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Maria Palmucci

Tre donne Impresa

Appignano, 28/11/2007 - Un riconoscimento al lavoro e al talento di tre donne che hanno fatto conoscere il loro marchio ed Appignano ben oltre i confini regionali e nazionali, realizzandosi con successo nel ruolo di imprenditrici.
A Rosa Noccioli, titolare della ditta “P.L.R.”, Maria Palmucci, direttrice di produzione della “Manifattura Paoloni”, e Maria Toni, proprietaria della “Toma srl”, nell’anno europeo delle Pari Opportunità il Comune di Appignano dedica il premio “Tre donne Impresa”.
L’iniziativa, in programma venerdì 30 novembre, alle 21.15, nel teatrino dell’oratorio parrocchiale di via Dante Alighieri, prevede anche un convegno tutto al “femminile”.
Dopo i saluti di Romana Battaglia, assessore del Comune di Appignano, seguiranno gli interventi di Patrizia David, docente dell’Università di Camerino, Cornelia Lanzani e Lucia Pistelli, rispettivamente presidente e vice della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Macerata, e Carla Monachesi, assessore alle Politiche del Lavoro della Provincia di Macerata. Chiuderà l’incontro la senatrice Anna Maria Carloni.
Nel corso della serata si esibirà, inoltre, il gruppo musicale “Fabio Marziali Quintet” con un repertorio jazz.

ROSA NOCCIOLI

L’avventura di Rosa Noccioli inizia alla fine degli anni '60, quando decide di lavorare a casa, con la macchina da cucire, nel settore della maglieria. Fino ad allora aveva fatto la bracciante. “D’estate - racconta - partivo, insieme ad altre contadine, alle cinque del mattino e rientravo a casa alla dieci della sera. Mi occupavo soprattutto della vendemmia ma anche della mietitura del grano, e trascorrevo la maggior parte del tempo tra le vigne delle colline maceratesi”. Nel 1962 Rosa sposa Lauro Messi, con il quale, nel 1975, costruisce casa nella periferia di Appignano.
L’anno successivo dà inizio alla sua attività. I primi capi di maglieria sono di “jersey”, una maglia elasticizzata, dal taglio e dalla forma spartani, tanto da essere chiamati “magliette dei carcerati”. Nel 1980 la svolta: la piccola ditta di Rosa ottiene una commessa da un’azienda di Modena, la “Portobellos”. Inizia da qui la scalata: altre ditte dell’Emilia Romagna la contattano ed allacciano con lei solidi rapporti di lavoro. “I capi dovevano essere perfetti - ricorda - poiché le ditte erano molto esigenti e non tolleravano imprecisioni. Però, di contro, pagavano bene ed erano puntuali nelle scadenze. I modelli delle maglie erano variegati, di qualità migliore ed adeguati alle stagioni dell’anno”.
Nel 1986 entra in azienda, in qualità di ragioniera e socia, l’unica figlia di Rosa, Pierina, oggi figura principale nell’organizzazione e nella gestione della ditta. Alla fine degli anni '90, grazie anche alle commesse della ditta “Tod’s” di Diego Della Valle, che determinano tuttora la produzione di circa 50.000 capi di abbigliamento, il numero del personale della “P.R.L” tocca l’apice: 17 dipendenti alle macchine da cucire. Nel 2002 Rosa e Pierina aprono lo spaccio aziendale, adiacente al laboratorio artigianale.
Oggi la “P.R.L”, che ha aderito al Consorzio “Ars Habilis”, ideato dalla Confartigianato con l’intento di promuovere le eccellenze delle produzioni artigianali, partecipa a numerose sfilate di moda e a fiere nazionali ed internazionali, come l’“Artigianato in Fiera” a Milano o, ultima, nel 2007, la prestigiosa vetrina de “Il meglio dell’Italia” nel cuore di Londra. “La concorrenza è spietata - dicono Rosa e Pierina - ma la nostra impresa riesce a respingerla grazie alla qualità dei tessuti e dei modelli, unici ed originali, impreziositi da decorazioni e ricami esclusivi. Certo, occorre monitorare costantemente il mercato e cogliere rapidamente i cambiamenti”.

 

MARIA PALMUCCI

Maria Palmucci impara presto a cucire per non pesare sul bilancio familiare. “Mi ricordo - dice - quando, nell’estate del 1959, chiesi alla mia amica Amelia di aiutarmi a cucire un abitino a bolli bianchi e neri che indossai in occasione di una serata danzante. Era l’unico divertimento che ci potevamo concedere, ed un’opportunità per coltivare amicizie. Mi resi conto, allora, che avevo capacità manuali apprezzabili e decisi di continuare per diventare una sartina”.
Nel 1956 Maria sposa Quinto Paoloni. Nel 1959, con due signore di Appignano, inizia a lavorare a domicilio per la ditta “Fanesi” di Ancona, che produce calzoncini corti di cotone. In seguito collabora con la “Ellepi” di Pollenza: “Lavoravo sodo e guadagnavo poco. La giornata era lunga: cominciavo alle cinque del mattino fino a tarda sera, con lunghe pause dedicate alle faccende domestiche”.
Nel 1971 dà vita ad un’azienda artigianale che chiama “PA.MA.”, con le iniziali del suo nome. Le commesse arrivano numerose da una ditta di Bari, da un’azienda di Monsano di Ancona e dalla “Simonetta” di Jesi, che realizza abiti da bambino. Intanto Maria comincia a disegnare i suoi modelli, che arricchisce con capi femminili e che vende nei mercati settimanali. “La domenica - ricorda - vendevo i pantaloni larghi, a zampa di elefante, che facevo su misura per i ragazzi di Appignano”.
Nel 1973 i coniugi Paoloni trasferiscono l’attività nella nuova casa, in via Fratelli Falconi. In quegli anni la “PA.MA” confeziona, per la “Codemar” di Ancona, giacche e cappotti da uomo, i mitici “loden” degli anni '70. Nel 1976 il figlio maggiore, Michele, che ha iniziato a collaborare con la mamma, crea una nuova impresa, la “MirKo”. Nello stesso anno viene costruito un capannone nella zona industriale di Appignano. Nel 1983 le due ditte si fondono nella “Manifattura Paoloni”. Maria lascia le redini ai figli, Michele e Luigino, ma si ritaglia il ruolo di direttrice di produzione. Grazie alla scelta di introdurre apparecchiature ad alta tecnologia, l’azienda conosce in quegli anni un momento di forte innovazione.
Dal 1999 ad oggi, Maria ha fatto la spola tra Appignano ed i vari laboratori all’estero, dove ha seguito, per conto della “Manifattura Paoloni”, la produzione di capi d’abbigliamento da rivendere in Italia e fuori dal territorio nazionale. Ora si concede un meritato periodo di riposo, ma è pronta a ricominciare presto perché, come dice lei, “sono sempre stata animata dalla voglia di rendermi utile”.


MARIA TONI

Alla fine degli anni '50, Maria Toni apre un negozio di scarpe ad Appignano. Intanto viene assunta dalla “Borletti”, con il compito di insegnare alle ragazze l’uso delle macchine da cucire. “Quelli della 'Borletti' - ricorda - mi hanno spiegato il lavoro in una notte; non ero bravissima, credo che li abbia colpiti la mia voglia di lavorare a tutti i costi”. Grazie alla “Borletti” entra in contatto con l’Agip e comincia a disegnare i pigiami per le colonie dove andavano in vacanza i figli dei dipendenti. “Era un lavoro importante: arrivavano ordini di diecimila, ventimila capi, ed io smistavo il lavoro tra le donne paese”.
Presto arriva un’offerta dalla “Baby Brummel”. Per l’azienda di Falconara lavora per tre anni finché, nel 1959, non si mette in proprio e costituisce la ditta “Toma srl” specializzata in abbigliamento da donna. La sua intraprendenza la porta sulle passerelle fiorentine. “Non conoscevo affatto il mondo dell’alta moda - ammette - ma, lavorando nel settore dell’abbigliamento, non volevo essere da meno, volevo sfilare anch’io”. Una vita che, però, entra in collisione con i tempi della famiglia, dopo il matrimonio nel 1961 e la nascita dei due figli nel 1963 e nel 1968. “Ho preferito stare di più con loro, nonostante mi divertisse molto il mio lavoro, e non ho rimpianti”.
Alla fine degli anni '60 l’azienda subisce dunque una riconversione di prodotto e si specializza in divise da lavoro per svariati settori. Anche se è cambiato il target, non è mutata la creatività di Maria, che continua a disegnare le collezioni, scegliere i tessuti, cercare la qualità e l’innovazione per dare alla divisa un tocco di originalità: un esempio è la giacca da cuoco nera. Tra i clienti della “Toma” figurano due delle aziende più prestigiose d’Italia: Ferrari e Campari. “Cerco di rendere le divise classiche più originali - spiega Maria - e quando presento i modelli alle fiere, poi sono in molti a copiarmi le idee”.
Rappresentante nelle Marche della “Fondazione Marisa Bellisario”, Maria Toni ha ricevuto, nel 1989, il Premio Bellisario, e nel 1997 la laurea honoris causa in Economia e Commercio dall’Università di Perugia, per aver messo in piedi, negli anni '50, un’attività tutta sua. A lei si deve la creazione della laurea triennale in “Design e discipline della moda”. Nel tempo libero, fra le tante attività, si dedica al volontariato, aiutando la Croce Rossa non solo con raccolte fondi, ma anche confezionando i premi per le serate di beneficenza.


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