IL PERU' DI SERENA
La prima parte di un avventuroso viaggio verso l'Equador/29
30/6/2007, Il mio viaggio in Ecuador
In queste settimane sono “full chamba”, come si dice qua, con “questa gerga” (gergo) che sta diventando sempre più un miscuglio tra inglese e linguaggio di strada. Tante attività da organizzare, riunioni da coordinare e il tempo libero diventa sempre minore, mentre la voglia di scappare dalla capitale e dal suo caos diviene quasi una necessità che per il momento dovrà aspettare.Viaggerò un po’ con la mente, tuffandomi nei ricordi di un viaggio “avventuroso” fatto nella settimana di Pasqua che avevo lasciato in un angolino e che ora con piacere torno a rivivere.
A causa del mio visto da turista che scade ogni tre mesi, ad aprile dovevo uscire dal paese per poter finalmente conquistare il tanto atteso visto lavorativo di un anno. I tempi burocratici sono sempre più lunghi del previsto! Con un’amica, Giuditta, che aveva il mio stesso problema, abbiamo deciso di andarcene al nord e varcare la frontiera per conoscere il vicino Equador. Doveva essere un viaggio per rilassarci, approfittare della spiaggia di Guayaquil e goderci il sole, che lassù non manca mai. Ovviamente i progetti sono stati stravolti e decisi dalle circostanze che hanno reso tutto un po’ più movimentato.
La responsabile del primo intoppo è la sottoscritta, che aveva scelto Guayaquil (a detta di molti “hermosa ciudad equadoregna”) come città per sbrigare le pratiche del visto. Il lunedì mattina ci aspettavano nell’ambasciata peruviana per consegnarci l’agognato documento, così che abbiamo pensato di arrivare il sabato per approfittare delle spiagge decantate in Internet. Dopo 28 ore di bus, siamo giunte in una cittadina afosa, popolata da immensi grattacieli, lontana dal mare centinaia di km!
Recuperate le energie e digerita la delusione siamo scappate nella località marittima più vicina. Montañita ci ha accolto in tutta la sua atmosfera bohèmien: chalet ben curati, palme dappertutto, surfisti. L’aspetto più caratteristico è la moltitudine di europei che la popola. È ancora più curioso se si pensa che non sono turisti bensì persone che, col tempo, sono rimaste a vivere qua ed hanno aperto la propria attività: il bar Hawaii di un tizio veneto, una ragazza francese che vendeva collannine e pendagli in spiaggia. Tutto sembrava surreale. Abbiamo socializzato subito con un gruppo di peruviani in vacanza che cercavano a tutti i costi di convincerci a restare per la festa del venerdì Santo. La tentazione era molta però in ambasciata ci aspettavano il giorno seguente e da lì avevamo deciso di proseguire e visitare Cuenca, considerata il gioiellino della sierra equadoregna. Nel tragitto per la sierra, una frana ci sbarra il cammino, e restiamo bloccate ore in strada senza poter fare nulla. Ecco che cosa scrivevo nel mio diario:
2 aprile 2007 Siamo in Ecuador bloccati da un’ora e mezza. Dovevamo andare a Cuenca, volevamo conoscere la sierra equadoreña, non abbiamo fatto i conti con il clima, siamo in piena stagione delle piogge e nessuno ci aveva avvisate. Lo scenario è assurdo: ci troviamo in una curva piena di melma, con l’acqua la montagna si sta sgretolando a poco a poco. Prima di arrivare avevamo superato altri smottamenti e tutto sembrava regolare. Questo però era diverso dai precedenti ma l’autista non se ne è accorto. Siamo passati impavidi con il sottofondo di un film con Bruce Willis protagonista, uno di quelli in cui lui è il più forte di tutti e salva il mondo e sconfigge i cattivi. Lui ce la fa e noi no. Il film termina e noi ci ritroviamo in mezzo alla strada impantanati. Alcune pietre giganti impediscono il passaggio, l’acqua fa il resto. Per fortuna riusciamo a retrocedere, dietro di noi si forma la coda, dall’altro lato lo stesso scenario. È il momento dei tentativi: pickup, macchine”4 per 4” ed altri mezzi provano a superare la curva senza successo. Intanto scende il buio, passa un’ora e mezza e nessuno fa nulla, nel nostro bus nessuno si lamenta, tutti aspettano tranquilli. Io e Giuditta siamo in infradito, vestite da mare: fuori la melma arriva alle ginocchia, non voglio pensare come farò se dovremo scendere. All’improvviso un autobus a tutta velocità viene nel senso opposto, si impantana. L’autista si è avventurato come un pazzo, riesce così a castrare tutte le speranze di poter sbloccare la situazione. Le ore passano. Alcuni signori scendono a piedi nudi, con una cinghia cercano di tirar fuori l’autobus dalla melma. Sembra di essere in un film: prima dei signori che spostano massi a mani nude, ora questi tre personaggi che giocano al tiro alla fune con un autobus pieno di passeggeri. Se fossimo stati in Italia, grida ed improperi avrebbero animato l’atmosfera, qui invece nulla. Nella loro mentalità tutto prima o poi si risolve. Questo spirito latino un po’ fatalista è, a volte, una risorsa importante per non perdere la pazienza.
Un camion di banane ci sorpassa a tutta velocità, si pone nel mezzo e con un gancio metallico riesce a trainare il bus bloccato, lasciando vuota la strada. Per fortuna che arriva la “pala”(ruspa) e libera la “carretera” dalla melma.. Finalmente riprendiamo il viaggio illuminati dalla luna, che in Sudamerica è al contrario (quaggiù la luna sorride, me ne sono accorta dopo 7 mesi!). Serena D’Angelo
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