La festa per celebrare i 60 anni dalla fondazione di una grande federazione di comunità contadine: occasione di festa e di riflessione/21
19/4/2007 - L’11 aprile rappresenta una data importante per la Confederación Campesina del Perú (CCP) poiché festeggia i suoi 60 anni di vita. Per questa ragione da diverse settimane i vari dirigenti stanno cercando di organizzare una “tre giorni” fatta di discorsi politici, impegni per il futuro, conferenze con membri del congresso, campionati sportivi e, ovviamente, cibo, balli e birre che non devono mai mancare in un evento peruviano che si rispetti.
Aprodeh, che da anni collabora con tale organizzazione, non poteva tirarsi indietro. Cosí noi di “capacitación” (a quanto pare siamo il jolly dell’istituzione: dove manca personale che organizzi o aiuti in qualche modo, subentriamo noi!) ci incarichiamo di presenziare le serate di “gala”, di impartire corsi di Diritti Umani ai partecipanti dell’evento e di costituire due squadre istituzionali di calcetto e pallavolo.
La confederación campesina del Perú
La Confederación Campesina del Perù fu fondata l’11 aprile del 1947 come tentativo di unificare sotto una stessa federazione comunità contadine, braccianti e popolazioni indigene della selva, tutte con un comune denominatore rappresentato dalla lotta per una equa distribuzione della terra e delle risorse peruviane. L’obiettivo principale è quello di conquistare diritti, democrazia e sviluppo per il Perù rurale, che troppo spesso viene dimenticato dal governo centrale. Proprio per questo la grande battaglia di tale istituzione è stata fin dalla sua fondazione la cosidetta “lotta per la terra”, sia prima che dopo la riforma agraria. È grazie a questo fine comune, infatti, che si è riusciti ad organizzare mobilitazioni contadine di massa per porre fine all’abuso latifondista e a coordinare azioni che, dalla base della società, creavano una classe contadina unita e rafforzata. Negli anni’80 alla confederazione si incorporarono i comitati di “ronda”, le associazioni femmili ed i circoli di madri; successivamente, fu la volta dei “desplazados” (rifuggiati interni) e delle vittime della violenza politica. L’azione determinante della CCP risale proprio all’ultimo decennio, in cui si sviluppò un piano strategico per recuperare le terre possedute dalle grandi “hacendas” e per rompere così con il sistema feudale che da secoli aveva contribuido a creare una netta disuglianza sociale, dividendo la popolazione peruviana in “los que tienen frente a los que no tienen” (Quelli che hanno - beni mobili o immobili - da quelli che non hanno).
La tre giorni di eventi per celebrare l’anniversario
Il calendario per la celebrazione dei 60 anni di attivismo della CCP si sviluppa in tre giorni molto intensi. Il primo dedicato alla formazione dei dirigenti contadini, i quali, per alcune ore, vestono i panni di studenti per approfondire temi legati ai Diritti Umani, alla politica economica adottata dall’attuale governo e all’agricoltura.
Il giorno sucessivo è focalizzato su un dibattito costruttivo inerente al lavoro della confederazione nelle differenti provincie del paese. Dirigenti di Puno, Cuzco e Cajamarca prendono la parola: descrivono la situazione socio economica delle popolazioni contadine presenti nelle rispettive zone, esprimono preoccupazione riguardo al conflitto tra molte comunità campesinas e le imprese che gestiscono le miniere, commentano i risultati positivi conquistati negli ultimi anni e le numerose difficoltá che ancora persistono. Sono presenti due congressiste del partito nazionalista, l’ambasciatore boliviano in Perù ed altre personalità politiche peruviane. Il dibattito si fa interessante, in molti appoggiano il lavoro realizzato dalla CCP in questi 60 anni e suggeriscono strategie per superare le attuali problematiche del Perù rurale. Una delle idee ricorrenti, condivise dalla maggioranza, è di utilizzare come punto di partenza l’esempio dei “cugini”boliviani i quali, sotto la guida di Evo Morales, hanno fatto passi da gigante in termini di lotta per la terra e per l’affermazione della popolazione indígena. Al termine di ogni intervento tutti ripetono in coro “Causachu Perú! Causachu CCP!” (“Causachu” in Quechua significa “Viva”).
Nell’ultimo giorno i veri protagonisti sono lo sport ed i festeggiamenti. Aprodeh partecipa al campionato di calcetto e pallavolo, è l’unica squadra della capitale, per questo forse si costituisce una sorta di complicitá ufficiosa tra tutte le altre (tra le quali spiccano “los aceituneros” e una formazione di giovani della Selva centrale) con lo scopo di battere i “cittadini aprodhini”. Fortunatamente non ci facciamo intimorire e riusciamo a portare a casa la coppa del primo posto per il torneo di pallavolo.
La CCP vista e vissuta da me
Mi incantano i vestiti tipici di provincia, i colori, quel capo lievemente reclinato mentre eseguono una delle danze popolari folcloristiche, il volto della signora M. con una bocca che sorride e sembra che mi voglia un bene dell’anima nonostante non mi abbia mai visto prima. Che belle persone ho incontrato in questa istituzione! Ognuna con una caratteristica che la rende speciale:
- il signor J. dai mille volti: veste i panni del moderatore nella serata di gala con congressiste e dirigenti vari, nel torneo di calcetto avrebbe potuto vincere il premio come miglior portiere (arquero, come lo chiamano qua) e come arbitro, premio per il più... imbroglione.
- il signore di Puno (di cui non ricordo il nome, ma ho bene impresso il volto), fiero delle sue origini, nella festa ha sfoggiato un cappellino caratteristico della sua regione, buffo ai miei occhi perchè a malapena gli copriva la nuca.
- I signori di Piura mi sembrava che fossero leggermente in competizione fra di loro per conquistare la mia attenzione.
Che strano essere straniera qui! Gli altri mi guardano in maniera differente, alcuni continuano a pensare che noi europei, per qualche oscura ragione, custodiamo le verità, le risposte del mondo. Nonostante il colonialismo, l’attuale invasione economica con le nostre multinazionali, continuano a considerarci un modello, qualcuno di un altro livello che si deve ascoltare con maggiore attenzione. A volte questo atteggiamento mi mette a disagio, fortunatamente il mio capo non è così. Se dipendesse da lei credo che installerebbe una barriera nell’oceano per evitare qualsiasi tipo di “infiltrazione”. Per lei il sud ce la può fare da solo, è combattiva e non le fa paura lottare.
Torniamo alle celebrazioni: dopo il campionato tutti invitati nella sede principale della confederazione, situata nella piazza Bolognesi, per festeggiare. Un altro mondo: era come se conoscessi quella gente da una vita quando in realtà avevo solo partecipato per tre giorni ad alcuni momenti istituzionali e di gioco da loro organizzati. Le donne, nell’accogliermi, mi salutano con una intensità differente e mi fanno sentire a casa. Non so se sia tipico delle persone di provincia o se si tratti semplicemente di una differenza nel percepire il contatto personale: ad ogni modo è qualcosa che mi porterò dentro per un po’, così come custodirò in qualche angoletto del cuore la signora M. di Cuzco e la signora C. di Puno. Quest’ultima ha giocato a pallavolo con la sua “pollera” (gonna scampanata) e la maglia sportiva: “un chiste”!! (Una sagoma). Dava dei colpi alla palla così forti da intimorire noi avversari!
Alla festa ho ballato, ballato, ballato, nonostante con la salsa avessi seri problemi e il waino non sapessi neanche pronunciarlo. Tra una danza ed un piatto di Pachamanca (cibo cucinato sotto terra con pietre arrovventate), conversando con alcuni dei dirigenti presenti, ho raccontato che mio nonno era un “campesino” italiano e che mio babbo aveva lavorato molti anni in un sindacato per difendere i ditti dei contadini. Queste rivelazioni sono bastate a far sì che tutti nella sala vedessero l’europea non solo come la “gringuita flaquita”, ma come qualcuno più vicino a loro. Mi è piaciuto confrontarmi con questo tipo di persone, ascoltare i loro discorsi, le storie delle loro lotte per la conquista della terra e per la distribuzione equa delle risorse del paese. E ancora di più mi è piaciuto il fatto di aver trovato delle somiglianze con il “mio mondo”, somiglianze che ci rendono tutti un po’ cugini. (da provincia.ap.it)
Serena D’Angelo