L'Etiopia di Francesca
Il viaggio dalla capitale a Moyale dura 12 ore: si alternano paesaggi fantastici, i primi contatti con i bambini/ 2
8/11/2007 - In meno di 5 giorni ho compiuto due viaggi: il primo in aereo dall’Italia fino all’Etiopia, il secondo da Addis Abeba, la capitale etiope, fino a Moyale. Addis Abeba è una città molto vasta: conta circa 4 milioni di abitanti. A prima vista è caotica, piena di persone, carri, automobili, animali; in essa convivono architetture che testimoniano il periodo imperiale, quello italiano e quello socialista. Moyale invece si trova a sud, al confine con il Kenya e dista da Addis Abeba quasi 800 km. E’ una cittadina estremamente interessante.
Quest’ultimo viaggio, che si è svolto in macchina, è stato più lungo di quello che dall’Italia mi ha portato in Etiopia, nonostante io sia rimasta nel territorio di uno stesso Stato: lungo la strada asfaltata (la stessa che collega Addis Abeba a Nairobi), anche se non sempre in condizioni ottime, si sono succeduti i panorami. Il paesaggio è mutato un po’ alla volta, ho avuto la sensazione che il mio vero viaggio stesse cominciando in quel momento e che fino ad allora fossi stata in una specie di zona transitoria... forse è un po’ l’effetto del viaggio in aereo che catapulta il passeggero in un’altra realtà, senza prepararlo mentalmente alle nuove esperienze sensoriali che sta per compiere.
Appena è sorto il sole io e gli altri volontari ci siamo lasciati Addis Abeba alle spalle e con essa i suoi edifici in costruzione e le scritte che testimoniano ovunque la recente entrata nel secondo millennio dell’Etiopia (qui siamo nell’anno 2000, che è iniziato l’11 settembre scorso); abbiamo poi imboccato la Ring Road, strada la cui costruzione è terminata pochi anni fa, e ci siamo diretti a sud. Abbiamo costeggiato le coltivazioni di tef (un cereale di qui, con cui si prepara l’injera, elemento base di buona parte della cucina etiope, come per noi il pane), alcuni laghi e percorso per qualche chilometro la Rift Valley.
Abbiamo attraversato dei villaggi dalle varie strutture abitative: all’inizio le case cilindriche con i grandi tetti in paglia conici, circondati dai “falsi banani” (alberi molto simili ai banani) negli altipiani, dal colore intensamente verde perché lì è da poco terminata la stagione delle piogge. Gradualmente la terra si è fatta sempre più rossa, perché ricca di ferro ossidato, la densità degli alberi è diminuita e all’orizzonte hanno cominciato a stagliarsi i primi termitai, segno che si stava entrando nella savana, dove piove molto meno e fa più caldo. Ciò ha delle precise ripercussioni sulle attività di sostentamento ed economiche che si possono attuare in queste zone. Qui si sono intravisti anche i primi dromedari, oltre alle mandrie di capre e bovini che si erano già scorti lungo la via: le attività produttive più importanti in questa zona sono infatti legate all’allevamento.
Il viaggio è durato quasi 12 ore e, lungo la strada, abbiamo incontrato molta gente: donne che camminavano in fretta con le borse della spesa, o più lentamente che trasportavano fascine di legna, bambini che uscivano dalle scuole e altri che vendevano frutti ai passanti, rappresentanti di varie religioni, ragazzini che pascolavano, autisti di minibus… i bambini ridevano e ci salutavano gridando “you, you, you, you” o “ferenji” (straniero in amarico, lingua ufficiale etiope).
Anche qui a Moyale i bambini ci corrono incontro ridendo, ci chiamano “ferenji” o “Luca” (il nome del volontario che è qui da più tempo), ci danno la mano, non chiedono nulla ma sono molto incuriositi dal vederci.
A pochi chilometri da Moyale abbiamo goduto del tramonto in savana, il cielo ha assunto lo stesso colore rosso della terra… siamo arrivati a destinazione che era quindi ormai buio.
“Exaviér imasghén zenab alle” in amarico significa “Grazie a Dio c’è pioggia” (o piove!): il mio primo giorno a Moyale può essere descritto con questo ringraziamento. So che l’acqua è un elemento fondamentale per la vita umana, ma nonostante questo forse non riesco davvero a comprendere cosa significhi realmente la pioggia o quale sia il significato fondamentale della parola acqua da queste parti; forse è così perché sono abituata ad averla e per me è qualcosa che c’è, “alle” appunto, c’è e c’è sempre. Qui a Moyale non è così, la stagione delle piogge, quella breve, doveva cominciare a settembre e durare due mesi, ma a settembre non ha piovuto… ciò ha creato evidentemente delle preoccupazioni, ma poi la pioggia è iniziata a ottobre e sta continuando ancora. Sembra quindi che non si dovrà far fronte a delle emergenze quest’anno, ma mi vengono ugualmente in mente i nostri sprechi idrici: rubinetti lasciati sgocciolare, piatti esageratamente passati sotto l’acqua e poi anche in lavastoviglie, acqua lasciata scorrere mentre ci si lava i denti pur se si ha lo spazzolino in bocca, giardini annaffiati abbondantemente… (da provincia.ap.it)
Francesca Bernabini
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