Gent.mo Direttore,
non avendo trovato uno spazio a cui inviare una riflessione in merito all’articolo vengo a scriverLe direttamente.
Sono un tecnico della provincia di Siena e come Meconi sono anch’io indignato dall’assalto all’ambiente in genere più che al paesaggio che stanno perpetrando i nostri amministratori.
Si badi bene, più per la loro necessità dell’apparire e dell’accontentare i propri elettori che – forse – per altri fini.
Vorrei lasciare una riflessione sulla denunciata responsabilità della vincolatività degli oneri di urbanizzazione quale causa della cementificazione delle colline o del territorio in genere.
Ciò che dice Meconi è vero, ma in parte inesatto.
E’ inesatto – e qui lo invito ad accertarlo perché se fosse come penso, il Meconi prenderà nuova linfa vitale per le proprie denunce – perché non è vero che i proventi degli oneri di urbanizzazione non sono più vincolati.
La questione è un poco più complessa di quel che lui espone nell’articolo e scende nell’aspetto tecnico dell’urbanistica.
Come gli operatori tecnici del settore sapranno, i permessi a costruire – alla pari delle precedenti concessioni edilizie – non possono essere rilasciati se non esistono o non vengono eseguite (direttamente dal soggetto attuatore o dal comune) le opere di urbanizzazione primaria (art. 12, comma 2, del Testo Unico DPR 380/2001 così come art. 31 della legge n. 1150/1942).
In più, il D.M. 1444/1968 che dà prescrizioni ai comuni per la redazione dei piani regolatori obbliga i comuni stessi – in tutti i casi di nuovi insediamenti (sia residenziali – ovverosia nuovi abitanti – sia produttivi – ovverosia nuovi negozi, fabbriche, uffici, alberghi, ecc.) a reperire spazi per l’urbanizzazione primaria e secondaria in misura minima predefinita.
I comuni possono aumentare lo standard (senza eccessi), ma mai diminuirlo.
Ne consegue che, in presenza di strumenti urbanistici approvati all’indomani del D.M. 1444/1968, per costruire o aumentare il carico urbanistico anche con interventi di mutamento di destinazione d’uso che comportino maggiorazioni degli standard indicati non è possibile rilasciare permessi a costruire (licenze edilizie, poi concessioni edilizie, ora permessi) se non esistono o vengono realizzate (dal comune nei tre anni successivi) oppure dagli stessi privati (contestualmente all’edificazione) le opere di urbanizzazione primaria.
Le opere di urbanizzazione primaria sono: reti idriche, gas, elettriche, ecc., verde pubblico attrezzato, spazi pubblici di parcheggio, ecc.
Se tali opere non vengono eseguite, di diritto sono abusive le costruzioni realizzate e perseguibili per abuso d’ufficio i dirigenti che hanno rilasciato gli atti.
L’aspetto è tanto più grave se si considera che – come ha detto costante giurisprudenza del Consiglio di Stato – gli oneri di urbanizzazione costituiscono il pagamento di un corrispettivo all’amministrazione pubblica per le opere che deve fare oppure un rimborso per le spese sostenute per la loro realizzazione.
Ovviamente – per quelle già esistenti – bisogna che tali opere siano adeguate anche per le nuove volumetrie o superfici che se ne serviranno (ovverosia non intacchino lo standard minimo previsto per legge), altrimenti ne devono essere costruite di nuove.
Se i comuni non adeguano o costruiscono le opere di urbanizzazione necessarie ai nuovi insediamenti, ecco che si potrebbe concretizzare la truffa ai danni della collettività perché per favorire i nuovi interventi (e di conseguenza la possibilità ai soggetti attuatori di lucrarci) gli abitanti già presenti sul territorio si vedono privare dei servizi pubblici minimali di cui già ne usufruivano nella giusta misura.
Questo fatto comporta che la vincolabilità degli oneri di urbanizzazione è tuttora sempre presente, ma va ricercata nel complesso del dettato normativo che conduce al corretto sfruttamento urbanistico del territorio.
Ovverosia, si può realizzare nuovi insediamenti se vengono assicurati i servizi.
Di conseguenza, gli importi degli oneri di urbanizzazione sono vincolati fino alla somma necessaria per la realizzazione di tali maggiori e/ o nuovi servizi, mentre il resto delle somme introitate può essere utilizzato per spese correnti, per spese di manutenzione ordinaria, ecc.
Se ciò non dovesse essere messo in pratica dagli amministratori, si potrebbe arrivare sino ad ipotizzare, oltre alla truffa ai danni della collettività, anche il falso in bilancio per quegli amministratori che non rispettano la corretta destinazione degli oneri così come prescritto – appunto – dal combinato disposto del D.M. 1444/1968 e dell’articolo 12, comma 2, del Testo Unico DPR 380/2001.
Cordiali saluti.
Geom. Massimo Grisanti