GNAM: Schifano 1934-1998
“Io sono gli anni ‘60”. In questa frase c’è tutta la personalità di Mario Schifano, celebrato alla Galleria nazionale d’arte moderna in un’antologica che abbraccia quarant’anni di attività artistica; o ancora meglio di vita che è immaginario artistico. Una vita breve ma degna delle migliori icone pop: 54 anni consumati nel fisico e nella mente tra movimenti e stasi, tra esuberanza e vita chimica. La mostra curata da Achille Bonito Oliva, amico di una vita, “stermina” la vastissima produzione dell’artista d’origine libica (si parla di ventimila quadri) raccogliendo poco più di cento opere, emblemi ben definiti dei quattro decenni trascorsi tra Roma, l’America e il mondo fino agli anni ’80; chiuso nella sua casa-studio negli anni ’90. Saltando le prime esperienze, che come spesso succede sono votate al figurativo, sorprende decisamente la tela del 1959 in cui si scopre un convincente Schifano informale, ottimo connubio fra un multiforms di Rothko e un Gesto e materia di Vasco Bendini. I monocromi degli anni ’60 ci consegnano lo Schifano più ispirato nel rapporto fra colore e spazio della pittura: grandi stesure gocciolanti gialle, nere, grigie su carta da pacchi intelata. Un affermare l’anno zero del supporto che è affogato nel colore, da cui emergono piccole lettere a stampa (“Aut aut”, 1960) o su cui domina prepotente il “NO” (1960), emblematico del difficile carattere del maestro (al riguardo si veda anche “Mario Schifano. Tutto” – Feltrinelli Real Cinema, 2008). Gli anni ’70 annunciano il fruttuoso rapporto di Schifano con i mass-media; e fra tutti, sovrana, la televisione. Le tele emulsionate hanno una duplice valenza: un media in entrata (la tv) e un media in uscita (il quadro) che si fondono (“Paesaggio tv”, 1970). Stesso concetto per il’”Senza titolo (Omaggio a De Chirico)” del 1976-78, una serie di 14 tele emulsionate e smalti che rappresentano le famose piazze d’Italia o i manichini, icone di un fare pittorico rivisitato al moderno. Gli anni ’80 fanno scivolare velocemente Schifano nel vortice del colore e della velocità: grandi smalti su tela tra naturalismo astratto (“Fiori maschili, fiori femminili”, 1984) e nuovo espressionismo tedesco e della Transavanguardia (“Il parto numeroso della moglie del collezionista”, 1984). Con l’inizio dello scorso decennio Schifano si rinchiude in casa, travolto dal rapporto con il mondo e dal suo lavoro. Vive tra la famiglia, chi lo viene a trovare e quella straordinaria finestra sul globale che è la tv. Nei suoi quadri c’è l’apertura all’attualità (“La nazione inghiottita”, 1990) e alla cronaca televisiva (con le polaroid ritoccate a smalto), al polimaterico (“Buio+inquinato”, 1995) e alle nuove tecnologie (“Senza titolo (Fibre ottiche)”, 1997). Chiude il viaggio nella vita accelerata di Schifano un televisore spento (“Senza titolo (Televisione)”, 1997), simbolo di un vissuto da vero poeta democratico, accessibile a tutti, l’ideale che immaginava lui stesso. Andatosene con la stessa velocità con cui ha vissuto, Mario Schifano ha consegnato di sé un’immagine da Baudelaire e da sperimentatore, da libertario viveur e da uomo prepotentemente affascinante, in grado di incarnare tutte le anime del pop, dall’America all’Europa.
Rimane di lui uno splendido ricordo (da stendersi ovviamente a smalto…) nelle parole di ABO: Questa è stata la luminosa avventura di Mario Schifano… artista di confine e icona della seconda metà del XX secolo che nel 1998 ci ha lasciato. Io dico: per andare. E lo dico in nome di Mario Schifano. Inviato speciale nella realtà, tra rumore alterno delle cose e suoni rapidi della pittura.
“Schifano 1934-1998” Galleria nazionale d’arte moderna – Roma Fino al 28 settembre 2008. Martedì – Domenica 8:30-19:30 Biglietti: euro 9 (intero); 7 (ridotto) Tel. 06.32298221
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