L'Italia, grazie a una legge di questo governo, ricorda la tragedia di migliaia di suoi figli. Con qualche eccezione certo, con qualche contestazione, con qualche marginale e poco nobile distinguo. Ma soprattutto, ed è questo che simbolicamente conta, con le parole di Ciampi: «Il riconoscimento del supplizio patito è un atto di giustizia nei confronti di ognuna di quelle vittime, restituisce le loro esistenze alla realtà presente perché le custodisca nella pienezza del loro valore, come individui e come cittadini italiani».
Foiba. Dal latino fovea (fossa, cava, antro la parola sta ad indicare una fenditura del terreno, profonda anche alcune decine di metri, che si apre sul fondo di una dolina e che l'erosione millenaria dell'acqua ha scavato nelle rocce carsiche in forme gigantesche e accidentate.
Solo con l'ultimo conflitto, foiba è diventato altro. Foibe “ termine allusivo e atroce” con il quale si intende riferirsi all'eliminazione di italiani nella Venezia Giulia, nel settembre-ottobre 1943 e soprattutto nella primavera del '45, ad opera delle truppe di Tito.
Comincia da qui la fosca storia sulla quale è stata operata una rimozione della memoria niente affatto casuale e sulla quale tuttavia, ieri e oggi, si esercita un virulento tentativo di distorta interpretazione storica, in chiave prevalentemente anticomunista (non solo da destra).
Le prime foibe nascono da un odio sedimentato da oltre vent'anni di soprusi e violenze perpetrate dal regime fascista contro le popolazioni istriane.
Già l'annessione dell'Istria all'ltalia dopo la prima guerra Mondiale, in forza del trattato di Versailles avviene in un clima di ostilità da parte dei contadini croati e sloveni, che vedono la loro economia andare in rovina e si sentono espropriati e umiliati. Ma il fascismo fa precipitare la situazione. In questa regione multietnica, dove il regime assume subito i tratti spicci del fascismo di frontiera, si attua in modo violento la politica dell'assimilazione. Una politica che si traduce in vera e propria persecuzione, con denunce, arresti, espropriazioni, negazione dell'identità culturale, oppressione. il lungo odio che cova tra la popolazione slava si coagula intorno all'equazione italiano = fascista = padrone.
Intanto, in tutta la Jugoslavia è già divampata la lotta partigiana che ben presto si estende all'Istria. Prendono le armi non solo i militanti comunisti, ma anche quella parte di popolazione che il regime ha vessato più pesantemente; attentati e azioni di sabotaggio sono all'ordine del giorno (sono oltre 20.000 i partigiani dell'Istria interna, tra i quali sono preminenti appunto i combattenti comunisti).
La risposta dell'autorità italiana è durissima, numerosi gli eccidi che colpiscono la popolazione civile: impiccagioni, interi villaggi dati alle fiamme, rastrellamenti, arresti in massa.
Quando con l'8 settembre 1943, L'Istria viene abbandonata dai soldati italiani che la presidiavano e i tedeschi devono ancora prenderne il controllo tutto crolla. Arriva il momento della violenza, spontanea e indiscriminata, lo scoppio dell'odio a lungo trattenuto. E' la caccia contro "chiunque sia ricollegabile all'amministrazione italiana"; il clima nel quale si intrecciano "il giustizialismo politico del movimento partigiano e la violenza della rivolta contadina", mescolati insieme spinte nazionaliste e contenuti di classe.
Arriva Tito - Josip Broz Tito
Il 1 maggio 1945 gli nomini di Tito entrano a Trieste l'insurrezione in città avviene sotto la guida congiunta del Cln giuliano e dei partigiani di "Unità Operaia", decisamente filo-titini. Gli avvenimenti sono tumultuosi. Il 3 è presa Fiume, il 6 Pola, in una settimana la penisola è occupata, i tedeschi vinti. Scatta l'epurazione verso chi non ci sta, nel mucchio finiscono quelli che hanno fatto la resistenza ma sono anticomunisti, i dissidenti liberali, quelli definiti genericamente conservatori e reazionari , anche quei comunisti nazionalisti che non accettano la subordinazione a Tito.
La realtà, l'opposizione al Maresciallo e al vittorioso esercito jugoslavo è già una scelta di campo, già infatti si gioca la partita Occidente-Urss per la spartizione delle sfere d'influenza, e la Venezia Giulia è la pedina di una posta già internazionalizzata.
Trieste, dopo aver subito più di un mese di occupazione jugoslava, ancora oggi ricordati come " i quaranta giorni del terrore ", visse per 9 anni sotto il controllo di un Governo Militare Alleato (americano ed inglese), in attesa che le diplomazie decidessero la sua sorte.
Solo nell'ottobre del 1954 l'Italia prese il pieno controllo di Trieste, lasciando l'Istria all'amministrazione jugoslava.
Alla fine il numero delle vittime è enorme. C'è chi dice più di cinquemila, ma l'oscillazione può arrivare anche a lambire le ventimila. Il ritrovamento dei pochi resti delle vittime, l'alea sui dispersi, le prove occultate, le indagini mai fatte sui massacri, l'insabbiamento delle prove materiali operato dal regime jugoslavo che ha governato i territori che furono teatro dei massacri di quegli anni, impediscono di conoscere con esattezza la proporzione del lutto e della tragedia italiana. Tragedia che non finisce con il sopirsi dei massacri. Perché continua con l'esodo di centinaia di migliaia di italiani.
Continua con la vergogna e l'infamia dell'esilio in patria: 350 mila profughi italiani fuggiti dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia trattati dalla classe dirigente della loro nazione, e da parte dei loro compatrioti come dei reietti, dei cripto fascisti, mentre era solo povera gente che fuggiva alla persecuzione e al massacro.
Capitolo oscuro: perché
Dove sta la verità? Sulla tragica questione foibe siamo dunque ancora alla "donna velata"; non solo sulla sua qualificazione, ma anche sulla sua reale entità.
E' però utile chiedersi come mai l'intera vicenda sia rimasta un capitolo oscuro, un capitolo rimosso per tanto tempo. Chi ha avuto l'interesse a lasciarlo nel buio?
In primo luogo - è la risposta degli storici - l'interesse è degli angloamericani. Quando infatti nel 1948 si consuma la rottura tra Tito e Mosca e l'Occidente guarda al Maresciallo come a un possibile prezioso alleato contro l'Urss, viene lasciata cadere ogni idea di approfondire i fatti del 1945: "la spiegazione fornita da Belgrado circa il carattere politico delle eliminazioni e la generale colpevolezza dei morti, diventa una sorta di versione ufficiale accettata dalla diplomazia occidentale che non ritorna sull'argomento".
In secondo luogo "a rimuovere" è il governo italiano con De Gasperi che non gradisce affatto di accendere i riflettori sulle umilianti condizioni accettate per il territorio libero di Trieste (che resterà in mano alleata sino al 26 novembre 1954): "il silenzio storico sulle foibe diventa funzionale al silenzio sul trattato di pace e sulla diminuzione della sovranità nazionale".
Infine, 1'interesse a mettere a tacere è anche del Pci, niente affatto portato a tornare su una questione "che evidenzia le contraddizioni fra la nuova collocazione di partito nazionale, la vocazione internazionalista e i legami con Mosca".
Foibe. E' il caso di parlarne.
dall'angolo di Sibilla, controcorrentesatirica.com