03/12/2007 - La morte del soldato italiano a Kabul ha riproposto
all'opinione pubblica il problema delle missioni militari di
pace all'estero.
A parte l'altissimo costo economico di tali missioni (si
fanno tagli a Sanità e Scuola per pagarle), a parte le
caserme sul territorio nazionale sguarnite (con seri problemi
di ordine pubblico interno e sicurezza esterna) l'impiego di
militari italiani all'estero è assolutamente negativo ed
inutile.
Diceva un proverbio "chi sparte prende la parte" ed è ciò che
succede nel caso in questione.
E' pur possibile che la presenza di militari "estranei" sia,
li per lì, da deterrente alla violenza tra due o più fazioni,
ma ciò non è risolutivo e, sulla distanza, perde efficacia.
I nostri soldati "cronicizzano" i conflitti e rinviano, con
la loro presenza, sine die, la risoluzione dei problemi
locali.
Spesso le forze di pace (di pace ma armate fino ai denti),
sono in ostaggio dei signori della guerra locali,signori della
guerra che il nostro Governo blandisce con soldi e concessioni
perchè non sparino sui nostri ragazzi.
in questo quadro, di per sé negativo, spiccano come perle le
nostre missioni mediorientali.
Se ancora in Libano sulla saggezza del clero sciita di Hezbollah, ed in Iraq dobbiamo difendere i nostri interessi
petroliferi, in Afghanistan nessuna ragione logica spiega
perchè rischiare la pelle e soldi dove non siamo ben visti.
Dai tempi di Alessandro Magno tutti quelli che volevano
impadronirsi dell'Afghanistan ne sono usciti con le ossa
rotte.
L'Afghanistan ha una importante posizione geostratecica ma,
al tempo stesso, una conformazione geografica fatta di alte
montagne e valli boscose che ne impediscono il controllo da
parte di estranei.
Inglesi, Russi, Sovietici, ed ora Occidentali non hanno
tenuto conto di un popolo guerriero, di gente che ti spara
solo per aver guardato con interesse una donna.
L'incaponirsi a voler normalizzare gente che va in giro con
il Kalasnikov come noi portiamo a spasso il cane, ha in sé,
qualcosa di illogico ed irrazionale.
Le forze internazionali in campo stanno ripetendo gli stessi
errori degli Americani in Vietnam.
Come i berretti verdi USA a Saigon, le forze occidentali
usano la stategia del bastone e della carota : si costruiscono
scuole e strade per poi bombardare gli utenti di dette scuole
e strade.
Così facendo si alimenta la spirale dell'odio e della
vendetta, odio e vendetta che per un buon musulmano (e gli
Afgani sono degli ottimi musulmani) sono sacri doveri.
Ci siamo insomma impelagati in una strada senza uscita e senza
senso, e le nostre ben pagate truppe d'elitè sono in balia di
qualsiasi fanatico pronto al martirio.
Cosa fare allora?
Favorire una riconciliazione nazionale tra le varie fazioni
ed etnie afgane, compresi i Talebani, non foss'altro che per
spezzare il compatto fronte antioccidentale.
Può sembrare ovvio, ma di questa guerra hanno vantaggio solo
i fabbricanti di armi ed i mercanti di oppio, tanto che spesso
le armi si pagano in "contanti" di droga.
* Nuovi Esistenzialisti a San Benedetto