“Il Codice da Vinci” in tribunale: Dan Brown contro l’accusa di plagio
Dan Brown si è definito “sbalordito” per l’accusa di plagio che gli è stata rivolta per il suo bestseller “Il Codice da Vinci” (36 milioni di copie vendute): un’accusa che lo scrittore americano ha definito “assolutamente infondata e fantasiosa”. Il processo è entrato nella sua terza e forse conclusiva settimana e sul banco dei testimoni all’Alta Corte di Londra Dan Brown ha difeso la sua casa editrice, la Random House, dalle accuse che Michael Baigent e Richard Leigh le hanno rivolto per aver copiato alcune parti della loro opera “The Holy Blood and the Holy Graal” (“Il sangue santo e il sacro Graal”), pubblicata peraltro dalla stessa casa editrice nel 1982. È vero che entrambe le opere trattano la teoria secondo la quale Gesù Cristo non morì sulla croce ma sposò Maria Maddalena dalla quale ebbe dei figli, una discendenza “scomoda” protetta dai Templari e il cui segreto è custodito ad ogni costo dall’oscuro Priorato di Sion nel romanzo. Brown ha puntualizzato che gran parte delle ricerche del romanzo sono state svolte dalla moglie Blythe molto appassionata al tema e definita dallo scrittore come la sua unica fonte di ispirazione; lo scrittore ha inoltre aggiunto di essere sicuro che Richard Leigh e Michael Baigent siano consapevoli di non essere gli unici ad aver trattato l’argomento e convinti della sua assoluta buona fede, dimostrata dalle molteplici citazioni inserite nel testo. Il quarantunenne Brown ha ricordato come all’interno del suo romanzo sia citato il testo dei due storici che è presente nella biblioteca di sir Leigh Teabing, il cui nome è tra l’altro l’anagramma dei nomi degli stessi Baigent e Leigh: “Ho fatto tutto il possibile per menzionarli come coloro che hanno portato questo tema all’attenzione del grande pubblico; per questo sono sbalordito da questa reazione e non la riesco assolutamente a comprendere”. Brown ha anche precisato che è difficile per lui ricordare con esattezza tutte le fonti utilizzate da lui e la moglie per la stesura finale del romanzo, ma di essere sicuro che “The Holy Blood and the Holy Graal” non sia l’opera primaria alla base delle loro ricerche, avendo incontrato diversi storici ed accademici per studiare le basi storiche del romanzo, durante i viaggi che lo hanno condotto dalla Francia al Vaticano, dall’Inghilterra alla Scozia. Dan Brown è il testimone chiave della difesa della casa editrice, ma se verrà stabilito dal giudice dell’Alta Corte che lo scrittore ha copiato dal saggio (una decisione è prevista entro due settimane) a rimetterci sarà soprattutto l’imminente trasposizione cinematografica hollywoodiana: potrebbe infatti saltare l’uscita mondiale del film prevista per il 19 maggio; in realtà non sembra plausibile l’ipotesi che i due autori vincano questa causa, potendo sperare al massimo in un accordo extra – giudiziale. Oltretutto non è così scontato far risalire questa interpretazione del Santo Graal al testo sopra citato, ritrovando parecchi spunti in altri testi precedenti, fra cui ad esempio “Il mattino dei maghi” di Pauwels e Bergier del 1960. In fondo come insegna Umberto Eco col suo “Pendolo di Foucault”, nessuno in questo campo ha mai in realtà inventato qualcosa di nuovo.