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Molo Sud

Il porto di San Benedetto

di Gabriele Cavezzi*

02/02/2008 - Il recente richiamo fatto dal consigliere comunale di San Benedetto del Tronto, Marco Lorenzetti sulle condizioni di insabbiamento del porto, ha riproposto all’attenzione della pubblica opinione un problema vitale per la funzionalità della struttura che, in quanto irrisolto, sta diventando di dimensioni temporalmente inaccettabile. Ormai non si tratta più di riproporre periodicamente la questione per rimuovere i depositi sabbiosi ma di dare un assetto strutturale duraturo per la pluralità dei compiti che il nostro porto è chiamato ad assolvere.
Occorre dire apertamente come stanno le cose e come vengono quotidianamente confermate dagli operatori che hanno fruito o continuano a fruire di approdi. Il porto di San Benedetto è stato progettato e costruito inizialmente in modo errato ed in modo altrettanto errato è stato successivamente ampliato nei bracci che si protendono sul mare. La sua apertura verso nord ovest, oltre ad essere di qualche ostacolo all’ingresso in momenti di tempesta, è motivo di ingresso di materiali di riporto. Tutti gli studiosi di geologia marina sanno che le correnti costiere dell’Adriatico hanno un andamento antiorario per cui l’acqua, qui da noi, tende a scorrere da nord verso sud e questo maggiormente quando siamo in presenza di turbative ondose. Tutti sanno, altresì, che la costa Picena si è formata nel tempo per gli apporti fluviali e torrentizi in periodi più o meno invasivi, a secondo della tenuta dei suoli retrostanti e di quanto avveniva in materia di lavori agricoli o comunque di modifica dei suoli. Tutti sanno, e quindi possono trovare conferma di ciò, che le foci dei corsi d’acqua dall’Aso al Tronto avevano un andamento nord-sud, sino a quando non furono fatte le rettilinearizzazioni nell’800: basta consultare le cartine topografiche della prima metà del XIX secolo e verificare come l’Aso, il Tesino, l’Albula ed il Ragnola sboccassero sulla costa qualche centinaio di metri più a sud, proprio per questo andamento delle correnti marine che favorivano il formarsi di accumoli di materiali e quindi di cuspidi deltizie spostate a destra rispetto all’andamento che il corso d’acqua aveva a monte.
Ovviamente ci sono stati altri fattori, insiti nei fondali e nella tipologia dei materiali di riporto, soprattutto nelle tecniche di contenimento finalizzate all’attività agricole ed alla realizzazione dei primi insediamenti, che hanno condizionano le evoluzioni nel formarsi della costa, ma sempre gli apporti hanno avuto questa prevalenza di direzione
In una recente trasmissione televisiva della RAI, dove ero stato invitato per una intervista - che poi si è realizzata in prossimità della punta del molo nord – mentre la conduttrice stava invitando la barca con altri protagonisti della puntata ad avvicinarsi alla banchina dove erano gli operatori con le telecamere, intervenni rapidamente affinché la barca non si fosse avvicinata, evitando così il rischio di arenarsi, facendo osservare il fondo sottostante alla punta del molo pressoché totalmente insabbiato. La signorina evidentemente sorpresa mi chiese quali fossero le cause del fenomeno ed invitò uno degli operatori a riprendere lo specchio d’acqua in questione. Io dissi la mia, come dissi di altre cose su cui fui interpellato, poi mi accomiatai.
C’erano tanti amici che sapevano di questa intervista e che attendevano in TV la mia comparsa il giorno della messa in onda della trasmissione. Ma né io, né quei fondali sono mai apparsi alla RAI, pur essendo stati trattati e ripresi. Sarà stato il poco peso dato all’argomento o forse la sua scabrosità? Saranno state le cose di poco conto che ho detto io? Fatto sta che l’insabbiamento del nostro porto, come notizia e come immagine, quel giorno subì una censura. E’ stato insabbiato più di quanto faccia la sabbia vera.
Noi non dobbiamo fare altrettanto, rimuovendo il problema con soluzioni provvisorie. Il porto è un elemento determinante nel futuro della città e come tale merita un’attenzione collettiva e lo studio di soluzioni efficienti e durature. Bene ha fatto Lorenzetti a ricordarcelo.

*presidente dell’Istituto di Ricerca delle Fonti della Storia Marinara Picena


 Redazione 

Editoriali

 Articolo letto 2315 volte. il 02 Feb 2008 alle 21:02
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