(da www.ministerosalute.it)
1. Che cos'è la meningite?
E' una malattia infettiva che provoca un'infiammazione delle membrane che avvolgono il cervello e il midollo spinale (le meningi). La forma virale, detta anche meningite asettica, è quella più comune, solitamente non ha conseguenze gravi e si risolve nell'arco di una decina di giorni. La forma batterica, invece, è più rara ma estremamente più seria e può avere conseguenze letali.
2. Qual è la causa della meningite?
Gli agenti della meningite possono essere di tipo batterico o virale.
Gli agenti batterici sono diversi e il più temuto è il Neisseria meningitidis detto meningococco, di cui esistono diversi ceppi; tra cui i più comuni A, B, C, Y e W135. Altri agenti batterici causa di meningite sono lo streptococcus pneumoniae (pneumococco) oppure l'haemophilus influenzae tipo b.
Tra gli agenti virali l'herpesvirus, l'enterovirus, il papomavirus, il togavirus.
3. Come si trasmette?
Solitamente, l'infezione origina in un altro punto del corpo, da cui gli agenti possono raggiungere le meningi attraverso il flusso sanguigno. La meningite può però anche svilupparsi da otiti o sinusiti o direttamente da un'infezione a livello cerebrale derivata da una frattura del cranio.
4. Qual è il periodo di incubazione della malattia?
ll tempo può variare a seconda dell'agente causale e della presentazione clinica. Il periodo di incubazione della meningite virale va dai 3 ai 6 giorni; per la forma batterica il periodo di incubazione è un pò più lungo, dai 2 ai 10 giorni (tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria). La malattia è contagiosa soltanto durante la fase acuta.
5. Quali sono i sintomi?
I primi sintomi possono essere aspecifici: sonnolenza, cefalea, inappetenza. In genere, però, dopo 2-3 giorni i sintomi peggiorano, compaiono nausea e vomito, febbre, pallore, fotosensibilità; tipiche la rigidità della nuca e quella all'estensione della gamba.
Nei neonati alcuni di questi sintomi non sono molto evidenti, mentre può esserci un pianto continuo, irritabilità e sonnolenza al di sopra della norma, e scarso appetito. A volte si nota l'ingrossamento della testa, soprattutto nei punti non ancora saldati completamente (le fontanelle), che può essere palpato facilmente.
6. Come si fa diagnosi di meningite?
L'esame cardine della diagnostica è l'analisi del liquido spinale, con analisi citochimica e colturale.
7. Come si cura?
Il trattamento deve essere tempestivo. La meningite batterica viene trattata con antibiotici; la cura è più efficace se il ceppo agente dell'infezione viene caratterizzato e identificato. Nel caso di meningiti virali, non c'è cura antibiotica, ma la malattia è meno grave e i sintomi si risolvono di solito nel corso di una settimana, senza necessità di alcuna terapia specifica.
8. Quali tipi di meningite sono prevenibili e a chi è consigliata la vaccinazione?
In Italia sono disponibili contro la meningite:
1. vaccino contro l'Emofilo già offerto attivamente ad oltre il 95% dei nuovi nati in Italia
2. vaccino contro lo Pneumococco da tempo disponibile in Italia ed offerto attivamente almeno sulla metà del territorio italiano e di prossima estensione in tutta Italia.
3. vaccino contro il Meningococco di tipo C da tempo disponibile in Italia ed offerto attivamente almeno sulla metà del territorio italiano e di prossima estensione in tutta Italia.
Per questi due ultimi vaccini, infatti, il Ministero sta concordando con le Regioni l'offerta universale attiva e gratuita a tutti i nuovi nati da inserire nel nuovo Piano Nazionale Vaccini che vedrà luce il prossimo mese come accordo LEA Stato-Regioni.
9. A chi ci si deve rivolgere per la vaccinazione?
Le persone interessate alla somministrazione del vaccino si devono rivolgere al medico di fiducia o al pediatra di libera scelta, oppure ai servizi vaccinali delle ASL di appartenenza.
10. Quali sono le misure di profilassi da adottare?
Occorre identificare i contatti stretti da sottoporre a chemioprofilassi o a sorveglianza sanitaria.
Quindi, individuare i conviventi e coloro che hanno avuto contatti stretti con l’ammalato nei 10 giorni precedenti la data della diagnosi.I 10 giorni sono il tempo massimo previsto per la sorveglianza sanitaria, tenuto conto del massimo periodo di incubazione della malattia. Qualora al momento dell’identificazione fossero già trascorsi 10 giorni dall’ultimo contatto, i soggetti esposti non sono più considerati a rischio
(vedi Circolare min. n. 4 del 13 marzo 1998).