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Gomorra

Quel vizietto italiano sulla pubblica ammirazione

PARTE 1. A BREVEVITA E' PERVENUTA QUESTA LETTERA

Il valore della verità e quel vizietto italiano sulla pubblica ammirazione
-Ieri alle 0.00-
Roberto Saviano ha parlato il 25 marzo scorso, in prima serata su Rai Tre, tenendo incollati allo schermo 4.561.000 telespettatori. Un vero e proprio record da Grande Fratello (anche meglio). Un’ora di monologo sui rapporti tra camorra e informazione, con l’analisi dei titoli “faziosi” delle testate locali casertane, mezz’ora d’intervista in cui il giovane scrittore proclama deliberatamente di voler “essere un’operazione mediatica”, rispondendo così a viso scoperto a chi lo accusa di essersi arricchito in modo illegittimo e infine salotto a tre, in compagnia degli autori Paul Auster (Trilogia di New York) e David Grossman (Qualcuno con cui correre) sul fenomeno Gomorra, divenuto ormai un vero e proprio caso letterario di portata mondiale. “Ritorna la tv dell’impegno” si legge sui giornali e ripartono le polemiche, in un botta e risposta che interessa mezza Italia, il nord, soprattutto.

A Che tempo che fa Saviano sottolinea per ben tre volte il coinvolgimento di Parma nella rete della Camorra, assieme ad altre grandi città italiane. Al centro degli interessi di Pasquale Zagaria e il fratello Michele, la città ducale è una delle principali sedi della mafia del cemento voluta dai casalesi per il riciclaggio del denaro sporco. Lo provano i fatti. Ma al Prefetto di Parma, Paolo Scarpis, le cose che dice Saviano non piacciono, “sono sparate di una persona che sta a 800 chilometri di distanza”, racconta oggi ai giornali, e afferma che nel parmense “non ci sono indagini di questo tipo”.

Vale la pena di ricordare che nel giugno del 2006 un’inchiesta del Pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Raffaele Cantone, ha portato al sequestro nella provincia parmense di beni per un complessivo di 40 milioni di euro. Pasquale Zagaria detto “Bin Laden”, condannato in primo grado ad 8 anni e 10 mesi, avrebbe creato una sorta di ponte nella zona di Parma per acquisire immobili di prestigio nell’intera area dell’Italia settentrionale, immobili che venivano ristrutturati e poi rivenduti. In questo modo i colletti bianchi mettevano in circolo l’economia emiliana, a discapito di quei soldi che la Camorra estorce alla gente del Sud. Per non parlare delle condanne emesse dalla Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere sul crack finanziario della Parmalat di Calisto Tanzi, un totale di 47 anni di carcere, in cui spiccano i nomi di Michele Zagaria (15 anni) e Francesco Schiavone detto “Sandokan”.

Insomma, ce n’è abbastanza per dubitare della buonafede del Prefetto Scarpis e considerare quelle di Saviano qualcosa di più di semplici “sparate” sensazionalistiche. Nei prossimi giorni continuerà questo tam tam, da una parte e dall’altra si ergeranno sostenitori che tenteranno, ancora una volta, di nascondere il valore della verità, confondendolo e confondendoci. Giusto o sbagliato, prevarrà la logica degli ascolti: chi ha la percentuale di share maggiore vince. Se fosse questo il valore assoluto della verità, oggi Roberto Saviano avrebbe di certo la meglio. Ma il vizietto italiano che induce a criticare qualunque cosa diventi “oggetto di pubblica ammirazione”, dilaga nei media e condiziona le opinioni della gente. Così si regola il consenso, e la verità assume un valore relativo. Se invece ci attenessimo al dato, puro, se sfuggissimo da ogni giudizio e condizionamento e ci limitassimo a valutare la realtà sulla base di ciò che è e non ciò che dovrebbe o potrebbe essere, se le critiche non fossero volte a distruggere ma a costruire, la verità affermerebbe il suo primato. E l’informazione, in questo Paese, pure.

28-03-2009
NTG

PARTE 2. CHE ABBIAMO COMMENTATO COSI'

Secondo me Scarpis non è in malafede. È invece un caso emblematico di grande cinema italiano. Un copione magari già visto, ma che una volta di più ci aiuta a capire i meccanismi della Connivenza Non Manifesta. Non Intervento. Non Espletamento Della Mia Funzione Pubblica. Sono tutti film a cui abbiamo assistito. Famosi classici italiani candidati all’Oscar : splendide interpretazioni fatte di favoreggiamenti non plateali, connivenze morbide, ufficialmente ascritte a biasimo e sottobanco tollerate. Si perché dietro al paravento della superficie integerrima poi nella realtà quotidiana DEI FATTI prevale la logica del “sotto sotto ci conviene, in fondo questi i morti li fanno solo a Napoli caspita, qui ci smuovono l’economia”. Come la vogliamo chiamare? Una geniale interpretazione nel ruolo dello “gnorri”? Come lo vogliamo chiamare un italiano al giorno d’oggi? Come la vogliamo chiamare questa cosa? L’illustrissima signora Italia, non più così bella, è candidata per il 65° anno consecutivo al ruolo di fotocopia sbiadita di sé stessa. Ma i monumenti stanno cadendo. Le spiagge sono inquinate. E i bambini si ritrovano i Rottweiler fuori dalle porte delle loro case.

Brevevita

 Redazione 

Editoriali

 Articolo letto 3144 volte. il 30 Mar 2009 alle 17:03
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