L'Etiopia di Francesca
I matrimoni delle ragazze minorenni: una piaga che il Paese non riesce ad estirpare, una tradizione troppo radicata / 23
04/04/2008 - È la seconda volta che sono invitata a un matrimonio da quando sono qui a Moyale: come la prima, lo sposo è un mio collega e la moglie molto giovane e… minorenne. Le strade di Addis Abeba sono tappezzate in questo periodo di manifesti che scoraggiano il matrimonio precoce, cioè quello delle minorenni, e di altri che invece incoraggiano le famiglie a mandare a scuola le bambine e le ragazze. In quelle stesse strade il mio collega camminava due settimane fa in cerca degli abiti tradizionali da regalare alla giovane sposa e alla sua famiglia.
Lei, una volta maritata, smetterà di lavorare nel negozio di famiglia perché non apparterrà più alla sua famiglia d’origine ma a quella del marito e non andrà neanche più a scuola (lei ha finito l’equivalente della nostra prima media) per evitare che i compagni di classe la prendano in giro: qui infatti le donne sposate o addirittura incinte non sono ben viste negli istituti scolastici. Mi hanno raccontato di certe università per accedere alle quali è richiesto alle ragazze il test di gravidanza.
A sposarsi è stato il mio dirimpettaio di scrivania, un mio coetaneo laureato in una cittadina sugli altipiani, abituato a lavorare per ONG internazionali: quindi un ragazzo moderno, con cui riesco davvero a parlare di tutto, anche di argomenti che non avrei creduto di poter discutere con ragazzi africani e musulmani. Ma la sua vita privata è regolata da procedure decise dalla sua comunità di appartenenza e sono sentite come proprie e come le uniche possibili da seguire se si vuole essere rispettati e felici.
Per la scelta di sposare una ragazzina, lo sposo è stato criticato da altri nostri colleghi, inclusi quelli musulmani: uno di loro mi ha detto che se mai qualcuno dovesse chiedere la mano di sua figlia quindicenne, si arrabbierebbe moltissimo. Ho chiesto allo sposo come mai non abbia scelto una donna con cui condividere esperienze e crescere insieme e mi ha spiegato i tre criteri con cui si sceglie una moglie: il primo è il comportamento della sua famiglia (se i genitori sono ospitali lo sarà anche lei), il secondo è la verginità (e la giovane età della sposa ne è garanzia), il terzo è la bellezza esterna e interna, cioè il modo di comportarsi (ad esempio, se è gentile ed obbediente). Gli ho anche fatto notare che il matrimonio potrebbe essere un evento troppo precoce per lei, ma lui ha risposto che la ragazza ha acconsentito (non ho mai assistito infatti a matrimoni imposti) e che nella sua cultura la giovane età delle spose è ben vista. Io però credo che, per la giovane età, i pochi anni scolastici, il poco tempo per decidere, le aspettative del suo contesto familiare e comunitario, la ragazza non abbia avuto i mezzi, soprattutto intellettuali, per fare una scelta consapevole. Inoltre, come capita anche da noi, il matrimonio è un sogno adolescenziale: il vestito, le foto, i lunghi e gioiosi festeggiamenti…
Gli ho anche chiesto se lei porta il velo: “Certo – mi ha risposto- ma non quello lungo che copre anche il viso”. Mi hanno raccontato però che i neo mariti spesso chiedono alle spose di mettersi proprio quello lungo: “Non lo farò” ha assicurato.
Un altro mio collega, parlando dei matrimoni a Moyale, mi ha preso in giro dicendo che in Italia le donne si sposano gratis. Ho risposto che in Italia le donne non ricevono soldi per sposarsi e che per molte di loro ciò equivarrebbe a venir comprate perchè questo significherebbe che su di loro un uomo può decidere. Ho spiegato che da noi si cerca di relazionarsi all’interno della coppia in modo paritario e ho aggiunto che secondo me qui a Moyale, quando l’uomo paga si sente anche legittimato a decidere per sua moglie. Se lei ha ricevuto dei soldi, si sente psicologicamente tenuta ad obbedire, tanto più se mantenuta in stato di ignoranza, anche a causa del mancato accesso all’istruzione. (da provincia.ap.it) Francesca Bernabini
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