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"Respiri" (Stoutmusic/Audioglobe, 2007) |
Marilù Lorèn “Respiri”
Etichetta: Stoutmusic Brani: Ho attraversato il mare / Sempre io / Il mio assalto / Sempre più difficile / Sei mesi fa / La razionalità / Respiri / Bianchi muri d’odio / Per un occhio della testa / Sono i sogni miei / Davvero / Travisando Produttore: Paolo Benvegnù
Dopo l’ep “Inespansione” risalente ormai al 2002, ecco i romani Marilù Lorèn alla prova del debutto vero e proprio, con dodici pezzi originali registrati nei primi mesi del 2005, missati l’anno successivo ed ora finalmente pubblicati su etichetta Stoutmusic sotto il titolo di “Respiri”. Si tratta di dodici pezzi musicalmente ineccepibili, con tastiere discrete ma efficaci e chitarre che applicano come meglio non si potrebbe la lezione di Radiohead e Coldplay. Ritornelli che fanno del crescendo emozionale la loro forza riescono a coinvolgere già ai primi ascolti e alcune trovate di rara eleganza, come l’arrangiamento sconfinante nel jazz di Davvero, strappano un consenso convinto. Sei mesi fa e Bianchi muri d’odio sono dei mid-tempo quasi da ballare, Il mio assalto è un pezzo rock dalle emozioni scoperte come lo farebbero i Negramaro, altrove invece a prevalere è un’emozionalità glaciale che rimanda ai La Crus di qualche anno fa. Ho attraversato il mare è divisa in tre parti, una prima acustica e dall’atmosfera soffusa, una seconda elettrica e sincopata, una terza elettrica ma sognante, in cui la sezione ritmica si placa e le chitarre si fanno liquide. Travisando è un momento di quiete vestito del minimo indispensabile: archi e pianoforte per un commiato di assoluto valore. Ben altro discorso va fatto per i testi, che sono, ahimè, il punto dolente del lavoro. Le parole dei Marilù Lorèn evitano i favori del sottoscritto sia che riflettano sui sensi ultimi delle cose sia che tentino la carta dell’introspezione. Esempio chiaro è La razionalità, dalla melodia accattivante e dall’arrangiamento corposo e variegato, con i fiati che la proiettano dalla parti del grande pop d’autore, se non fosse che la canzone inizia con l’incredibile verso «steso in terra osservo il mio Dio convergere» e che il ritornello è involuto al punto da cantare proprio così: «quando tento di afferrare il senso complice/delle tue domande amare è tutto inutile/nell’irrazionalità dell’aria che va». E via così in tutto il disco, tra «se non riesci a immaginare/questo amore che non vale/un futuro che tradisce/sogni amari», «è un rischio calcolabile al bivio del tuo tempo/rimanere immobile ti porta via le forze» e un «è duplice la voce che mi chiama senza dire/presenze e affinità che possono tradire». Spesso il voler dire troppo è un’arma a doppio taglio, soprattutto se manca la lucidità letteraria necessaria per farlo. Non è un caso che il testo migliore del mazzo sia quello della conclusiva Travisando, che è il più semplice e, vivaddio, senza pretese. In definitiva, un esordio sulla lunga distanza che si può promuovere solo a metà. Peccato, perché il progetto artistico, dalla produzione di Paolo Benvegnù all’artwork di Tommaso Garavini, prometteva risultati diversi.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
Articolo letto 611 volte. |
il 04 Jun 2007 alle 15:47 |
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