Emigranti di successo: intervista ai Negramaro
La band salentina, rivelazione dell’anno al Festivalbar 2005 con il singolo “Estate” e miglior band italiana agli Mtv Music Awards, sull’onda del successo sta riempiendo i palasport italiani con il suo “Mentre tutto scorre palatour06” dal titolo del suo ultimo album. L’omonima canzone ha anche vinto il Premio della Critica Radio & tv alla 55ma edizione del Festival di Sanremo ed è stata scelta dal regista Alessandro D’Alatri come soundtrack per il suo film “La Febbre”. Grande successo anche per i brani Solo tre minuti, Come sempre, utilizzata per uno spot Rai, Solo per te con la collaborazione del grande jazzista Paolo Fresu, ed Estate, vero e proprio tormentone della stagione appena trascorsa ed uno dei singoli più trasmessi dalle emittenti radiofoniche. Consacrati ormai al grande pubblico grazie al loro sound inebriante, come il vino da cui prende nome il gruppo, non dimenticano le loro radici. Ne abbiamo discusso con il vocal leader del gruppo, Giuliano Sangiorgi. Venite dal Salento, una terra musicale che sta sfornando diversi artisti: voi che rapporto avete con la vostra terra e che valore essa ha sulla musica che fate? Penso che sia davvero anacronistico parlare di influenza del territorio sulla musica ed in generale su qualsiasi forma d’arte. Anacronistico perché oramai si sono annullate le distanze, viviamo in un mondo globale: certo siamo orgogliosi delle nostre radici e delle nostre tradizioni ma questo fattore non deve essere portato all’esasperazione. Quantomeno non deve diventare motivo discriminante in quanto potrebbe creare una sorta di ghettizzazione culturale. Come vedete allora i fenomeni di localizzazione musicale? Nel momento in cui si tratta di fenomeni che si traducono in un voler difendere qualcosa di importante allora va bene. Se invece rimangono fini a se stessi c’è il rischio, come detto prima, di andare incontro a forme di emarginazione o ghettizzazione culturale. Il mondo è uno ed unico e la cultura metropolitana ha certo bisogno di quella della periferia (e viceversa). Ora nel nostro caso, è la cultura del Salento, ma può e deve essere di qualsiasi altro territorio. Io mi sento salentino ma se vado a Londra mi sento londinese e così via: un cosmopolita insomma. Ascoltando le vostre canzoni emerge un tema che sembra toccarvi particolarmente: quello dell’emigrazione. Si è vero. Io mi sento emigrante continuamente. Vorrei tanto che chi disprezza gli emigranti almeno una volta nella vita possa essere o diventare emigrante, così capisce cosa vuol dire. Ma alla fine di chi è la terra? Perché deve essere mia e basta? Sono domande che mi faccio spesso. Io sto bene ovunque, a Lecce, a Londra, a New York, ho delle radici ma la mia terra è il mondo, di cui sono cittadino. C’è la possibilità, visto che si sta parlando anche di globalizzazione, che da qui a poco tempo vedremo le vostre canzoni tradotte in altre lingue? Mah, non lo so. Vedremo cosa si può fare. Se però dovessimo decidere di tradurre di certo non sceglieremo l’inglese ma lo spagnolo. La nostra musica è qualcosa che viene dallo spirito, qualcosa di viscerale così come la lingua spagnola. Si tratta di una sorta di valore aggiunto che meglio si appresta e si addice ai nostri lavori. Qualcuno dice che nelle vostre canzoni manchi una coscienza civile, un qualcosa di veramente impegnato. Che ne pensate? Sinceramente non vedo il motivo per cui nei testi debba emergere una coscienza civile. La canzone di per sé ha già un valore terapeutico e taumaturgico quindi non vedo la necessità di politicizzare un testo; non penso che l’ideologia nella musica possa servire a qualcosa. Dovrei parlare di Che Guevara o di comunismo? Non credo: l’ideologia di una persona si esprime e si capisce da altro e poi nei miei testi non parlo mai di principi ma di vissuto quotidiano. Ciò che vi contraddistingue è questo rapporto quasi fraterno con il pubblico, l’essere rimasti con i piedi per terra. Ma come si fa a rimanere, raggiunto il successo, così come si è? Credo che alla base di tutto ci debba essere la spontaneità. Ecco, questo è un valore fondamentale che non porta a montarti la testa, a rimanere così come si è e quindi ad avere anche un rapporto così stretto con i nostri fans. Anche per questo abbiamo creato lo forum, una community in cui chi ci ama e ci segue può dire la propria e rimanere in contatto con noi. Che rapporto avete con la canzone d’autore italiana, nonché con Caterina Caselli? Con Caterina Caselli c’è un rapporto d’arte, cosa difficile da trovare altrove. Per quanto riguarda il rapporto con la canzone d’autore italiana, il progetto Negramaro nasce e si dirige proprio in questo senso. Diamo importanza al testo ma anche al sound. Diciamo che l’attenzione verso questi due aspetti è uguale, cinquanta e cinquanta, e che fondamentalmente devono funzionare bene chitarra e voce. Questo basta. Qualche anno fa Le Vibrazioni hanno avuto un successo simile al vostro facendo un genere simile e oggi sembrano scomparsi. Voi avete già pronta la ricetta per rimanere sulla cresta dell’onda? Innanzitutto non credo che i Negramaro facciano un genere simile a quello de Le Vibrazioni! E’ probabile che loro abbiano pagato un po’ il successo fulmineo, lo scotto derivante dal fatto di aver avuto successo già con il primo album che, in effetti, ha avuto davvero tanta fortuna. Per quanto riguarda noi, che dire… chiedetevi come mai da anni riempiamo i palazzetti di tutta Italia e le date dei nostri tour sono sempre sold-out. O come mai un concerto dei Negramaro costa tredici euro mentre altri superano i trenta se non i quaranta euro! Il successo va saputo gestire così come il rapporto con i mezzi d’informazione che non devono essere poi demonizzati come invece spesso capita. Anche noi abbiamo avuto interessanti richieste e proposte: l’importante e saper scegliere e farlo bene. Lo sapevate che all’Arezzo Wave, Antony (di Antony & the Johnsons) aveva la tremarella prima di salire sul palco perché aveva paura di deludere il pubblico dopo che voi lo avevate scaldato all’inverosimile? Beh, questo sinceramente non lo sapevo. Certo ci fa piacere, se lo avessimo saputo avremmo preso la fiamma ossidrica!
Simone Grasso
Interviste – mercoledì 22 febbraio 2006, ore 19.25
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