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"sviluppare un vino è criticità e fantasia..."

Luoghi che diventano eterni in un bicchiere

Frutti della terra, ammassi di molecole che si trasformano e creano sensazioni invisibili all’occhio umano. Ma percepibili dal corpo… e perché no? Anche dallo spirito, dall’essenza più profonda che magari per un attimo si lascia trasportare nella condizione terrena, la nostra.

Si inaugura ufficialmente la mission dell’uva, dei grappoli maturi e zuccherini, lo scopo quasi filosofico di un frutto coccolato, destinato a portare un piacevole fardello di significati forti.

Pensavi che fosse facile, ma quando hai iniziato a coltivare la terra che da secoli ha quel destino hai capito che la fatica appassionata e inattesa si travasa negli aromi, “li sentirò e li sentiranno…”, speravi.

Se proteggi amorevolmente un figlio la gratitudine si manifesta con l’affetto; se ti prendi cura di un vitigno scelto come un padre sincero, riscoprendo come modellare il territorio con lavoro contadino, scoprirai che il vino ti rende omaggio di come hai saputo allevare l’uva.

I grappoli in vigna sono come in un grembo materno, il calore buono li nutre, tu li accudisci e li fai crescere aiutandoli a caricarsi di zuccheri, tannini, polifenoli, mentre per notti insonni aneli il nobile marciume.

Seguendo il rituale antico della vendemmia li raccogli con delicatezza, curandoti di selezionare i predestinati al gusto, che sono il substrato forte del vino.

Il mosto denso che sgorga da sapienti pigiature è come un frutto acerbo, il nettare multicolore post fermentazione un puledro selvatico da ammaestrare.

Ciò che più ti affascina ora è sapere come sarai in grado di modellare qualcosa che conosci ma che ti nasconde ancora una parte di sé, serba un segreto sensoriale che devi far venire fuori, respirare, render libero.

Sviluppare un vino è criticità e fantasia: tieni presenti alcuni punti fermi e confida nell’aver operato bene in campo, nell’essere riuscito a far crescere i tuoi piccoli e nei loro primi passi attraverso il mondo vegetale.

L’agricoltura è qui che la fa da padrona, non solo tra terra e pioggia: vi hai dedicato sudore e passione? Hai saputo conciliare tradizione e tempo moderno?

Con interrogativi aperti inizia dunque il periodo di riposo, un letargo silenzioso che risveglia la cantina, mesi e mesi di buio pece che preghi essere la giusta chiave.

Osservi il bambino nel sonno, curandoti come ovvio di non svegliarlo, cullandolo dolcemente nello spessore di barriques, lambendolo e poi impregnandolo con tostati rubino e vanigliati, ordinatamente impilati.

Infusi d’uve bianche e rosse, all’epoca sbucciate e non, sono ospiti di vetri multiformi, che ora proteggono e ora denudano; si riducono i vini, si completano i bouquet a tua insaputa, con la bottiglia si dà immagine alla sostanza.

Occhi catturati da colori caldi e immagini misteriose, caratteri dorati che celebrano una tradizione, tutti segnali di un messaggio nobile: “ti regalerò emozioni uniche”.

Il vino che stai versando al calice ti suggerisce che lì, nella cru dove è cresciuto, si respira aria di saperi genuini, incontaminati, originari.

Pensi a come sarà, resisti alla tentazione del sorso che scivola via e ti prepari ad un piacere lento; hai aspettative da soddisfare, mente e corpo da stimolare, input-output da realizzare.

Guardi odori e gusti…ammiri inali e inghiotti.

Ti inebri di un concentrato di informazioni, megabyte di dati… “chissà se coglieranno tutto?”.

Si sprigiona un tripudio di aromi e sentori che stimola i sensi in modo unico e piacevolissimo: mille declinazioni che spiegano qualcosa di complesso e affascinante.

Ti passano davanti flash-back produttivi, di vita, di situazioni, di emozioni: cogli terra bagnata e raggi di sole inclinati, antichità di saperi e modernità di mestieri, materiali ben usati e sostanze ben dosate, rovere prezioso e buio fresco asciutto.

Il fascino del vino è tutto lì, in quel bicchiere, c’è chi lo fa diventare arte e chi se ne dimentica dopo un attimo, chi lo considera ancora un alimento e chi lo trasforma in fonte storica.

Ora puoi aprire gli occhi, appoggiare il bicchiere sul tavolo e vivere una rivoluzione culturale che è già vigorosa, eccitante, realizzante.

Il vino ora è status, ora sostanza, ora know-how e ora produzione primaria. C’è chi lo consuma, inghiottendone la liquida natura, e chi lo conserva, rimirandone ogni singolo piacere.

L’obiettivo del più astuto è farlo entrare nelle case, renderlo protagonista di convivi serali, degustarlo, confrontarlo, rendere naturalistico il buon bere.

Se ne diffondi la cultura ottieni un saldo inestimabile; e, come disse un produttore “dove c’è vino c’è civiltà”, riesci a cogliere il miracolo di saperi contadini che plasmano la storia dei luoghi dove nasce il vino.

L’anima della tua terra è eterna se la vedi attraverso un bicchiere.                                 

    N.B. Il brano ha partecipato al concorso letterario “L’anima del vino”, organizzato dal Club Accademico del Vino con il contributo dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario di Firenze. 

 Francesco Serafini

Benessere e Salute

 Articolo letto 506 volte. il 09 Jul 2007 alle 17:42
 
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