Università, un professore una volta spiegava che la mentalità latinoamericana è molto vincolata al tempo presente. La coltura del mais, le credenze incaiche legate agli elementi naturali, il destino considerato come uno dei maggiori decisori del domani, l’incapacità di vedere il futuro: tutti tasselli, questi, che forse hanno contribuito a creare questa Lima, che percepisco come distante e che non riesco ad accettare in tutte le sue tonalità. Penso che avrei dovuto scrivere un articolo come al solito. Un articolo per raccontare della mia associazione e delle sue valorose battaglie contro i violatori di diritti umani (che a volte si trasformano in lotte contro i mulini al vento) o delle mie scoperte interessanti e dei miei viaggi in giro per il sud. Lo scopo di questa rubrica è quello di raccontare il mio Perù, di fare insieme scoperte e riflessioni che emergono man mano che mi trovo quaggiù. La maggior parte delle volte riesco a narrare storie, spiegare attività politiche e fenomeni sociali con obiettività ed un pizzico di ottimismo. Oggi no. Le parole hanno preso il sopravvento, sgattaiolavano dalla tastiera come impazzite, come un autista di “combi”, e decidevano il disegno da dare ai miei pensieri. Stamattina vado al lavoro a piedi: così respiro un po’. (da provincia.ap.it) Serena D’Angelo
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