La Palestina di Enrico/15
Pensieri sparsi attraversando il deserto
I palestinesi chiamano la zona desertica situata a ridosso del Mar Morto Bariya al-Khalil. Questi sono pensieri sparsi suggeritimi dalle dune durante la traversata verso il Mar Morto.
Dopo ore di cammino, dopo lunghi silenzi, ogni parola taglia come lama di coltello. Come ancora gettata nelle acque di un oceano, produce un tonfo sordo e precipita dritta sul fondo. Sembra che quello spazio immenso aspettasse da un’eternità parole definitive che dessero una finalmente un senso, un perché al vuoto implacabile.
Ogni risorsa va ponderata: l’acqua è il pensiero ossessivo, il dispendio di energia va ridotto al minimo, una distrazione può essere fatale. Il piede stampa l’impronta sulla sabbia, lascia la traccia del suo passaggio che il primo vento ricoprirà. Ogni passo, ogni respiro è come se fosse l’ultimo, richiede la massima concentrazione. Stancarsi, sondare i propri limiti, accettare le proprie miserie con umiltà. Sforzarsi, scoprire nuove potenzialità, spiegare un nuovo paio d’ali. Ogni uomo è inchiodato alla sua realtà di solitudine, assolutezza, fragilità.
Sei solo con te stesso, nudo, senza le maschere e gli accessori della vita sociale. Qui non dobbiamo piazzare sul mercato il nostro personaggio, nulla si compra nulla si vende. Niente giustificazioni: ora devi rendere conto di quello che hai fatto nella vita e soprattutto di quello che non hai fatto, con chi hai spartito risa e pianti, cosa rimane e chi raccoglierà tutto quello in cui credevi. È il tempo di saldare il conto con se stessi.
Il paesaggio vuoto, monocolore, arido, non lascia tregua. Qui ogni minima forma di vita lotta tenacemente per sopravvivere, nonostante tutto muova contro, e merita venerazione. Uno scarafaggio che arranca in una duna o un albero nel mezzo di una radura sono spettacoli che commuovono, testimonianze che alla vita è concessa sempre una possibilità di emancipazione.
Tutto è ridotto ai minimi termini: ad ogni cosa viene restituita sacralità. La realtà diventa una questione di essenziale e superfluo, di rispetto per il necessario e disgusto per ciò che avanza.
La semplicità del paesaggio e lo sfinimento della traversata ti permettono di svuotarti e ricostruirti pezzo dopo pezzo, passo dopo passo, duna dopo duna. Si comincia dal valore del cammino in se stesso: partire, lasciare dimora e certezze per approdare porti ignoti, imparare da gente che non ci somiglia. Si esercitano le virtù dell’attenzione e della concentrazione, della perseveranza, della resistenza al dolore ed allo sforzo in vista del riposo sperato. Ognuno è custode geloso della sua Primavera.
Ancorati alla dura realtà della terra riarsa e protesi alla meraviglia del cielo immenso. Emerge chiara, da tutto questo silenzio, la necessità di risorgere.
Enrico Bartolomei
Pubblicato il 28/5/2009 alle ore 13:30
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