Dopo un mese di silenzio, siamo senza parole!
2007-04-20 - E con oggi la cattura del medico Emergency Rahmatullah Hanefi, sequestrato dalle forze di sicurezza di Karzai durante l’operazione Mastrogiacomo, fa un mese. Dimenticato, voltato pagina? Certo che no. È che si aspetta, si valuta, tutte procedure insomma, si. Ma c’è tempo. Certo. Nel frattempo le imputazioni restano, e quelle al povero Rahmat, e quelle ad Emergency, accusata di fiancheggiare Al Qaeda e costretta ad una serie di mosse preventive: chiusura ospedali, ridimensionamento dell’opera, per non contare la paura di ritorsioni: mosse insomma che certo non avvantaggiano chi nel sostegno di un’organizzazione umanitaria pone il sogno e la speranza per un domani (dove domani non sta metaforicamente per “i prossimi cinque anni”, ma domani come “dimensione temporale delle prossime ventiquattro ore”). Ma perché nessuno parla? Ma perché D’Alema non parla? È passato un mese e alcuna dichiarazione ha tentato di porre un ALT a quelle affermazioni forse troppo diffamanti, che infangano peraltro non solo Emergency, ma tutto il paese, essendo Emergency un’Ong italiana. Ma perché Prodi non ha detto niente? Nulla, neanche una smorfia bonaria come solo lui. Neanche un sospirone di quelli suoi a rassicuraci. E Gino si incazza. E si, perché vuol dire, almeno agli occhi di noi poveri ignoranti ai teatri di retrobottega, che nessuno si muove, e nessuno dice niente. Aiutare il terrorismo, favorire il terrorismo…Emergency? Avevo, in un mio precedente articolo, fatto presente di non poter far altro che confidare nel nostro buonsenso, nella nostra umana predisposizione a credere che qualcuno di cui fidarci possa esserci a questo mondo italiano. Vero è che, obiettivamente, non si può escludere nulla, essendo come siamo tagliati fuori dal conoscere certe verità, e nemmeno dunque che anche il mondo umanitario possa essere ingranato anche lui in quel meccanismo disonesto di inganni e primi piani sdolcinati di povera gente su cui far soldi. Ma a star così ignoranti, sappiamo solo che quel Rahmat è nelle mani di un sequestro falso e menzognero che certo deve aver fini secondi (non sono un esperto di politica internazionale, dunque lascio a voi l’eventuale finale di un romanzo speriamo non troppo drammatico). E Gino si incazza. Ma si, perché da qualche parte ho letto giorni fa la classica ricetta del “lancio della pietra”, che equivale al chiedere aiuto e poi… Calza come esempio un po’, eh…?!Quello che comunque resta assurdo è come la diffamazione gettata sulla nostra organizzazione non riceva proteste. Capisco il silenzio per Rahmat, tanto chi lo conosce, ma almeno per un’associazione che, per le sue attività in tanto luoghi (Iraq, Sudan, Sierra Leone, Sri Lanka, Cambogia) dovrebbe rappresentare un motivo di orgoglio nazionale; ed invece, zero, muti, un silenzio imbarazzante. L’unica cosa (quel che è giusto è giusto) è che D’Alema ha chiesto, per l’operatore, un “processo rapido ed equo”. Tutti qui gli sforzi nazionali, l’impegno per la liberazione? E soprattutto di quale “processo equo” parla? Ma certo, del processo equo di un uomo arrestato (almeno fin’ora) senza che gli venisse rivolto alcun capo d’imputazione, senza che avesse ed abbia la possibilità di avere un avvocato, senza che insomma ci sia nulla di legale nella sua detenzione. Certo, tutto chiaro allora (magari un po’ meno chiara l’utilità dei 50 milioni di euro che il nostro governo finanzia per la cosiddetta costruzione del nuovo sistema giuridico afgano). La domanda finale di questo mio insipido punto di vista che certamente qualcuno avrà dato per ovvio, è: perché per Rahmatullah, verso il quale abbiamo peraltro un debito istituzionale e morale, il governo non si attiva? E perché non tenta di togliere Emergency da questo fango che sporca anni e anni di missioni umanitarie (di pace, queste si!). Nel frattempo mi viene in mente il Nanni Moretti di quell’Aprile in cui sgomento supplica a braccia larghe davanti ad un televisore: “D’Alema reagisci, rispondi, dì qualcosa…”. Boh.
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