“Perfect stranger” di James Foley
Nel nuovo film di James Foley tutto sembra ruotare attorno alla più stretta attualità, con tematiche tipiche della nostra società assolutamente tutta intenta ad inseguire le tecnologie più all’avanguardia e a distaccarsi in maniera sempre più palese dalla realtà quotidiana per ripararsi nel più sicuro (?) mondo del web. Il film parte bene presentando una storia intricata ma affascinante: Halle Berry (“dimenticata” dal grande cinema made in USA dopo il flop di “Catwoman” e finalmente qui ritornata più in forma che mai) è una giornalista d’assalto alle prese con la ricerca del grande scoop sensazionale, supportata nelle indagini più spigolose da un Giovanni Ribisi in una performance attoriale davvero notevole. Costretta ad abbandonare un caso a cui lavorava da mesi a causa dell’ingombrante e sempre presente logica dei poteri più forti dove il pesce piccolo soccombe inevitabilmente a quello più grande, la Berry finisce suo malgrado in una vicenda se possibile ancora più complessa della precedente, che richiama anche il suo triste e scomodo passato e che ruota attorno ad un amore torbido nato nel mondo delle chat su internet e coinvolge una sua amica d’infanzia ed un pezzo grosso della pubblicità sposato ma fedifrago, un Harrison Hill–Adex interpretato da un redivivo Bruce Willis. Il film però dopo un incipit comunque pregevole e d’attualità, piomba in una lentezza a volte esasperante, dove perfino i personaggi si trovano in difficoltà con un copione ed una sceneggiatura poco avvincenti e credibili; soltanto nel finale il ritmo della trama si alza, solo che si finisce col generare l’effetto opposto, con una storia che si fa sempre più difficile da decifrare e con un susseguirsi di fatti sempre più concitato, alla ricerca del colpo ad effetto, della sorpresa che lasci lo spettatore a bocca aperta ma che viene cercato in maniera risibile e soprattutto raccontato in modo pessimo. James Foley è sicuramente autore serio e apprezzato, ma ultimamente la sua verve registica sembra aver imboccato un processo irreversibile d’inaridimento; inoltre la coppia Bruce Willis – Halle Berry non funziona, mancando totalmente d’alchimia, con la tensione erotico–pulsionale presente fra i due che non buca assolutamente lo schermo inficiandone peraltro le interpretazioni a favore di un co-protagonista come Giovanni Ribisi che finisce per surclassare in bravura i due attori in teoria principali. Infine anche il messaggio pseudo–filosofico presente nel film a partire dal titolo “A perfect stranger”, con il mondo oscuro, straniero, radicato in ognuno di noi (chi non ha un segreto o uno scheletro nascosto nell’armadio?), risulta inconsistente o forse troppo pretenzioso per un progetto mal riuscito come questo.
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