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Francesca con l'autista-a destra- e il veterinario degustano uno spezzatino di capra. Nel piatto grande, oltre al pane, c'è anche l'injera, alimento base della cultura etiope |
L'Etiopia di Francesca
Abitudini e stili di vita così diversi dai nostri richiedono un apprendimento paziente: le sorprese sono all'ordine del giorno.../4
22/11/2007 - Escludendo i brevi incontri fatti in aeroporto e sull’aereo, le prime persone conosciute appena arrivata in Etiopia sono stati gli altri volontari italiani che sono qui da mesi se non da anni; poi, tramite loro, c’è stato l’incontro con lo staff locale. Queste persone costituiscono per me un bagaglio di esperienze e conoscenze a cui attingere sia ascoltandole sia osservandole. Quando si è infatti in una situazione nuova, e le cose “non riportano” con ciò a cui siamo abituati (comportamenti, igiene, struttura delle abitazioni, limiti nei mezzi di trasporto, ecc.), c’è un solo rimedio per non farsi prendere dallo sconforto o, peggio ancora, da paure: emulare, all’inizio in modo acritico, senza cercare troppe spiegazioni, chi già convive con queste situazioni. Cerco quindi di impormi un po’ di pazienza e accettare il fatto che non posso capire tutto subito...
Vivo continuamente situazioni in cui non so come reagire. In Etiopia, ad esempio, ci si saluta dandosi tre baci sulla guancia (sost ghesé, tre volte, mi ricorda la mattina Mulushewa, l’amministratore, quando già al secondo bacio sono pronta a congedarmi). Dopo essersi stretti la mano, inoltre, si fanno toccare tra di loro le due spalle, destra con destra di solito o anche sinistra con sinistra, a seconda di come capita. I saluti possono durare a lungo perché si chiedono informazioni sulla salute dei vari componenti della famiglia. I miei saluti, rivolti soprattutto ai colleghi etiopi e ai pochi conoscenti che vivono o lavorano vicino casa, sono ancora piuttosto brevi: d’altronde a Moyale l’inglese non è di casa, io solo da poco ho iniziato a salutare in amarico e per giunta non conosco ancora la composizione delle loro famiglie. Cerco di ricambiare con dei gran sorrisi e delle calorose strette di mano: sarà sufficiente? Per ora spero di sì, anche se in questo momento le priorità sono altre: il lavoro da fare, la logistica del mio inserimento a casa e in ufficio. Imparerò vivendo…
La quantità di “cose da apprendere” sono persino differenti se si rimane ad Addis Abeba o se ci si allontana dalla capitale (e Moyale è molto lontana…): per quanto riguarda il cibo, ad esempio, ad Addis Abeba si trova più meno tutto, così come il modo di mangiarlo è simile al nostro in molti locali e ristoranti. A Moyale invece ho dovuto “imparare” a mangiare: prima di tutto si usano solo le mani. Sembra una cosa facile, ma non lo è: io sono ancora quella che si sporca più di tutti e non ci faccio certo una gran figura. Poi si prende spesso il cibo da un piatto condiviso con altri, non ti portano tovaglioli e infine (almeno per quanto ne so finora) si mangia esclusivamente utilizzando la mano destra, altrimenti si è considerate persone maleducate e poco attente all’igiene. Ovviamente è vietato leccarsi le dita.
Ma sono anche altre le sorprese nelle abitudini sociali: l’altro giorno io e due miei colleghi stavamo andando a piedi da casa in ufficio e dalla direzione opposta veniva un signore che, a un metro da noi, ci ha, per usare un termine calcistico, “scartati”, cioè è passato con uno scatto a lato di noi tre. Ho sorriso dinanzi ad un comportamento per me così strano ma i miei colleghi mi hanno spiegato che qui è considerato maleducazione passare in mezzo a un gruppetto di persone che camminano insieme o che parlano tra loro. Quel signore semplicemente si era comportato in modo educato. (da provincia.ap.it) Francesca Bernabini
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il 23 Nov 2007 alle 18:18 |
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