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“Avanti Pop” (Il Manifesto, 2007) |
Tetes de Bois “Avanti Pop”
Etichetta: L’amore e la rivolta / Il Manifesto Brani: La leva / Avanti Pop / InTricarico / Rocco e i suoi fratelli / Lu furastiero / Sa mondana commedia / La zolfara / Andare camminare lavorare / Il mio corpo / La costruzione / Il camionista / 626 / Quarantaquattro gatti / Proposta Produttori: Tetes de Bois
Agosto 2006, il camioncino Fiat 615 dei Tetes de Bois si ferma a San Benedetto del Tronto, in Viale Buozzi, per l’ennesima esibizione cittadina di Andrea Satta e soci, fedelissimi del Festival Ferré e sempre destinatari di scrosci di applausi su questa sponda dell’Adriatico: per la prima volta ascolto alcuni pezzi inediti che mi mettono l’acquolina in bocca, ma non ce n’era neppure bisogno visto erano mesi che pregustavo novità di codesta specie. Niente Baustelle. Men che meno i Verdena. Figuriamoci i Tre Allegri Ragazzi Morti. Per il sottoscritto la band più attesa per questo 2007 erano proprio i Tetes de Bois. E sì che “Ferré, l’amore e la rivolta” è stato un disco epocale. E vero è anche che “Pace e male” ha significato tanto ma proprio tanto, per il sottoscritto e non solo. E allora si voleva riascoltare la follia trovare posto dentro le acciaccature di versi impossibili, luminosi perché dei poeti rimangono occhi non tracce. Ascolto “Avanti Pop” e “Rocco e i suoi fratelli” sotto le palme di Viale Buozzi e Andrea ha un cappello improbabile e degli abiti khaki. Sento questo grido, “Bandiera rock, bandiera rock!”, e siccome ognuno è capace di vedere un guizzo di pop lì dove si schiudono le vene e ramarri e rospi piantano grane sul velluto, mi appoggio ad una palma e tamburello con la mano. Mi scordo che c’erano state altre esibizioni dei Tetes de Bois che si erano aggrappate sulla parete di casa, canzoni parietarie c’erano state anch’esse, “Pace e male” non ce l’ho più, l’ho prestato a qualcuno che non me l’ha più ridato. Qualcuno in realtà sarebbe un femminile, e in fondo sono quasi contento che non mi abbia mai restituito il disco. C’è un buco nella mia discografia e io so esattamente quello che vuol dire. C’è un posto vuoto ed è bello spazioso perché “Pace e male” era ingombrante. E poi qualcuno femminile capirà meglio alcuni concetti, reiterando gli ascolti, che io ed Ezio Vendrame ce l’abbiamo con l’amore non lo ignorerà più, che io e Andrea Satta gridiamo Abbasso Nixon! quando ci fa male la pancia, manco questo è da ignorare, manco per niente. Andrea, stavolta l’amore l’hai lasciato a fumare da qualche parte? Il disco nuovo parla di lavoro, nel disco nuovo non c’è Ferré, ci sono Buarque, Gaber, Ciampi, c’è anche Gianni Mura. “Avanti Pop” alla Riscoop e il mondo del lavoro ci fa la sua sporca figura. Chi muore per un padrone, chi si rende utile nel fumo, chi nel fumo ci trova la morte, chi muore in altura, chi muore sotto gli occhi dei compagni. Schiacciato da un telaio o inghiottito da un inferno di diamanti. Sembrano discorsi vecchi ma non lo sono. L’utilità di un disco come “Avanti Pop” sta nell’esser capace di far aprire occhi su mostruosità che si credono remote, su pisciate di vita per le quali qualcuno deve anche raccomandarsi. Maloccupazione, e non c’è niente ma proprio niente di anacronistico. Sotto le parole belle (prevenzione, protezione, salute, sicurezza) ancora si nasconde un sommerso di torbide inadempienze, che i più deboli finiscono per subire senza scelta. Di questo parlano “La leva” (Paolo Pietrangeli), “Rocco e i suoi fratelli” (Rocco Scotellaro), “Andare camminare lavorare” (Piero Ciampi), “La costruzione” (Chico Buarque de Hollanda/Sergio Bardotti). A San Benedetto il concerto è finito noi si va in un locale a vedere facce assurde. A me appaiono così assurde che sembrano quasi divertirsi. Stranamente vorrei ridare un ascolto a “Pace e male” e poi di strano non c’è nulla. “Avanti Pop”, sei arrivato un po’ in ritardo. “Avanti Pop”, meglio tardi che mai. “Avanti Pop”, era ora. “Avanti Pop”, santa pazienza, aspettare te, dopo averti assaggiato in Viale Buozzi. “Avanti Pop” poi chiudi. Chiudi bottega, servo, andiamo ad ascoltarci i Tetes de Bois. Andiamoci ora, mi è appena arrivato il cd. Al qualcuno femminile lo presterei di nuovo e mi farei in quattro per non farmelo ridare. Gli uomini sono degli stupidi pezzi di cemento. Gli uomini si nobilitano col lavoro. Nello sfruttamento del capitale ci trovano da sopravvivere. Gli uomini sono miseri. Per fortuna c’è poesia.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 15 Apr 2007 alle 11:34 |
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