Willard Grant Conspiracy “Pilgrim Road”
Etichetta: Glitterhouse Brani: Lost Hours / The Great Deceiver / Jerusalem Bells / The Pugilist / Phoebe / Miracle on 8th Street / Painter Blue / Malpensa / Water & Roses / Vespers Produttori: Robert Fisher & Malcolm Lindsay
Monocromo e monotono, così appare sin da subito “Pilgrim Road”, per lo meno a chi aveva ancora in testa il rock di “Let It Roll” e, in particolare, della vertiginosa title-track. Nel nuovo album della sua carovana di musicisti, Robert Fisher insiste su un approccio dimesso e fin troppo classico. E’ un disco, questo “Pilgrim Road”, che potrebbe appartenere tranquillamente tanto agli anni Settanta quanto ai Novanta della moda unplugged, con il pianoforte sempre in primo piano, il violino di Josh Hillman a infondere classe e un senso di scuro e ineluttabile cammino attraverso il dubbio che lo permea in toto. Musica da camera, su cui la voce di Fisher si staglia con tutta la sua gravità, in cui la fede si infiltra con tutti i suoi interrogativi, fino all’ultima incontrovertibile ammissione quando, in Vespers, Dio appare perso in via definitiva se la quartina che apre e chiude il pezzo dice così: «there’s a road that I can’t go back on/Lord, won’t you show me a way/I’ve saved myself just to sin again/I’ve lost you along with my faith». Nessuna canzone che possa dirsi brutta, la sacralità di ogni momento è tale da ricacciare in bocca qualsiasi critica pronta ad essere buttata fuori, ma lasciarsi coinvolgere è un’impresa ardua anche per chi è abituato a queste sonorità di frontiera. Alla fine il pezzo che rimane addosso è la cover degli American Music Club, Miracle on 8th Street. Tra le composizioni autografe, la bucolica The Great Deceiver, in cui a dettare con Fisher c’è la voce immacolata di Iona Mac Donald, è forse di una spanna superiore alle altre. Un disco sentito e sincero, che conferma i Willard Grant Conspiracy come una delle migliori band dell’alternative folk, una band capace come poche di trattare la propria musica con sacralità, pura e incorruttibile, ma monotona e ferma nella propria classicità.
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