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Marilù Lorèn

“Respiri”, l’orgoglio indipendente dei Marilù Lorèn

Dopo l’ep “Inespansione”, uscito nel 2002, nelle scorse settimane è arrivato il primo lavoro sulla lunga distanza per i romani Marilù Lorèn, attivi nel sottobosco indipendente italiano da più di un decennio. “Respiri”, questo il titolo dell’album, è stato prodotto artisticamente da Paolo Benvegnù e pubblicato dalla Stout Music, l’interessantissima etichetta fiorentina che negli ultimi anni ha dato alle stampe, oltre all’acclamato debutto solista di Benvegnù, gli splendidi lavori di Songs For Ulan, Nordgarden, Chomski, Feldmann. In occasione dell’uscita di “Respiri” abbiamo intervistato Lorenzo Monaco, voce dei Marilù Lorèn.

Cosa si prova una volta ultimato il primo album vero e proprio?
"Respiri" ha richiesto un tempo di lavorazione molto lungo. Abbiamo così potuto concentrarci su nuovi brani. Proprio per questo motivo, personalmente, ultimato "Respiri", ho provato un gran desiderio di ricominciare. Sì, ho pensato: "Bene, mettiamoci al lavoro su un nuovo album adesso...".
Perché avete scelto proprio “Respiri” per dare il titolo all’album? Quel pezzo ha un significato particolare?
Volevamo un titolo breve, ma efficace, che lasciasse molto all'immaginazione. Ci piace anche il fatto che possa effettivamente essere interpretato in due modi diversi. Volevamo inoltre, come spesso accade, che fosse un brano dell'album a battezzare l'intero LP. Infine "Respiri" è un brano che ci piace molto, crediamo sia immediato. Per questo solitamente è il pezzo di apertura dei nostri concerti.

Come state promuovendo “Respiri”?
Stiamo organizzando la promozione ufficiale per settembre prossimo. Abbiamo presentato il disco non ufficialmente ai più intimi poche settimane fa, e continueremo a promuoverlo durante alcune date estive. Parallelamente l'LP è stato inviato a tutta la stampa specializzata, webzine, radio. Da settembre, con la riapertura dei club, inizierà un mini-tour che costituirà la vera e propria promozione.

Quanto è stata importante la produzione artistica di Paolo Benvegnù?
Credo sia stata fondamentale. Paolo è un vero artista, e anche un gran "motivatore". Ha saputo cogliere l'essenza dei brani presentati in produzione e ne ha esaltato le caratteristiche migliori. Ha sempre costituito una guida, ma ha lasciato che fossimo comunque noi a nostra volta a interpretare e personalizzare le sue indicazioni. Artisticamente siamo molto affini ed è stato veramente piacevole costruire e ricostruire assieme i brani.

La bravura di Paolo è provata dai risultati ottenuti con tutte le sue produzioni degli ultimi anni, “Canzoni allo specchio” dei Perturbazione, “Unmade Beds” di Marti, solo per citarne un paio. Credete che il suo lavoro su “Respiri” possa essere un fattore aggiunto decisivo per voi?
Sicuramente è un bel biglietto da visita, speriamo di essere comunque alla sua altezza adesso che il nostro percorso artistico ci vede impegnati a promuovere quanto faticosamente creato assieme a lui.

Avete qualche aneddoto da raccontare riguardo la lavorazione di “Respiri” insieme a Paolo?
Ce ne sono sicuramente molti, come quelli legati alla nostra e sua passione per il cibo toscano. Quando lavori tante ore assieme finisci per condividere anche e soprattutto i momenti di relax, i pasti, lunghi viaggi in macchina. In più di una occasione mi scopro però a tornare a guardare un video home made dove Paolo si esibisce in una "performance" live: inbracciando la acustica sempre in giro nello studio e scherzando e giocando riguardo alcuni aneddoti di quei giorni passati insieme è riuscito a improvvisare un pezzo divertentissimo, che farebbe invidia a un Vasco degli anni '80. Lo avresti mai detto? Rido ancora mentre lo guardo: la forza, l'energia, la simpatia e l'allegria di quei momenti rimarranno dei ricordi meravigliosi.
Il pezzo posto in apertura dell’album, “Ho attraversato il mare”, ha un arrangiamento particolare che lo suddivide – musicalmente ma anche emotivamente – in tre parti. Di chi è stata l’idea?
Il brano essenzialmente nasce con le tre parti di cui parli. È stato composto a quattro mani da me e Luca, basandoci su una mia idea di partenza per l'arrangiamento e la melodia. In studio poi l'essenza di quelle 3 parti originarie è stata maggiormente esaltata.

Tra l’altro il brano in questione inizia con i versi «ho attraversato il mare/per dire che non sarà/più con te la mia vita futura». “Ho attraversato il mare” è la canzone che setta il tono dell’intero disco?
Non credo. Il disco ha momenti emotivamente anche molto distanti. "Ho attraversato il mare" parla della voglia di reazione agli eventi che ci feriscono più profondamente. Solitamente però, come spesso accade nei nostri testi, quel "tu", quella persona a cui si rivolgono le parole dei testi, è un "tu" generalizzato. E' l'altro, quello che inevitabilmente ci colpisce, ci ferisce, ci tradisce. Non necessariamente la persona amata. Magari non viene palesato e non è possibile capirlo, ma alcuni testi parlano del mio rapporto con mia sorella minore. Credo che per comprendere pienamente quello che scrivo sia necessario conoscere anche me. Cercare il senso, al di là di quello apparente nei testi dei Marilù Lorèn significa conoscere personalmente la band. Non c'è un messaggio universale da scoprire.

In quei versi trapela comunque la voglia di sopportare sforzi disumani pur di non lasciare certe scelte al caso, ma di delegarle soltanto alla coerenza della propria coscienza. Che prezzo hanno in termini di dolore tali scelte?
La capacità di rispettare i patti presi con la propria coscienza è terribilmente duro in qualsiasi contesto tu la voglia collocare. Se per esempio scegli di essere sempre sincero ad ogni costo, nei rapporti sentimentali, come al lavoro o con le persone che ti stanno vicino significa anche non essere in grado di mascherare i tuoi stati d'animo. Vivi sempre col fianco scoperto, e chi vuole, se vuole, può anche mirare basso e farti veramente, veramente male. Il bello è che a volte ti ritrovi anche a proporlo come modo di vita. Un nostro nuovo brano si apre così "Vivi la verità, segui la mia verità".

Significativamente l’ultima canzone, “Travisando”, dice così: «lasciami andare via/lascia che sia così/anche se non ti va/anche se non sai cosa vuoi/ma vai via». E’ la chiusura del cerchio tematico del disco?
Non proprio. La chiave è nel titolo. La canzone parla di un addio che poi non si è rivelato essere tale. Almeno da un certo punto di vista. Travisare un addio per amore di verità e coerenza è uno di quei momenti in cui puoi trovarti col fianco scoperto.

In sede di recensione ho citato, come coordinate musicali del vostro disco, i nomi di Radiohead, Coldplay, Negramaro, La Crus. Ce ne sono altri assolutamente da aggiungere?
Ci piacerebbe non dover necessariamente dare delle "coordinate musicali". Suono assieme a Luca (Novelli, chitarrista dei Marilù, nda) da 14 anni, e assieme a lui costituisco la memoria storica della band. Con gli altri in questa formazione dal 2001. Siamo i Marilù Lorèn. Quando abbiamo pubblicato il nostro primo singolo i Coldplay e i Negramaro non si erano neanche formati. Non vorrei sembrare presuntuoso, anche perchè le mie influenze musicali sono molto lontane da quelle che citi.

Ascoltando il disco pare che tra le vostre passioni ci sia anche il jazz. E’ così?
Sì, qualcuno di noi ascolta anche jazz, ma l'uso dei fiati e di alcune soluzioni bandistiche, come nella chiusura di "Davvero", è legato in generale ad una passione per quel tipo di arrangiamenti, e che magari ci discosti da un suono troppo stereotipato. Molti dischi che ascolto sembrano non riuscire a distaccarsi da soluzioni preconfezionate. E' bello confrontarsi anche con altri generi, ma non c'è nessuna volontà specifica di avvicinarci al jazz.

Quali cambiamenti vi piacerebbe vedere nel mondo discografico di oggi?
Mah, banalmente, che ci fosse maggiore attenzione per le band emergenti, ma soprattutto che le etichette cominciassero veramente ad essere delle "imprese", visto che lo sono, e che cominciassero a scommettere di più. Tutti dicono che il mercato musicale è stagnante, che "è un brutto momento". Il bello è che a dirlo sono le etichette più importanti, quelle che volendo potrebbero veramente promuovere e innovare. Così sono le piccole ad essere veramente il motore della musica indipendente, quella più innovativa, più viva e slegata dalle logiche di mercato.

Cosa c’è di esaltante e cosa di frustrante nell’essere un gruppo indie in Italia?
E' esaltante poter fare un disco con Paolo Benvegnù, con la Stout Music, poter organizzare un party per l'uscita del disco e farlo in un posto speciale a Roma, invitare tutte le persone che continuano a seguirti da tanto tempo e i nuovi amici che cercano di fare di tutto per venire agli eventi live. E' frustrante non poter vivere della propria musica e dover sacrificare il proprio tempo in un lavoro che raramente sa regalarti certe emozioni. Magari più che frustrante è faticoso. Ecco sì, non parlerei di frustrazione, semplicemente non è facile riuscire a conciliare la nostra più grande passione con gli impegni quotidiani, ma sicuramente ne vale la pena. Non ci sarebbe neanche più gusto se fosse tutto facile. Forse è per questo motivo che, come ha giustamente sottolineato qualcuno, ci prendiamo i nostri tempi per fare ciò che ci piace. Perchè dovremmo correre? Essere un gruppo indie significa anche non aver firmato un contratto che ti costringe a far uscire un disco ogni anno, magari facendo uscire qualcosa che nemmeno a te soddisfa. Quando abbiamo deciso di registrare con Paolo abbiamo scelto tra una rosa di 18 brani, ne abbiamo registrati 14. Solo 12 alla fine hanno trovato posto nel cd. Sfido chi si è legato a qualche major ad avere questa possibilità di scelta. Sono felice di suonare in una band indipendente, voglio che la passione della mia vita rimanga pulita.

 Pierluigi Lucadei

Interviste

 Articolo letto 3297 volte. il 11 Oct 2007 alle 18:49
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