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Los Cabitos

IL PERU' DI SERENA

Una mostra fotografica ricorda le vittime della violenza politica degli anni '80/ 20

4/4/2007 - Con una telefonata, la “numero uno” dell’area legale di Aprodeh, “Doctora” Gloria Cano, affida alla mia responsabile, Rocio Paz, l’organizzazione dell’inaugurazione della mostra fotografica dal titolo “Los Cabitos: recostruyendo la memoria, 25 años después”. Io sono ovviamente felicissima, non mi sembra vero di poter contribuire ad organizzare un evento artistico. Qui tutto è così vincolato alla politica e alla violenza del ventennio 1980-2000 che, a volte, ho bisogno di respirare: la mostra fotografica mi sembrava una buona occasione per prendere una boccata d’aria.

Ovviamente non avevo capito, avevo fatto un po’ di confusione con la terminología. L’idea che potesse essere una esposizione svincolata dal drammatico passato vissuto dal Perú è svanita non appena i responsabili di comunicazione mi hanno spiegato che cosa ritraggono le gigantografie e me ne hanno mostrata una come esempio: si vedono vestiti, oggetti e dentature di 15 corpi ritrovati e esumati da una delle fosse comuni che venivano utilizzate dai militari della base “Los Cabitos” per occultare i cadaveri dei prigionieri uccisi. Non mi sarebbe mai venuto in mente che si potesse realizzare una mostra del genere.
Cosa rappresentò “Los Cabitos”?
Agli inizi degli anni anni ’80 Ayacucho diventò il principale scenario della violenza politica. È tra il 1980 e il 1983, infatti, che Sendero Luminoso iniziò la sua lotta armata organizzando attentati contro autorità e funzionari pubblici della regione. Per tale motivo in Ayacucho venne proclamato lo stato di emergenza e venne autorizzato l’ingresso e la successiva installazione dell’esercito peruviano. Nel gennaio del 1983 il generale Clemente Noel Moral fu nominato capo politico - militare di Ayacucho ed installò il suo centro operativo nel quartiere generale “Los Cabitos”. Questa base diventò il principale centro clandestino di detenzione illegale, tortura, esecuzione extragiudiziale e sparizione forzata di tutta la regione. Alcuni anni dopo venne costruito addirittura un forno crematorio e furono inceneriti piú di 300 corpi poi sotterrati in un cimitero clandestino.
Le indagini
A dicembre del 2004 una giudice specializzata in diritti umani denunciò penalmente Clemente Noel Moral ed altri membri dell’esercito per i crimini di detenzione illegale, tortura e sparizione forzata. Per permettere di continuare l’indagine del caso “Los Cabitos” si iniziò la esumazione dei cadaveri ritrovati nelle fosse comuni della base. Furono trovati 15 corpi completi e resti di altre vittime.
L’esposizione
In seguito ai ritrovamenti avvenuti grazie alla esumazione del 2005, si è pensato di organizzare una mostra itinerante dal titolo “Los Cabitos: recostruyendo la memoria 25 años después”. L’esposizione è costituita dalle gigantografie dei 15 corpi ritrovati: nei pannelli, oltre a vedere il tipo di vestiti e di oggetti dei cadaveri, vi è una breve descrizione delle loro caratteristiche fisiche. (nella foto in alto, uno dei pannelli)
L’idea è che i familiari delle vittime delle operazioni militari della base di Ayacucho possano in qualche modo riconoscere dalle foto i propri cari, cercando di rimarginare in parte la dolorosa ferita che resta ancora aperta e contribuendo al processo di identificazione. La mostra si allestirà in differenti regioni del Paese.
L’organizzazione
Giovedì 22 marzo la mostra è arrivata a Lima, in uno dei distretti con il maggior numero di emigrati ayacuchani (desplazados), San Juan de Lurigancho (nella foto al centro, uno scorcio della zona) . I “desplazados” sono coloro che hanno dovuto abbandonare la loro terra di origine (Ayacucho, ad esempio) per scappare dalla violenza politica, in cerca di un rifugio che potesse accoglierli temporaneamente. La maggior parte dei desplazados è andata ad affollare i distretti più poveri di Lima. Vive una situazione difficile, ha dovuto ricostruirsi un’altra vita, sradicata dal contesto sociale, spesso al margine di una società che la dimentica. Con questa esposizione si cerca di arrivare proprio a loro aiutandoli a ricomporre pezzetti di quel doloroso passato che non si deve dimenticare ma ricordare con coscienza.

Insieme al gruppo di comunicazione, ci siamo divisi i compiti per organizzare l’inaugurazione. Il primo passo è stata la recerca di un’associazione di appoggio che lavorasse già da tempo nel “distrito” dove noi avremmo installato la mostra. In realtà in quello di San Juan de Lurigancho i contatti sono fondamentali, almeno per superare la diffidenza iníziale che la popolazione locale ha verso le istituzioni pubbliche.

A San Juan la signora Teodosia ci riceve il martedì mattina, è una delle rappresentanti dell’organizzazione del “Asentamiento humano Quanta II”; ci mostra il locale per la mostra. Il lavoro da fare è molto: iniziamo l’opera di pulizia, non abbiamo né acqua corrente né luce, alcuni vicini ci aiutano con quello che hanno. I bambini curiosi si affacciano dalle finestrelle e ci chiedono cosa facciamo. Non é facile da spiegare ad un bambino cosa rappresenta la mostra; per convincerli a venire il giorno dopo all’inaugurazione ed a portare con loro i genitori, gli sveliamo che ci saranno uno spettacolo teatrale e cibo gratis.

Dopo due giorni di duro lavoro, tutto è pronto (o quasi, ancora piccoli inconvenienti con la luce) per l’inaugurazione. Alcuni rappresentanti delle organizzazioni promotrici dell’evento prendono la parola per spiegare con parole semplici l’origine ed il significato dell’esposizione (nella foto in basso, un momento dell’inaugurazione) . Numerose persone ascoltano con interesse. Io e Charly, nel frattempo, ci dirigiamo a casa della signora Teodosia incaricata di preparare “il refresco”. Arrivati, io cerco di camuffare la mia espressione di sorpresa mista a pena. La casa è un locale unico: nel mezzo tavolo e fornelli (con la brace), in un lato letti a castello dove un ragazzo sta riposando, del bagno non c’è traccia, forse è fuori. Tutta la famiglia è impegnata ad imbottire i panini con pollo (ovviamente) e maionese. Il capo famiglia ci invita alla prova qualità come se, senza il nostro consenso, non si possa andare avanti. “Muy rico” farfuglio io, con la bocca piena. In realtà abbiamo fretta, dobbiamo portare cibo e bevande (chicca morada) all’inaugurazione, indipendentemente dalla bontà del pollo.

Appoggiamo il “refresco” con delicatezza, la gente non si accorge di noi. Tutti sono catturati dallo spettacolo teatrale di Arena y Esteras, intitolato “A la vela del camino”. È la storia di Veronica, una donna che ha sofferto molto nel secolo scorso, una donna con la quale molte delle donne presenti si identificano. Nelle scene più forti alcune si commuovono, forse ricordano. (da provincia.ap.it)
Serena D’Angelo

  

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 Articolo letto 295 volte. il 04 Apr 2007 alle 16:00
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