"Da A ad A (Teoria delle catastrofi)" (Sony, 2007)
Morgan “Da A ad A”
Etichetta: Sony BMG Brani: Amore assurdo / Da A ad A / Animali familiari / Tra 5 minuti / Demoni nella notte / Una storia d’amore e di vanità / La verità / U-blue / La cosa / Liebestod / Contro me stesso
Concetto affascinante quello della circolarità del tempo. Nietzche l’ha chiamato eterno ritorno e ci ha costruito una grossa porzione del suo pensiero. Lynch ha inventato strade perdute e ha montato un film che ruota su se stesso senza un vero inizio senza un vero epilogo. Il tempo torna all’istante antecedente per debolezza e per completezza di esperienza? O il tempo si riavvolge sul momento che l’ha generato per coraggio e complessità di calcolo? Il percorso che porta da A ad A sembra nullo ma è la prospettiva che inganna. Il nulla apparente nasconde un percorso dolente, sfigurante, definitivo, basta cambiare di poco la nostra posizione e assicurarci una meno scontata visuale per accorgercene. Il protagonista di Amore assurdo è partito da un punto preciso, il fuori, ed è tornato allo stesso punto, mutilato. E’ stato il suo percorso, nel dentro, a privarlo di una vitale parte di sé, il cuore. Dentro c’era l’amore. «Assurdo cosa accadde quando ti vidi per la prima volta/portavo un cuore entrando nella stanza ma uscendo non lo avevo più/amore come vetro lo infranse al primo colpo». Poco importa che il percorso sia stato scellerato e che non si sia tenuto conto di rischi calcolabili. Poco importa anche che il proprio sia un sentimento vanesio, capace di specchiarsi e trovarsi bello persino quando soffre e fa soffrire (Una storia d’amore e di vanità). E’ quello che accade in quei non rari casi in cui l’amore parte da sé per tornare ellitticamente ancora a sé. «Lei si assomiglia/…/lei ama solo se stessa». L’ascoltatore è una statua di sale che evita come il diavolo l’acqua santa i percorsi semplici e brevi e gli sarà capitato almeno una volta di fare un tratto di strada insieme a Morgan, che ammette «io non seguo mai la prima strada» se è nella propria natura avventurarsi ogni volta «per strade secondarie e tortuose». Nel suo nuovo album, l’ex Bluvertigo ha il passo di chi manca sistematicamente la linearità, di chi rifugge lo schema precostituito. Ogni mo(vi)mento è circolare, ogni cerchio un fondo di bicchiere. E ogni fondo scava un po’ di più, fino all’estrema conseguenza di annullare la considerazione di sé. «Io non simulo il mio progresso/perché son contro me stesso» è la rappresentazione estetica e morale di un malessere che ha un nome e un cognome, ma che viene nascosto dietro un rebus non per pudore ma per meraviglia bambina. Contro me stesso, titolo che può fulminare e che spiega il suo autore meglio di qualsiasi chiacchiera. Quello di “Da A ad A” è cantautorato esistenzialista e barocco, con depressioni claustrofobiche e orchestrazioni che strabordano dal (con)sentito appena possono, con strumenti utilizzati alla stregua di balocchi, come in una favola nera. L’impeto dadaista di Morgan si palesa dal titolo alla copertina fino a filastrocche alle quali si fatica a correre dietro, perse nella festa all’eccesso, ma parte di una messinscena troppo simile alla vita dello stesso Morgan per essere disprezzata. Tutto aderisce perfettamente alla realtà, si incolla ad un dolore troppo pesante da sopportare e si muove deciso verso un cantautore mai dimenticato di quarant’anni fa: Luigi Tenco (le parole de La verità «tu non dici niente ma solo guardandoti negli occhi sei distante/la verità non è nei fatti ma nei sentimenti» non sembrano forse rubate a Ho capito che ti amo o Lontano lontano?). Se sia vita che trascolori nell’opera d’arte o opera d’arte che ridicolizzi la vita cambia poco, “Da A ad A” cammina con andatura propria ma si porta dietro sofferenze già sofferte, ognuna unica e irripetibile eppure ognuna così simile a tutte le altre. “Da A ad A” può portare a considerare la musica pop come la nostra migliore compagna. Soprattutto se si vive nella dannazione di vedere l’amore come un percorso mutilante.