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"Scusa ma ti chiamo amore" di Federico Moccia (Italia, 2008) |
“Scusa ma ti chiamo amore”
E' uscito nelle sale il 25 gennaio l'atteso film di Federico Moccia “Scusa ma ti chiamo amore”, tratto dall'omonimo romanzo dell'autore romano, e che vanta nel cast la presenza di uno degli attori italiani più amati dal grande pubblico, Raoul Bova. E' la storia di un pubblicitario trentasettenne, Alex (Raoul Bova), in crisi sentimentale dopo che Elena (Veronika Logan), sua fidanzata storica, lo abbandona senza apparente motivo. Ma se dopo la pioggia arriva il sereno, ecco che con giovanile spavalderia si infila, nelle ormai tristi giornate del pubblicitario romano, lo splendore di una diciasettenne, Nicki (Michela Quattrociocche) che lo ammalia e lo seduce. Almeno fino a quando Elena, non decide di ritornare al suo nido. Parla di sogni, il regista, figlio del grande mestierante Pipolo. Parla di “sole”, “cuore” e “amore”, di adolescenti ribelli, figli di una libertà che trascende qualsiasi regola o vincolo che possa porre limiti alla loro corsa, al divertimento full time, anche perchè i loro modelli, i loro genitori, leggono e studiano sugli stessi libri. E allora si vedono quattro uomini, di una certa età, a pranzo con quattro adolescenti; una moglie che tradisce il marito, con il suo migliore amico; uno stimato avvocato, marito e padre che si delizia e si consola tra un bicchiere di champagne ed una modella polacca. Non bisogna quindi meravigliarsi se liceali bonaccioni paragonano il pessimismo leopardiano al dolore provato da Francesco Totti per l'infortunio prima dei mondiali. Ma è davvero questa la realtà? Ne abbiamo discusso con il regista, Federico Moccia, e con i protagonisti: Raoul Bova, Michela Quattrociocche, Beatrice Valente Covino, Michelle Carpente e Francesca Ferrazzo.
Raoul Bova, protagonista di numerosi film “impegnati”, d'azione. Cosa lo ha spinto ad interpretare questa commedia sul mondo adolescenziale? Penso sia giusto per un attore percorrere un po' tutte le strade che il cinema offre, un cammino che d’altronde ha caratterizzato anche le carriere di artisti e attori internazionali. E' anche un modo per mettersi in gioco. E poi, girare un film con i giovani e per i giovani, dove questi ultimi possano riconoscersi e anche divertirsi penso sia importante e altamente stimolante. Moccia, questo film è la trasposizione cinematografica di un suo bestseller che ha avuto molto successo tra i più giovani. Ma, durante tale passaggio, c'è qualcosa che manca, che è venuto meno o si è perso nel momento in cui il romanzo è stato portato su pellicola? Certo non è stato facile, ma vedere le pagine del romanzo che improvvisamente prendevano corpo sulla pellicola è stata una sensazione unica. Anche per questo, durante le riprese, abbiamo deciso di redigere un diario, per segnare passo passo l'evoluzione del film e che raccoglie foto, schizzi e appunti, aneddoti e pensieri. Così è stato più agevole raccontare una società stupidamente consumista, che non parla e non sa comunicare con i giovani, ed è questo un grosso male, il silenzio, che non aiuta nessuno. Questa è la realtà, degli adolescenti come dei quarantenni ed è giusto che se ne parli, e che non passi nel silenzio. Moccia, “Scusa ma ti chiamo amore” si inserisce pienamente nel filone del cinema adolescenziale, difatti si può intravedere, ad esempio, un parallelismo con “L’ultimo bacio” di Gabriele Muccino. Un filone che sta riscuotendo ampi consensi di pubblico, perchè fotografa una realtà sociale in cambiamento. Secondo lei, com'è cambiato il nostro Paese? Ma è cambiato tantissimo, soprattutto grazie alle nuove tecnologie, ai nuovi strumenti di comunicazione di cui i giovani sono i primi ed i principali fruitori. Ed è necessario, in qualche modo, adeguarsi, stare al passo con i tempi, capire la natura di questi cambiamenti. Io, per esempio, ho girato tantissimo nelle scuole, da nord a sud e ho trovato ragazzini di dodici-tredici anni totalmente diversi dai ragazzini di un tempo. C'è molta più maturità, le ragazze talvolta si trovano sole in casa e quindi diventano donne prima del tempo. Questo è il vero cambiamento. Raoul Bova, lei ha interpretato un ruolo delicato e oggetto già di critiche, quello ciò di un uomo maturo che inizia un rapporto sentimentale con una ragazzina non ancora ventenne. Pensa sia davvero possibile? Ma io nel personaggio che interpreto vedo solo puro romanticismo che va al di là di qualsiasi differenza di età. Come diceva Moccia, i tempi sono cambiati, e, anche se difficile, non dobbiamo perdere il passo. Il fatto è che noi trentenni o quarantenni di oggi ingiustamente riteniamo che i giovani di oggi debbano comportarsi come i giovani di un tempo, senza considerare appunto che la società è in evoluzione. E allora io mi chiedo, qual è il problema? E' l'età o siamo noi stessi? Moccia, ripercorrendo un po' la storia del cinema, si nota come il passato sia costellato di film, per così dire, impegnati, a differenza di un presente caratterizzato per lo più da un “cinema di evasione”. Questo soprattutto per i giovani, i quali sempre più vengono intesi come prodotto. Io credo che davvero i ragazzi rappresentino il nostro futuro, e noi per troppo tempo siamo stati distratti, non ci siamo interessati a loro. Ma io mi chiedo, chi sono veramente i giovani d'oggi? Sono ragazzi che a tredici anni già sanno scrivere, che leggono, che usano messanger quotidianamente, che usano tutti i nuovi strumenti di comunicazione a disposizione per esprimere ciò che sentono e provano. Già sono maturi, e da questo punto di vista si sta tornando indietro, ai tempi dei nostri genitori e dei nostri nonni, quando a diciassette-diciotto anni le ragazze già erano mature per metter su famiglia. Cosa ne pensano, le giovani protagoniste, di questo film? E' davvero diseducativo, come è stato definito, oppure pensate che ci sia qualcosa di reale, veritiero? B. Covino: Penso che il film ben rappresenti una buona parte di noi adolescenti e che per questo la storia possa considerarsi reale. Ciò che non trovo giusto, e “non reale” è che ci siano ancora famiglie o genitori che costringono i figli a fargli fare qualcosa che non vogliono. Ecco, non so se questo sia giusto. M.Quattrociocche : Sono del parere che lo scopo o il fine ultimo di un film non è quello di educare, bensì quello di intrattenere, far divertire e far sognare, almeno per un'ora e mezza. E questo film ci riesce benissimo. Carlo Nizzani, ieri in questa stessa sede, disse che la maggior parte dei film contemporanei hanno una certa somiglianza tra di loro, sono un po' tutti uguali. Questo perchè in passato, gli artisti tutti vivevano come se fossero in comunità, in continuo scambio di idee. Cosa che non accade oggi, dove ognuno, ogni singolo artista tende a stare e pensare da solo con il risultato di dar vita ad opere molto simili. Moccia : Non conosco molto bene la storia passata, o meglio, la conosco solo per sentito dire. Anche se in effetti non è completamente sbagliata come analisi, ci sono “piccoli clan”, tipo Pieraccioni che raccoglie a sé la cerchia di amici e attori toscani. Ma non penso però questo costituisca un limite. Certo la situazione è questa, c'è da parte di tutti la voglia di sperimentare, di cercare e trovare altre vie ma non sempre è facile e non sempre è possibile.
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Simone Grasso
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Interviste |
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il 27 Jan 2008 alle 15:32 |
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