Dossier a cura di Alessandro Corvino
Quale futuro per il processo del lavoro?L’attenzione che i nostri lettorihanno dedicato ai dossier sulprocesso del lavoro, i ricchi contributiche ci sono pervenuti e la partecipazioneal convegno organizzato dal Centro Studi“Marco Biagi”, lo scorso 19 dicembre aRoma, dimostrano come la questione siaestremamente viva.Non si tratta, cioè, soltanto di ritocchiformali ai cavilli procedurali, ma di modifichealla sostanza dei rapporti di lavoro.Si confrontano, invero, idee sull’atteggiarsidei rapporti di lavoro diametralmentediverse.Basta confrontare le norme iniziali deidisegni di legge per coglierne le rispettivepriorità: con il disegno di legge “Salvi– Treu” si ritoccano le procedure relative,in particolare, alle cause aventi adoggetto recessi e trasferimenti inasprendole sanzioni nei casi di licenziamentiillegittimi; il disegno di legge “Sacconi” siapre invece con una norma che limita ilcontrollo giudiziale all’accertamento della
sussistenza dei presupposti chelegittimano le scelte delle parti,evitando che il giudicante possasindacare anche le decisioni dimerito delle stesse.Ma di quali modifiche ha realmentebisogno il contenzioso del lavoro?La premessa è che la tanto discussa“lentezza” del processo è, innanzitutto,tutta da verificare, se èvero – come è vero – che, in moltiTribunali, anche a fronte di uncontenzioso pure assai elevato, itempi di risoluzione delle controversiesono tutto sommato limitati:l’esempio del distretto di Torino,dove, in media, una causa èrisolta in 173 giorni e vengonorisolti più di 6.000 procedimentiall’anno, è emblematico; e i datiIstat, se analizzati con riferimentoai singoli uffici giudiziari e non solonella loro globalità, riportano larealtà di numerosi distretti, dovele controversie lavoristiche vengonoconcluse in tempi accettabili.Ciò vuol dire, allora, che se l’apparatogiudiziario è ben organizzato,la procedura dettata dagli articoli409 e seguenti del codice di procedurapuò funzionare e non habisogno di modifiche strutturali.D’altro canto, secondo le regoledettate dal codice di procedurauna causa di lavoro dovrebbe risolversiin un paio di udienze; laverità è che spesso il comportamentodegli avvocati e dei magistratifinisce per snaturare la procedurapropria delle cause lavoristiche,con continue richieste diconcessione di termini e di depositodi note scritte secondo l’iterproprio delle cause civili generiche.Al limite, come gli “addetti ai lavori”segnalano nei contributi pubblicatiin questo dossier, necessitanodi aggiustamenti alcune procedureparticolari, come ad esempio quellelegate al recupero dei crediti dilavoro e quelle legate alle causeprevidenziali, specie quelle“seriali”.L’anomalia non è dunque rappresentatatanto dalla durata dei processi,ma piuttosto dell’alto numerodi casi nei quali le parti si rivolgonoal giudice.Ciò palesa, da un lato, il fallimentodelle procedure conciliative relegateal solo tentativo obbligatorio diconciliazione, visto dalle parti comeun inutile fase prodromica dellacausa: è dunque tempo di pensarese anche le vertenze lavoristichepossano essere proposte,come quelle civili in genere, anzichéalla Magistratura, alla risoluzionearbitrale non impugnabiledalle parti, davanti a arbitri sceltiliberamente.Per altro verso, l’elevato contenziosoè spesso radicato nel momentostesso della formazionedella volontà contrattuale: la sceltadi un contratto “sbagliato” sirisolve in controversie sulla qualificazionedel rapporto, il più dellevolte instaurate dopo la sua risoluzione.Da qui l’opportunità che –sin dal momento genetico – leparti si rivolgano ad organi terzied imparziali che le assistano eprestino consulenza in merito allascelta del contratto più consonoalle modalità in cui la prestazionedeve svolgersi, e, infine, certifichinol’accordo.La verità è che se il contenzioso èelevato, l’attenzione non andrebbefocalizzata sul processo con cui lecontroversie vengono trattate,bensì sulla necessità di regole sostanzialipiù semplici e flessibili,capaci di attenuare la distanza trai contesti giuridici e contrattualiesistenti, da un lato, e le realtà delmondo del lavoro, dall’altro.È l’impegno che ci impone l’Europacon il Libro Verde: modernizzare ildiritto del lavoro per risponderealle sfide del XXI secolo.
Alessandro Corvino
Avvocato del Foro di Bergamo
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