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"Grinderman" (Mute, 2007) |
Grinderman “Grinderman”
Etichetta: Mute Brani: Get It On / No Pussy Blues / Electric Alice / Grinderman / Depth Charge Ethel / Go Tell The Women / (I Don’t Need You) To Set Me Free / Honey Bee (Let’s Fly To Mars) / Man In The Moon / When My Love Comes Down / Love Bomb Produttori: Nick Launay & Grinderman
Nel 1997, alla soglia dei 40 anni, Nick Cave aveva dato alle stampe “The Boatman’s Call”, il suo album più distante da tutto ciò che di ruvido aveva sempre albergato nelle sue note, interamente sostenuto dal pianoforte, al massimo con discreti interventi di hammond e violino. Il prossimo settembre le candeline saranno 50 e con Grinderman il nostro si riappropria del ruolo di maudit con l’autorità di chi per un intero decennio – gli Ottanta – ha concesso il suo volto a simbolo del rock tossico tutto. Le canzoni di Grinderman sono dirette e tese come era stato annunciato e come No Pussy Blues, che ha anticipato di un paio di mesi l’uscita dell’album, aveva lasciato intuire. Proprio la grandiosa No Pussy Blues (quattro minuti e mezzo di lamenti vocali e chitarristici attorno al tema del desiderio non soddisfatto o, per dirla come si deve, della tipa che non la dà nonostante i mazzi di fiori, nonostante le canzoni, nonostante le si chieda tutto fuorché appendere il cartello “closed” sopra il suo organo sessuale) può essere presa a simbolo di un disco in cui Nick Cave dà vita ad una scrupolosa decostruzione del rock-blues e ad un primitivo riassemblamento dei singoli elementi. Decostruzione e riassemblamento alla maniera della Jon Spencer Blues Explosion. Ma se il primitivismo di Spencer può far pensare alla follia di un raptus omicida, quello di Cave ha l’inquietante precisione di un serial killer. Get It On, Grinderman, Depth Charge Ethel sono pezzi che si reggono su parti scheletriche di Stratocaster (alla chitarra c’è, novità assoluta, lo stesso Cave), sul drumming ossessivo di Jim Sclavunos e sulla voce – urlante o salmodiante – che non manda mai a dire le invettive e i lamenti di Grinderman. Insomma, dentro i 40 minuti del disco ci sono undici pezzi di blues selvaggio e velenoso. Non mancano alcuni passaggi di elettricità sonica, come nelle serrate Honey Bee (Let’s Fly To Mars) e When My Love Comes Down, più rutilante la prima, cupa e oppiacea la seconda. E non mancano momenti in cui la tensione si smorza, nel quasi tropicalismo di Go Tell The Women (con versi che ribadiscono in modo inequivocabile il senso del disco: «all we wanted was a little consensual rape in the afternoon/and a bit more in the evening»), nei toni elegiaci di Man In The Moon, e nella rarefatta e allucinata Electric Alice, che nelle parole dello stesso Cave «è una canzone sulla memoria, sulla perdita e sulla pioggia d’argento» e un omaggio agli amati Larry Young e Alice Coltrane. Forse è proprio da qui che si deve partire per cercare di indovinare la direzione del Nick Cave che verrà.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 17 Mar 2007 alle 12:50 |
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