IL PERU' DI SERENA
Un corso sui diritti umani si trasforma in un grande momento di socializzazione tra giovani peruviani/17
7/3/2007 - Succede in un castello È da un mese che stiamo preparando ed organizzando ogni minimo dettaglio del corso sui diritti umani che Aprodeh organizza ogni anno per ragazzi tra i 18 e i 30 anni residenti a Lima. Io, come tutte le volte che mi si propone qualcosa di diverso, un’alternativa alla capitale e all’ufficio, sono strafelice e pronta per il castello. Sì, avete capito bene: un CASTELLO, a picco sul mare per di piú! Un’atmosfera rilassante, perfetta per parlare di giustizia sociale e problemi del Perú. Partecipano 31 ragazzi e ragazze di Lima, tutti appartenenti ad un’organizzazione (è uno dei requisiti per essere selezionato). E’v buffo perché c’é un po’ di tutto: dal rappresentante della Chiesa di Gesú Cristo dei Santi dell’Ultimo Giorno ad INPPARES, organizzazione incentrata sui diritti sessuali e di riproduzione. (foto in alto, il gruppo di partecipanti) All’inizio tutti sono un po’ timidi: grazie ad un cartellino attaccato al collo, si inizia ad imparare i nomi. Molti li avevo trascritti io: ovviamente ci sono cognomi trasformati, accenti volanti, “pido disculpa”, correggo e via, pronti per questa “full immersion”! I temi sono interessanti, anzi sono i ragazzi ad essere interessati e curiosi. Bombardano i vari espositori con domande e commenti pertinenti, restano tutti sorpresi. Io per prima mi rallegro che tra i giovani ci sia un senso critico e di analisi politica cosí grande. Ovviamente non si puó generalizzare: se si pensa che qui molti ragazzi sono costretti a lavorare sin da piccolini, ci si rende conto che questo gruppo, che passerá 5 giorni a Chancay con il personale di Aprodeh, non è poi così rappresentativo della societá peruviana. L’importante è però che almeno loro, che hanno la possibilitá di frequentare l’università e che sono “leader” di alcune organizzazioni giovanili, diffondano delle idee costruttive. Un ampio dibattito si apre sul tema della pena di morte: il presidente peruviano di “Amnistía Internacional”, Ismael Vega, presenta numerose argomentazioni che dimostrano quanto questa misura sia poco efficace e come, sempre piú spesso, sedie elettriche e forche uccidano innocenti. Alcuni ragazzi sono favorevoli, altri si oppongono. L’ambiente si riscalda e alla fine si elabora una conclusione per cui per risolvere i problemi della violenza (una piaga nella societá peruviana) piú che il ripristino della pena capitale, sarebbe auspicabile un investimento statale nella giustizia e nel sistema penale. Mica male per dei ragazzini! Siamo in quattro di Aprodeh a coordinare il corso: Rocío, io, Diana dell’amministrazione e Lenin, un esperto in psicología sociale. È proprio quest’ultimo che si rivelerà la “pietra angolare” del taller. I ragazzi hanno finito per adorarlo, è divenuto, dopo solo 5 giorni, il loro eroe. Il segreto? Si chiama “biodanza”, una disciplina che mescola movimenti, musica ed emozioni: il risultato è unico. In realtá l’idea iniziale di Rocío era quella di creare alcune dinamiche per aiutare i ragazzi a rompere il ghiaccio e a distrarsi un po’ tra una lezione e l’altra, cosí da rendere il corso piú piacevole e meno pesante. L’idea poi si é trasformata ed ha assunto forma propria. “Con questo tipo di danza - ci spiega Lenin - si possono valorizzare diversi aspetti dell’essere umano, come ad esempio la sessualitá, l’affetto, la vitalitá”. Noi ci siamo soffermati soprattutto su affetto e fiducia reciproca. Lo so, spiegato a parole non rende molto, però è stato uno strumento fondamentale per i ragazzi: li ha aiutati a sciogliersi, a conoscersi gli uni con gli altri e a conoscersi. I timidi e i “machi” sono stati quelli che hanno sofferto di piú, molti esercizi erano di contatto fisico e a volte ci si trovava a disagio. È stato come dover imparar di nuovo qualcosa che si conosceva giá, ma che era nascosto sotto una vernice che a volte ci spalmiamo addosso per proteggerci (chissà da cosa poi…). (nella foto in basso, un momento della "biodanza") I ritmi sono stati serratissimi, a tal punto che non ho avuto molte opportunità per “disfrutar” castello e paesaggio. A volte nella “mañanita”, prima che gli altri si alzassero, sgattaiolavo giú in spiaggia e recuperavo energia e iodio per affrontare meglio la giornata. Anche per i ragazzi è stata dura. Per fortuna che il venerdí sera hanno avuto modo di sfogarsi un po’ con la “fiesta de despedida”, scandita da salsa e rrron!! (provincia.ap.it) Serena D’Angelo
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