IL PERU' DI SERENA
La mostra sui crimini commessi in Perù negli anni '80 approda in uno dei quartieri più popolati dell'America latina/24
9/5/2007 - La Mostra “Los Cabitos” approda a San Juan de Lurigancho
Siamo nuovamente a San Juan de Lurigancho, per esporre la mostra Los Cabitos. Lo scorso mese non eravamo riusciti a trovare la chiave giusta per entrare nella quotidianità delle persone ed invogliarle a venire. Molta gente in questo quartiere lavora fino a tardi, non sa cosa significa “mostra” né conosce la parola “esumazione”, tanto meno ha voglia di ricordare ciò che accadde 20 anni fa nel quartiere generale militare chiamato “Los Cabitos”. La gente qui, spesso soffre in silenzio e cerca di coprire il passato con pietre pesanti per non pensare ed andare avanti.
Nonostante sia un processo doloroso, crediamo che sia importante che la gente si riavvicini al proprio passato e riesca a superarlo in un modo consapevole: l’obiettivo fondamentale è che violenza e dolore non tornino a bussare alle porte dei campesinos un’altra volta. Così proviamo a ristabilire un contatto nuovo con le persone, questa volta con una strategia più dinamica. I ragazzi del corso di Diritti Umani “Judeh” (così si chiama il gruppo) ci appoggiano, insieme,andiamo nei mercati, davanti alla chiesa, con megafoni e volantini cerchiamo di spiegare alle persone l’importanza di partecipare a questo evento. Non è facile, si deve tirar fuori tutto il tatto e la sensibilità di cui si dispone.
Una signora in lacrime è titubante, vorrebbe entrare, resta alcuni secondi sulla soglia. Io le faccio cenno di passare, capisco che si sente a disagio. Le spiego di cosa si tratta e la invito un’altra volta ad avanzare, rassicurandola che è gratis. Molto adagio si avvicina ad una gigantografia, ogni passo sembra costarle tanta sofferenza. La signora mi racconta la storia di sua figlia, non ricorda la data della sua scomparsa e mi dice che aveva vari capi di vestiario e che è impossibile sapere quale indossava quando la sequestrarono. Mi dice che dovettero scappare in fretta dal villaggio ayacuchano in cui vivevano perché Sendero stava disseminando il terrore. Non riuscì a portare con sé neanche una foto. Così ora quasi non ricorda il viso della figlia, pensava che con la mostra avrebbe potuto trovarla, vedere il suo volto e ricordare: però noi non abbiamo foto delle persone. Le spiego che, siccome è passato molto tempo, solo gli abiti, le scarpe e gli oggetti personali potevano essere fotografati, il resto no.
Insieme osserviamo le immagini delle uniche due gigantografie di donne presenti nell’esposizione, la signora non capisce lo spagnolo scritto, così io le leggo le didascalie riportate sotto ogni capo di abbigliamento. Continua a scuotere la testa e a dire che sua figlia non si troverà mai. Io non so come aiutarla, darle false speranze non mi sembra giusto. Così mi limito ad ascoltare i suoi racconti, a tratti confusi, a tratti difficili da capire. Alla fine mi saluta, mi stringe il braccio forte forte e mi guarda con gli occhi ancora umidi. Ho percipito tanta sofferenza da quel suo sguardo.
All’ora di pranzo non c’è molta affluenza, così ne approfitto per conoscere meglio la realtà del “distrito” di San Juan de Lurigancho e di questa parte:“Asentamiento Humano Cruz de Motupe”. Ho l’opportunità di intervistare (forse si è trattato più di una chiacchierata che di un’intervista vera propria) vari dirigenti politici della zona, un membro del congresso statutario, un’assistente sociale ed una rappresentante del “vaso de leche”(bicchiere di latte). Una realtà molto complessa e all’inizio ho impiegato un po’ di tempo per capire la fitta rete di organizzazioni socio-politiche che la costituiscono.
San Juan de Lurigancho è uno dei quartieri piú popolati dell’America Latina, conta piú di un milione di abitanti: una cittá nella cittá. Per raggiungerlo ho percorso piu di un’ora in taxi, sembra incredibile come, pur rimanendo nella stessa metropoli, tutto cambi cosí drasticamente.
Cispa, il vigilante di Aprodeh che vive qui, nella zona di Cruz de Motupe, cerca di spiegarmi l’origine del quartiere e la sua divisione amministrativa. Lui è arrivato nell’84 con altre 1500 persone. Prima viveva in Breña, era in affitto ed a volte a fine mese i soldi per il proprietario non li aveva. Cosí decise di “invadere” e fondare Cruz de Motupe. La parola “Asentamiento Humano” sta a significare, infatti, una comunità di persone che si sono installate in una terra “di nessuno”. L’hanno occupata iniziando a costruire le prime abitazioni fatte di lamiere e stuoie. In un primo momento è stato duro il cambiamento: la solidarietá tra le varie famiglie era forte, elemento fondamentale per superare le difficoltá. A Cruz de Motupe non c’erano ne acqua corrente né luce, una volta a settimana arrivava una cisterna che distribuiva acqua in base alla numerositá delle famiglie. Quando questa terminava, si doveva camminare chilometri prima di raggiungere il pozzo ed in genere era la donna di casa che se ne occupava. Molta gente ha rinunciato ed é tornata a vivere nel vecchio quartiere, le distanze e le barriere strutturali sembravano ostacoli insormontabili.
Con il tempo la modernizzazione ha raggiunto anche questa piccola zona di San Juan de Lurigancho, con i suoi pro e contro. Cispa era diriginte dei trasporti all’epoca e ricorda come piano piano si costruirono due delle strade principali (Avenida central e Avenida Wiesse) che collegano ora San Juan al centro di Lima. Alla fine degli anni ’90, arrivarono anche luce e acqua, ma furono accompagnate da nuove “invasioni” che contribuirono al popolamento delle colline circostanti, che qui chiamano “cerri”. I cerri credo siano i luoghi piú poveri della capitale: la gente é ammassata e non ha proprio niente, neanche il contatto con il resto della popolazione.
Quando chiedo a Cispa quali sono i maggiori cambiamenti che ha notato nel suo quartiere da quando é arrivato ad oggi, mi parla solo di aspetti negativi, come se il progresso non avesse portato nulla di buono. Mi cerca di spiegare che prima, se succedeva qualcosa, tutti correvano in aiuto, la popolazione era piú compatta, probabilmente perché era tutta allo stesso livello. Oggi é diverso, molti sono riusciti a crearsi una propria attivitá economica, altri hanno un titolo e spesso l’arrivismo prevale sulla solidarietà. L’indifferenza si fa maggiore, cosí come i problemi sociali: droga, “pandillaje” (bande criminali) e malattie. (segue) (da provincia.ap.it) Serena D’Angelo
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