La problematica della Sicurezza sembrerebbe basilare per la nostra Società, episodi di cronaca e programmi politici materializzano, in proposito, quello che è il costante sentire del Cittadino.
Qual è questo costante sentire?
È una sensazione di pericolo che si prova tanto in casa od ufficio quanto sulla Strada.
Il degrado, anche morale, consiste nel vedere accattoni, barboni, vù cumprà, spacciatori, prostitute e teppaglia di ogni colore fisico e politico impadronirsi dei marciapiedi, al punto che il marciapiede stesso, diventato bazar (o, meglio, casba) non è praticabile dai pedoni, specie se anziani od handicappati.
Questo variopinto popolo “stradale” può anche fare pena se se ne considerano i membri uno per uno (come può non impietosire un mendicante storpio?), ma provoca fastidio e paura se considerato nel suo insieme.
Ogni angolo di strada ha il suo barbone, ogni discount il suo vù cumprà, ogni tratto di strada periferica ha la sua prostituta.
Sarebbe, apparentemente, facile fare una retata di questi elementi e rispedirli al mittente, ma ciò non risolverebbe il problema, anzi.
La linea della fermezza, almeno in Italia, non rende: ogni sanatoria è sempre l’ultima, come è sempre l’ultimo l’ “attuale” condono edilizio.
Il clandestino viene in Italia non per restare tale, ma con la concreta speranza che un domani sarà, in qualche modo, regolarizzato.
Il lassismo ed il dilettantismo italici fanno sì che orde di disperati invadono il Bel Paese, cercando, anche onestamente, una vita migliore per sé ed i propri cari.
La delusione (l’Italia non è, nemmeno per gli autoctoni, il Paese del Bengodi) porta questi disgraziati a reazioni criminali: rapine, furti, spaccio, violenze, ma se è loro la responsabilità penale, e dei nostri politici (e di noi che li eleggiamo) la responsabilità morale.
I politici infatti, nel loro costante sforzo di non scontentare nessuno (un domani anche i clandestini potrebbero votare) favoriscono il flusso migratorio, legale o non.
Il “diverso” che noi incrociamo per strada è passato attraverso una lunga serie di selezioni: scelto dai “caporali” al suo villaggio per astuzia ed aspetto fisico, attraverserà il deserto ed il mare, scampando ai marosi e alla Guardia Costiera, si nasconderà alle Forze dell'Ordine nelle baraccopoli, per poi, alla fine, offrirci patacche che comunque gli sono fornite da industriali e grossisti pienamente cittadini italiani.
Un pensiero: se nessuno comprasse le griffes contraffatte, la dose di droga e le prestazioni delle prostitute, tutti questi “mercati” chiuderebbero.
È facile, infatti, che il benpensante indignato con questi poveracci abbia, poi, in casa CD o borselli comprati proprio da loro, magari tirando sul prezzo.
Così se si scoprono in una città straniera “in nero” la colpa sarà dell'imprenditore tanto disonesto quanto italiano.
Se ne conclude che i clandestini sono molto comodi a tutti, o quasi: meglio le nigeriane che le italiane a prostituirsi sulle strade, meglio gli handicappati altrui a praticare l'accattonaggio piuttosto che i nostri, meglio stranieri che italiani a sgobbare per stalle ed altiforni.
Il nostro, insomma, è un razzismo “all'italiana”, cialtrone, rodomonte, ma, alla fine, privo di sostanza (ricordiamoci di quella enorme bolla di sapone che è stata Tangentopoli).
La reazione violenta a questa situazione, con episodi di cronaca che vedono il cittadino sparare, fare ronde e preparare forche (italianamente simboliche) mette solo tristezza: non è compito del cittadino usare la forza per farsi rispettare.
Il cittadino deve essere lasciato libero di badare ai propri affari: la Sicurezza deve restare compito esclusivo delle Forze dell'Ordine.
Ognuno al suo posto: noi lavoriamo per pagare lo stipendio alle forze di polizia che, in cambio, debbono difenderci anche a rischio della propria incolumità e della stessa vita.
Concludendo, ripeto, il problema della sicurezza, è un problema in cui tutti hanno la loro responsabilità diretta o indiretta: gli extracomunitari vengono nel nostro Paese per fuggire ad una miseria, nel loro Paese, che proprio noi “ricchi” produciamo sfruttando disonestamente le risorse naturali lì presenti.
San Benedetto del Tronto, 15 maggio 2008
*Ass. “I Nuovi Esistenzialisti”