L'Etiopia di Francesca
Una missione dell'Unione Europea in visita ad alcuni progetti di cooperazione rappresenta l'occasione per visitare il Paese
13/2/2008 - Si è da poco conclusa la missione della delegazione dell’Unione Europea in visita ad alcuni progetti di sicurezza alimentare nel sud dell’Etiopia, compreso quello in ambito pastorale all’interno del quale svolgo il mio servizio. L’Unione Europea è uno dei principali “donor”, cioè finanziatori di progetti di sviluppo nei paesi del Sud del mondo. In queste missioni i delegati, solitamente residenti in Addis Abeba, verificano in "field" l’andamento delle attività, suggeriscono come migliorarle, in prospettiva anche di una sostenibilità futura, parlano con le comunità beneficiarie e le autorità locali e infine chiariscono i vincoli e le procedure inerenti il budget.
I principali capi-settore dei progetti implementati da ogni ONG sono invitati a partecipare alla missione per rispondere alle domande del delegato dell’UE e per mostrare i documenti attestanti le attività svolte e il rispetto delle procedure. Il settore che sto seguendo maggiormente a Moyale e dintorni è quello delle cooperative e del mercato all’interno del quale sono create, sostenute e monitorate tre cooperative che producono incensi e sette che lavorano il latte. Inoltre vengono valutate le opportunità di scambio e di acquisto dei pastori nei principali mercati dell’area di intervento.
Un altro importante settore del progetto è quello veterinario che conduce campagne di vaccinazioni, identificazione e cura delle malattie, corsi di formazione per assistenti veterinari, apertura di farmacie, aumento della disponibilità e miglioramento della qualità del cibo animale, ecc. Poi c’è il settore delle risorse naturali, all’interno del quale vengono prodotte mappe dell’area d’intervento, coinvolgendo le comunità e utilizzando allo stesso tempo tecnologie come il GIS; inoltre vengono riabilitati terreni dediti al pascolo per garantire agli animali appezzamenti di terra in cui brucare, anche durante la stagione secca. Infine c’è il settore dell’acqua, volto alla riabilitazione di fonti e pozzi tradizionali, alla costruzione di "pond" e sistemi idrici moderni, all’installazione di pompe e filtri, ecc. ma anche alla costituzione di comitati per la manutenzione degli impianti, alla formazione su pratiche igieniche e di sanità pubblica per vari membri delle comunità e a campagne di sensibilizzazione su salute riproduttiva, HIV/AIDS, ecc.
Nelle quasi due settimane in continuo spostamento tra un’attività e un’altra, implementate da progetti di Consorzi vari, ho imparato molte cose, a cominciare dal relazionarmi con i delegati dell’UE a cui ho descritto modalità e azioni intraprese nel settore delle cooperative e del mercato all’interno del nostro progetto. Ho conosciuto rappresentanti di altre ONG che lavorano negli stessi settori in cui è impegnata anche LVIA, scambiato quindi esperienze, affrontato problemi e vincoli comuni, discusso su modalità di miglioramento…
Durante la missione abbiamo percorso tanti chilometri di pista rossa: ad esempio, per raggiungere una comunità in attesa di descriverci i suoi bisogni legati all’acqua o al bestiame o per essere presenti durante la raccolta del sale all’interno di un bacino creatosi dentro il cratere di un vulcano. Siamo in piena stagione secca e lo spostamento di 3 o 4 macchine crea delle nubi rosse vaste e indefinibili, attraverso cui è impossibile passare indenni, pur a finestrini chiusi (quasi impossibile con questo caldo). La sera abbiamo pernottato in alberghi di villaggi o piccole cittadine e la scoperta del sud dell’Etiopia è continuata: le camere arredate con un letto e una sedia erano fornite di una bacinella e di una brocca di plastica riempita d’acqua. L’acqua corrente infatti non c’era e, dato che fa caldo e il pavimento è in cemento, non ci si crea ormai più nessun problema a lavarsi anche in camera. Le porte si chiudevano con un chiavistello e quindi è stato necessario comprarsi un lucchetto che, per fortuna, era venduto nei piccoli negozi del posto. I bagni, o meglio le latrine, erano comuni: protette da una porta di legno insufficiente a chiudere l’intera “visuale”, di solito sono costituite da un buco scavato nella terra e sono prive di scarico. Già: i bagni in alcune parti d’Africa sono davvero un particolare interessante… Francesca Bernabini
|