IL PERU' DI SERENA
A Lima sta per arrivare l'autunno ma è ancora estate: la città fiorisce, e la gente pure./18
15/3/2007 Tornando a casa Lima d’estate é un’altra città: in realtá é quasi autunno secondo il calendario, ma il fenomeno del niño, che attraversa il Sudamerica quest’anno, ci regala sole e “calorcito” fino ad aprile. Almeno questo é quello che mi dicono i peruviani.
Nelle “combi” in estate tutto é un po’ piú complicato: tutti ammassati, schiacciati, appiccicati l’uno con l’altro, l’odore umano é forte nonostante i finestrini e la porta spalancati. Così, uscendo dall’ufficio, spesso mi capita di tornare a casa a piedi.
Attraverso la Municipalità di Jesus Maria. Tra le aiuole gruppetti di ragazzini giocano a rincorrersi, una palla rimbalza nei viottoli inseguita da scarpette sgambettanti: ultimi giorni di vacanza prima del rientro a scuola. In estate tutto è colorato, reale, vivo, è come se qualcuno avesse tolto dai quadri quella patina di polvere che li rendeva vecchi e poco attraenti. Con il grigio tante cose restavano nascoste, gli stessi volti delle persone sembrano più radiosi ora. Quando sono arrivata, in ottobre, i ragazzi avevano l’aria triste, perfino i cani avevano un’espressione sconsolata, chissà forse era solo suggestione o forse è vero che la gente cambia, e con la bella stagione si distende. Nella piazza San José c’è sempre tanto movimento: passeggini, ambulanti, lustrascarpe, mimi. In alcuni giorni della settimana c’e un’orchestrina che suona musica criolla: le coppie allora si lanciano in pista, sembra di assistere alle nostre festicciole di paese scandite dal ritmo di mazurca e valzer. Il mio sguardo sbircia per un po’ tra i ballerini, ma subito viene distolto dagli omini in giallo con il loro carretto: gelato! Il mio peccato di gola preferito. “Señorita quiere un heladito?” sapevo già dall’inizio della piazza che sarei caduta nel tranello, me la cavo con un cono e due palline di “lucuma”, un frutto che mi ha conquistato dal primo giorno. Ancora non capisco di cosa sa: un misto di caffè e caco: mmm…qué bueno!!! Scappo prima di lasciarmi convincere dalla signora dei ghiaccioli a prendere qualcos’altro.
Proseguo per l’avenida Repubblica Dominicana, da un’entrata minuscola si ha accesso al magico mondo del mercato comunale. Purtroppo non ho tempo per curiosare, così vado avanti fino all’angolo: due “esquinitas màs allà”: che strano, ora il linguaggio della strada mi sembra più comune, le parole cuadra (isolato) ed equina (angolo, incrocio), ripetute all’infinito dalle persone che mi davano indicazioni all’inizio già sono divenute parte del mio vocabolario. Questa zona è popolata dai cambisti: hanno una casacca con il simbolo del dollaro e dell’euro, ovviamente appena mi vedono, un po’ “gringhetta”, fanno a gara affinché diventi loro cliente. “Tengo solo soles”: un po’ delusi, mi lasciano proseguire. Arrivo in Garzòn, l’avenida dei parrucchieri e della manicure, sempre affollatissima. Un giorno o l’altro mi farò convincere dalle signorine fuori dai negozi a sperimentare un nuovo taglio peruviano: magari tra qualche mese, non sono ancora pronta.
Prima di arrivare vicino casa c’è un piccolo centro commerciale, il “Centro Bolivar”. Ogni volta che ci passo davanti sorrido: alcune ragazze, fuori dalla scala principale, invitano i passanti ad abbonarsi alla palestra dell’attico; altre, in camice, cercano di convincerli a farsi un’ecografia o un’analisi nella clinica del terzo piano. Qui si può vendere di tutto: incredibile! (da provincia.ap.it) Serena D’Angelo
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