Perché non mi iscrivo al PRC
27/03/2009 - Bisogna riconoscere che la lettera di Tony Della Pia, neosegretario provinciale del PRC irpino, è stata scritta con i tre organi fondamentali che ogni buon comunista dovrebbe saper usare: cervello, cuore e... stomaco. Ma non basta una lettera, sebbene così ben scritta, per risollevare le sorti del Prc. Occorre ben altro. Credo che il partito non debba rivolgersi solo ai "militanti", ossia a coloro che sono già iscritti, ma debba sforzarsi di recuperare un rapporto, ormai logoro e consunto, con gli ex militanti, ossia con coloro che non sono più iscritti e che hanno abbandonato il partito (magari da anni) per svariate ragioni. Inoltre, ritengo che il partito debba avviare un'intensa ed incisiva campagna di proselitismo per attrarre a sé le nuove generazioni. E' su questi tre fronti, interni ed esterni, che deve svilupparsi una capillare e martellante opera di propaganda, da esercitare con le parole ma soprattutto con i fatti, ovvero con le azioni e con le lotte. Insomma, esorto il vostro partito ad intraprendere quelle iniziative, non solo verbali, che possano convincere gli ex iscritti a riavvicinarsi e a riprendere un dialogo che, nel mio caso, è già in parte ripreso, nonostante la chiusura presuntuosa ed autoreferenziale di taluni compagni. Il mio è un modesto invito ad agire tempestivamente ed efficacemente per cercare di persuadere chi, a differenza del sottoscritto, si è allontanato dal partito in maniera difficilmente rimediabile, si rifiuta ostinatamente di dialogare e di rapportarsi e non intende più avere a che fare con il vostro partito, anche a causa di atteggiamenti quasi snobistici ed arroganti. E vi assicuro che uno dei principali difetti, non solo del Prc ma della sinistra in genere, difetti che sono molto percepiti all'esterno dalla gente comune, è esattamente un atteggiamento di presunzione e di chiusura autoreferenziale. Credetemi, è esattamente così. Per quanto concerne il mio caso personale, sono prevalenti le ragioni del no, ossia i motivi per cui non mi iscrivo al Prc. Anzitutto perché nel mio paese non esiste un Circolo di Rifondazione Comunista. Quello che c’era prima s’è dissolto a causa della recente scissione interna che ha portato via quasi tutti gli iscritti e i militanti, traghettandoli dalla parte dei vendoliani, o condannandoli allo sbando. Personalmente non sono più iscritto al Prc da anni, esattamente dal 2003. Preciso, però, che l’ex Circolo del Prc esistente nel mio paese, è stato fondato nel 1995 grazie soprattutto all’iniziativa del sottoscritto, ma tale dato storico è stato completamente dimenticato o ignorato col tempo: si sa che l’ingratitudine umana non ha limiti, come altre caratteristiche umane. Insomma, il sottoscritto si è allontanato dal partito per varie ragioni, sia politiche che personali, ma in questo caso è davvero difficile distinguere tra pubblico e privato, nel senso che anche le motivazioni che possono sembrare di ordine personale (pure i gesti minimi, gli atteggiamenti e i comportamenti di natura umana apparentemente irrilevanti) nascondono implicazioni e significati di tipo politico. A riguardo potrei citare numerosi esempi pratici, ma preferisco tacere per non urtare la suscettibilità di nessuno. Lo so per esperienza diretta. Le ragioni palesemente politiche sono ben note: la progressiva degenerazione interna in senso burocratico-verticista, la deriva autoritaria e antidemocratica del partito durante la gestione bertinottiana, la crescente subalternità e debolezza delle ragioni e delle istanze di classe, sia all’interno della piattaforma politico-programmatica del Prc, sia all’interno del programma centrista, neomoderato e neoconservatore che ha ispirato le decisioni del governo Prodi, in cui le rivendicazioni e le posizioni sostenute da Rifondazione e dall’intera "sinistra radicale" sono state assolutamente ignorate o tradite. Fino ad approdare alla cosiddetta "svolta a sinistra" annunciata e sancita verbalmente in occasione dell’ultimo congresso nazionale del partito, svoltosi a Chianciano nel luglio scorso, ma che nei fatti è ben lungi dal realizzarsi. E lo stesso neo-segretario, Paolo Ferrero, ai miei occhi (e non solo ai miei) non ha mai riacquistato quella credibilità morale, personale e politica, persa in tanti anni in cui si è praticamente compromesso, per non dire sputtanato, con la leadership bertinottiana e con le scelte governiste di mera passività rispetto ai poteri forti e dominanti nel nostro paese. Mi fermo qui per non tediare troppo chi legge. Vorrei concludere con una invocazione (quasi un’implorazione) di aiuto e solidarietà: proponetemi le ragioni che possano davvero convincermi a cambiare giudizio sul Partito della Rifondazione Comunista, pur sapendo che solo i fatti concreti potranno indurmi a mutare il mio parere e le mie attuali convinzioni. Mi rivolgo a voi in quanto compagni, se ancora si può dare un senso autentico e riconoscibile a tale vocabolo.
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