Alessandro Grazian, nato a Padova nel 1977, è uno dei più interessanti musicisti emersi negli ultimi anni. Il suo secondo album, “Indossai”, pubblicato lo scorso autunno, è riuscito nella triplice impresa di superare la bellezza del già ottimo debutto, di raccogliere consensi unanimi dalla critica e di trovare la via di congiunzione perfetta tra ricerca, tradizione cantautorale e suggestioni cinematografiche. Molti non sanno però che Alessandro Grazian nasce come pittore. Proprio in questi giorni il Palazzo dei Convegni di Jesi dedica una mostra alle sue opere. Dal lunedì 22 a domenica 28 giugno gli appassionati marchigiani e non solo potranno visitare “Figure – Mostra di dipinti e disegni di Alessandro Grazian”. L’orario di apertura al pubblico sarà dalle 16 alle 20. L’inaugurazione si terrà il 22 giugno alle ore 18. Abbiamo rivolto all’artista alcune domande riguardo la sua attività di pittore.
I più ti conoscono nella veste di cantautore, invece sei anche un artista figurativo. Vuoi parlarci della tua attività parallela? In realtà mi sono avvicinato al mondo delle matite e dei pennelli molto prima di avvicinarmi al mondo del pentagramma. Ho frequentato il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti: la mia vicenda umana e artistica è sempre stata intrecciata non solo alla musica ma anche al mondo dell’arte figurativa. Ho sempre voluto però, fin dall’inizio, tenere distinti musica e disegno/pittura. Non ho mai mischiato queste due attività. In un mondo in cui tutti fanno tutto, ho preferito difendere la bontà e la diversità delle mie urgenze creative. Quali materiali prediligi utilizzare? Mi occupo principalmente di pittura e i materiali che uso sono abbastanza “poveri”. Non sono mai andato veramente oltre l’acrilico e i supporti su cui dipingo sono il più delle volte cartoncini telati o pannelli di legno trattati a dovere. La figura umana è centrale nei tuoi dipinti. Sì lo è. Il soggetto umano mi incuriosisce e mi attira, mentre il confronto con un tipo di pittura puramente astratta o di genere non ha mai solleticato il mio interesse. C’è una componente di disumano nelle tue figure? Non saprei… di certo mi interessa la componente di vulnerabilità che può avere un soggetto: in questo senso può essere che la sovraesposizione di umanità generi qualcosa che si allontani dai binari tradizionali e rassicuranti del quieto vivere. Ed ecco allora che spunta il “disumano”. Che momento cerchi di cogliere? Il momento dell’assenza… parafrasando Piero Ciampi direi “il momento dell’assedio dell’assenza”. Si possono definire i tuoi dipinti un incrocio tra Schiele e Hopper? Naturalmente ognuno può vedere in un’opera i riferimenti che sente più vicino. Schiele è sicuramente uno dei miei pittori preferiti, un po’ meno Hopper. Qual è l’importanza della componente fumettistica dei tuoi dipinti? Da anni non sono più un grande lettore di fumetti, ma certamente da ragazzo il mio gusto ed alcune intuizioni estetiche possono essere stati influenzati proprio dalle bandes dessinées. La pittura e i pittori sono arrivati più tardi, prima ho sempre e solo disegnato. Quanto stai sacrificando l’attività di pittore a favore di quella di cantautore? Molto, ma ho scelto di dedicarmi principalmente alla musica in questi anni. C’è un tempo per tutto e penso che prima o poi tornerò seriamente a frequentare matite, pennelli e tele. Da ragazzino sognavi di diventare Francis Bacon o Fabrizio De Andrè? Sid Vicious, ma anche un po’ Leonardo Da Vinci.